Solamente un paio di giorni dopo la calata di Secrets Of The Moon e DHG, Londra torna ad ospitare black metal (e affini) con il tour di Der Weg Einer Freiheit, Harakiri For The Sky e The Great Old Ones. The band, tre nazioni, ma un modo di intendere il metal estremo tutto sommato analogo, dove feeling e atmosfera spesso contano più di aggressione e brutalità. Trattandosi di un sabato sera e di un locale di dimensioni più piccole rispetto al noto Underworld – il Black Heart, comunque sempre situato nel quartiere di Camden – la cornice che circonda le esibizioni dei gruppi è nettamente migliore se paragonata a quella del succitato evento infrasettimanale; il pubblico, già più caldo e partecipe, non può fare a meno di ammassarsi di fronte al palco e quest’ultimo, decisamente angusto, finisce per esaltare l’affiatamento e l’impatto delle formazioni…
THE GREAT OLD ONES
Considerato il notevole feedback che l’ultimo “Tekeli-li” ha ottenuto nel Regno Unito, per molti presenti in sala i The Great Old Ones avrebbero dovuto essere gli headliner di questa serata; tuttavia, trattandosi di un bill tutto sommato coerente ed equilibrato, nel quale ogni gruppo ha a disposizione lo stesso tempo per esibirsi, certe riflessioni passano presto in secondo piano. La scultura in metallo che la band pone al centro del palco, richiamante una tipica creatura lovecraftiana, aiuta ad immergersi subito nelle atmosfere e nell’immaginario evocate dalla proposta musicale del quintetto. Il black metal teso e siderale dei francesi possiede un tiro ancora più consistente in sede live, merito innanzitutto di tre chitarre utilizzate a dir poco sapientemente, ma anche il modo di porsi dei musicisti, freddo e distaccato, aiuta ad amplificare questa aura di austerità e mistero che da sempre il materiale trasmette. Un brano come “Antarctica”, interpretato alla perfezione grazie anche a dei suoni eccezionalmente compatti per gli standard del Black Heart, esalta subito tutti i presenti, mettendo inoltre le restanti band nelle condizioni di dovere a tutti i costi mantenere un notevole livello di densità e coesione per non sfigurare dopo questa performance…
HARAKIRI FOR THE SKY
I toni si fanno più dolciastri e ambigui con l’arrivo degli Harakiri For The Sky, realtà che negli ultimi tempi sta facendo passi da gigante nel circuito underground, grazie ad una attività live molto intensa e ad una intraprendenza che è raro vedere in questo sotto-genere. Musicalmente, siamo dalle parti di un depressive/”post” black metal che può apparire come un misto di Amesoeurs, Lantlos e vecchi Katatonia; un sound giocato su continui chiaroscuri e su una combinazione di ritmiche che pescano ora dalla tradizione doom e black metal, ora dal post rock più euforico. Come accennato, gli austriaci hanno alle spalle un notevole numero di concerti e non è dunque un caso che, a livello puramente esecutivo, la loro prova abbia ben poco da invidiare a quella di chi li ha preceduti. Piuttosto, si rimane un po’ freddi davanti all’interpretazione del frontman J.J., questa sera evidentemente un po’ affaticato e in debito di ossigeno, responsabile quindi di uno screaming un po’ fiacco se paragonato a quanto udibile su disco. La scelta di cantare quasi sempre con le spalle al pubblico viene inoltre accolta con antipatia da qualcuno, come dimostrano certi inviti a girarsi urlati dalla folla. Il gruppo, in ogni caso, procede spedito, offrendo il suo consueto show fatto di tristezza ed euforia, con giusto una piccola dose di black metal a garantire quel vigore necessario per irretire anche i neofiti.
DER WEG EINER FREIHEIT
Si torna a spingere sull’acceleratore – ma senza perdere di vista la melodia – con l’arrivo dei Der Weg Einer Freiheit, altro gruppo che nell’ultimo anno è riuscito a scalare diverse posizioni negli ambienti “post” black metal. I continui tour di supporto a “Stellar” – ultima fatica in studio, pubblicata dalla famosa Season Of Mist – hanno portato il nome dei Nostri sulla bocca di molti appassionati, ma chiaramente, anche e prima di tutto, non va sottovalutata la maturazione che il songwriting dei tedeschi ha denotato nelle ultime prove in studio, “Stellar” compreso. Quando si ascoltano le ombrose sonorità della formazione di Würzburg si stenta a credere che il suo leader Nikita Kamprad facesse parte dei Fuck Your Shadow From Behind, agghiacciante death-core band un tempo abbastanza popolare in Germania. Il suono dei Der Weg Einer Freiheit, pur avvicinandosi a certe formule care agli amati/odiati Deafheaven nei suoi momenti più ariosi, è tutt’altro che frivolo e di facile assimilazione. Dalla notevole lunghezza dei brani, per arrivare alle esasperanti linee vocali, il materiale richiede una certa concentrazione per essere ben assimilato. Nel contesto live si ha poi la possibilità di cogliere ed apprezzare meglio il tocco dei singoli musicisti: in studio il gruppo punta giustamente su un suono molto denso, mettendo l’atmosfera davanti a tutto, mentre in concerto il mixaggio pone in primo piano una sezione ritmica estremamente agguerrita; il batterista Tobias Schuler diventa non a caso il principale protagonista dell’esibizione, grazie ad un lavoro di blast-beat e doppia cassa impeccabile per precisione e potenza. A livello prettamente stilistico, i ragazzi teutonici sono tutto sommato meno originali dei loro compagni di tour, ma la musica riesce comunque ad impressionare favorevolmente grazie alla sua intensità e al genuino trasporto che anima i suoi interpreti. Dopo l’ottimo avvio targato The Great Old Ones, non si può dunque dire che l’evento si sia concluso in un clima di distensione o noia: con tre set simili, ognuno della durata di circa tre quarti d’ora, questa line-up è riuscita a regalare agli astanti un serata assai gradevole, utile anche per ricordarsi come l’underground non smetta mai di regalare realtà interessanti o veri e propri talenti. Basta essere curiosi e tenere le orecchie aperte.