20/01/2009 - Edguy + André Matos + H.E.A.T. @ Rolling Stone - Milano

Pubblicato il 25/01/2009 da
A cura di Alessandro Corno
Foto di Francesco Castaldo
 
Non ci sono dubbi: gli Edguy sono un gruppo in continua crescita di consensi. Sarà per una serie praticamente ininterrotta di bei dischi, sia con la sua band principale che con gli Avantasia, o per l’attitudine più catchy adottata di recente, ma Tobias Sammet sta raggiungendo una popolarità che fino agli inizi del nuovo millennio nemmeno si sognava. Lo show del 21 gennaio scorso ha segnato in questo senso un ennesimo passo avanti e al Rolling Stone di Milano si è sfiorato il tutto esaurito. Certo, la presenza di un supporto d’eccezione come l’ex-cantante degli Angra, Andrè Matos, ha fatto la sua parte nel richiamare pubblico, mentre quasi nessuno conosceva gli H.E.A.T., band che poi ha fatto valere i suoi numeri sebbene appena debuttante. A voi dunque l’opportunità di rivivere questa bella serata…

H.E.A.T.

L’apertura è affidata agli H.E.A.T. quando ancora di fronte al palco non c’è molto pubblico e i pochi all’interno del locale non sembrano essere in attesa della hard rock band svedese. La primissima risposta al giovane gruppo scandinavo è del tipo “bravi questi, non li conoscevo”. L’attacco di “There For You” attira infatti da subito l’attenzione dei presenti e non sono pochi i ragazzi che nel corso del brano si spostano dalle zone più defilate del locale verso le prime file. I sei H.E.A.T. sfoderano subito le loro armi migliori con pezzi figli dell’hard rock melodico ottantiano debitore dei conterranei Europe, non certo particolarmente originali ma di grande presa, come ad esempio “Late Night Lady”, che calamita definitivamente il pubblico con dei cori immediatissimi ed un tiro notevole. Il gruppo è molto ben preparato dal punto di vista esecutivo, con il cantante Kenny Leckremo che offre una prestazione tale da lasciare sbalordita la maggioranza degli astanti. Bravissimo sia su tonalità medie che sugli acuti più impossibili. La band tiene il palco con notevole disinvoltura, considerando che è agli esordi, e non si fa mancare nulla, dal look retrò alle pose da chitarrista navigato di Eric Rivers, alle battute di un frontman abilissimo anche nell’incitare il pubblico. Gli applausi sono decisamente meritati. Ancora puro hard rock con “Straight For Your Heart”, seguita dal lento “Cry”. Oramai la formazione si è guadagnata il rispetto di tutti quanti e lo show scorre via che è un piacere con “Feeling It Again” e “Never Let Go”; ma è la conclusiva “Keep On Dreaming” a lasciare il segno con il suo refrain cantato anche da chi non conosce il pezzo. Il finale la dice lunga, con la coda del brano allungata al solo scopo di far piovere applausi… Roba da headliner.

Setlist:

There For You
Late Night Lady
Straight For Your Heart
Cry
Feel It Again
Never Let Go
Keep On Dreaming

ANDRE MATOS

Sono passati otto anni da quando Andrè Matos lasciò gli Angra e diede vita agli Shaman. Concluso anche questo capitolo, uno dei cantanti migliori che il metal classico abbia mai avuto è tornato con il suo progetto solista. Sono tanti i fan che questa sera sono qui per lui e, diciamolo, più che per i brani del suo ultimo solo album, si aspettano di ascoltare i vecchi cavalli di battaglia degli Angra. Andrè ne è ben conscio e dopo le nuove “Letting Go” e “Rio” parte infatti la storica “Nothing To Say”: niente da fare, pezzi come questo restano nel cuore e solo all’accenno delle prime note dalla platea si alza un boato. Anche se alle chitarre non troviamo la coppia d’assi Bittencourt-Loureiro, Hugo Mariutti e Andrè  Hernandez offrono comunque una discreta prova. Gli occhi sono però puntati su Andrè, il quale guida il pubblico con il suo carisma e sfodera la solita classe. Ancora bravo nel prendere le note più alte, soffre solo la sua caratteristica di essere tecnicissimo ma poco potente. La sua voce è infatti più delicata e fine rispetto ad un canonico cantato classic-power, così a volte viene sovrastata dai cinque strumenti e soprattutto da quell’”animale” diciassettenne che risponde al nome di Eloy Casagrande. Il giovane batterista picchia e rulla come un dannato, suona con un tiro incredibile, da lasciare a bocca aperta. Un fenomeno. I fan acclamano e Andrè risponde simpaticamente in italiano ringraziando tutti più volte. Segue una spettacolare “Separate Ways”, cover dei Journey, dove André duetta con il bravissimo cantante degli H.E.A.T., Kenny Leckremo. “Lisbon”, altra perla del periodo Angra, lascia spazio a “How Long (Unleashed Away)”, che ci riporta al recente “Time To Be Free”. La chiusura è invece affidata all’immortale accoppiata “Unfinished Allegro/Carry On”. Basta l’intro a mettere in agitazione il pubblico, che poi canta a memoria quasi tutto il pezzo. André Matos chiude magistralmente un concerto che i fan degli Angra sicuramente avrebbero voluto durasse di più. Speriamo ritorni presto con un tour da headliner.

Setlist:

Letting Go
Rio
Nothing To Say
Separate Ways
Lisbon
How Long
Unfinished Allegro/Carry On

EDGUY

Il Rolling Stone è praticamente stracolmo quando gli attesissimi headliner salgono sul palco sulle note di “Dead Or Rock”. L’accoglienza del pubblico è sorprendente. Si è parlato tanto dell’ultimo album “Tinnitus Sanctus”, il cui taglio più moderno e hard rock sembrava aver scontentato molti, ma a quanto pare erano solo chiacchiere, vista la risposta entusiastica a questo pezzo e al successivo “Speedhoven”. Suoni da subito buoni e una bella scenografia che ricalca la copertina dell’album appena citato fanno da cornice ad una prestazione ottima, con il solito Tobias a farla da padrone. Il ragazzo è cresciuto tantissimo dal punto di vista artistico e, grazie a lui, quello che fino al tour di “Mandrake” nel 2001 era un gruppo che in Italia si esibiva timidamente di fronte a duecento persone, ora si gode una folta platea in estasi. Anche la stessa “Tears Of A Mandrake” scatena l’entusiasmo dei presenti, mentre, a sorpresa, la vecchia “Babylon” pare non essere più il pezzo più atteso della serata, indice anche questo che la band ha guadagnato molti fan legati soprattutto agli ultimi lavori. Dopo la lunga “The Pharaoh” è infatti un altro estratto di “Tinnitus Sanctus”, “Ministry Of Saints”, a far cantare tutto il pubblico. La prova della band è ottima, precisa, con i quattro strumentisti ovviamente molto più composti dell’indiavolato Tobi, il quale, oltre a cantare alla grande, dimostra di essere sempre più bravo come intrattenitore (e si offre anche di “testare” dopo lo show una ragazza che gli chiede di sposarla… Giustamente dice: “Chi si compra una macchina senza provarla?”). Il concerto scorre veloce e “Save Me” e “Superheroes,” entrambe dal penultimo “Rocket Ride”, fanno il pieno degli applausi. Sono però gli ultimi pezzi in scaletta a decretare il successone della serata: dopo la datata “Out Of Control”, sono infatti “Lavatory Love Machine” e “King Of Fools”, gli unici due pezzi presi da “Hellfire Club”, a raggiungere l’apice dello show con tutto il Rolling Stone che canta i ritornelli. Una chiusura col botto dunque per quella che ora è una delle migliori live band della scena classic-power.  

Setlist:
 
Dead Or Rock
Speedhoven
Tears Of A Mandrake
Babylon
The Pharaoh
Ministry Of Saints
Drumsolo
Pride Of Creation
The Headless Game
Save Me
Superheroes
Out Of Control
Lavatory Love machine
King Of Fools

0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.