Sicuramente la scelta da parte dei Down di pubblicare il proprio nuovo materiale su una serie di quattro EP a tema, anzichè su un vero e proprio full-length, ha fatto parecchio discutere. Certo è che il primo sigillo, “Down IV: Part I – The Purple EP”, oramai pubblicato da più di un mese, ha iniziato a far parlare la musica anzichè il resto, presentando dei poderosi pezzi più o meno ispirati che ripescano a piene mani tutte le influenze doom da sempre parte del DNA della combo di New Orleans. Anche in questo caso i commenti si sono sprecati, a partire dalla qualità musicale delle composizioni fino alla solita chiacchieratissima voce del carismatico frontman Phil Anselmo, spesso accusato d’essere alla fine della corsa viste le numerose prove vocali evidentemente non all’altezza. Dubbi che meritano un chiarimento. Un’ottima occasione, quella della data di lunedì 29 ottobre ai Magazzini Generali di Milano, per verificare in prima persona lo stato di forma della band, accolta da un’abbondante affluenza che, al tempo stesso, ci pone qualche dubbio sull’effettiva validità della location, forse troppo contenuta per un concerto di dimensioni comunque non piccole. Ad accompagnarli troviamo i texani Warbeast, “raccomandati” da Phil Anselmo ma vistosamente affamati di concerti europei dopo aver promosso oltreoceano al meglio il loro esordio “Krush The Enemy”…
WARBEAST
Una strada che sembra proprio aprirsi verso un’importante discesa quella dei Warbeast, quintetto statunitense approdato sotto le calde mura della Housecore Records di Phil Anselmo. Buono l’impatto scenico della band e del suo thrash metal senza compromessi, capace di catturare l’attenzione di un pubblico particolarmente caloroso e totalmente disinteressato alla completa assenza di originalità dalla proposta. Uno show passionale e onesto, dove i ragazzi non fanno altro che offrire tutto quello che è in loro possesso, ovvero vagonate di riff poderosi e caratterizzati da un marchio tipicamente old school, pescando brani dall’unico disco fino ad ora composto e che, ne siamo certi, avrà a breve un seguito per battere il ferro finchè è caldo. Presenza scenica essenziale e suoni ancora da rivedere ma, tuttavia, l’antipasto della serata ha saputo rendersi giustizia, dedicando il proprio show a chi non ha avuto intenzione di prestare troppo cura ai dettagli.
DOWN
Dopo una tanto lunga quanto estenuante introduzione a suon di organo, l’ingresso sul palco dei Down non lascia certo spazio a finezze o formalità varie. La numerosa folla viene immediatamente trascinata nel marasma di suoni sporchi e drogati prodotta da questi cinque energumeni della Louisiana, guidati da un Anselmo incitato a gran voce e diventato oramai un’icona per molti supporter presenti e non, finendo anche per mettere in ombra personaggi non meno importanti come Kirk Windstein, mente dei Crowbar, Pepper Keenan, la colonna portante dei vecchi Corrosion Of Conformity e, infine, Jimmy Bower e i suoi Eyehategod. Proprio questa riflessione ci porta ad aprire una parentesi sull’imbarazzante stato di salute vocale dell’ex-Pantera, in forma sotto il punto di vista dell’intrattenimento e presenza scenica ma in evidente difficoltà quando si tratta di cantare nel senso stretto del termine, dimostrando di essere oramai privo di un vero e proprio equilibrio canoro e ripiegando, quindi, sulle solite urla o sull’aiuto di un pubblico che si fa trovare comunque sempre pronto, come accade ad esempio in pezzi del calibro di “Stone The Crow” e “Temptation’s Wings”. Altra nota stonata dello show è stata indubbiamente la sua durata, decisamente sotto la media in termine numerico dei pezzi – solo quattordici se non contiamo il breve intermezzo di “Jail” – spesso e volentieri spezzati da intermezzi comici sì divertenti, ma alla lunga superflui e interminabili. Intendiamoci, farsi una risata non è di certo un male e vedere un Bower con il reggiseno o un incontro di wrestling simulato tra Anselmo e il chitarrista dei Warbeast ha il suo bel divertimento; tuttavia, sacrificare pezzi per questo tipo di intrattenimento potrebbe essere interpretato in diversi modi, molti dei quali negativi. Quando a parlare è la musica, del resto, i Down dimostrano di essere una band rodata e parecchio affiatata, che vede nei due chitarristi i principali mattatori e nel buon Jimmy un affidabilile distributore di ritmiche. Ampio spazio agli estratti dall’esordio-capolavoro “Nola”, alternati a pezzi del secondo capitolo e ad altri pescati dal nuovo EP da poco pubblicato, per la cronaca, molto bene accolti dai presenti. Snobbando completamente un lavoro più che dignitoso come “Over The Under”, il quintetto mette comunque d’accordo tutti con l’esibizione di brani muscolosi come “Lifer”, “Losing All” e “Underneath Everything”, creando una buona dose di scompiglio in una platea stretta e parecchio scapocciante. Sul finale, spazio anche alla scontatissima ma altrettanto apprezzata “Bury Me In Smoke”, vero e proprio cavallo di battagglia del lato più malevolo e sofferto della proposta. Una performance che, nel complesso, si può definire pachidermica e schiacciante, sorretta da suoni più che buoni e da musicisti ambigui ma professionali, ma che tuttavia è risultata non priva di qualche errore e scelte sceniche discutibili: se Anselmo tornasse a fare il cantante e se il tempo a disposizione venisse sfruttato meglio, siamo certi che, al prossimo giro, ci troverete qui a parlare di un concerto esaltante come pochi. Ma forse chiediamo troppo?
Setlist:
Eyes Of The South
Witchtripper
Open Coffins
Lysergik Funeral Procession
Lifer
Pillars Of Eternity
Losing All
Ghosts Along The Mississippi
Temptation’s Wings
Underneath Everything
Encore:
Misfortune Teller
Hail The Leaf
Stone The Crow
Jail
Bury Me in Smoke