06/02/2006 - Edguy + Dragonforce + Sabaton @ Rolling Stone - Milano

Pubblicato il 14/02/2006 da

A cura di Raffaele “Salo” Salomoni

Il 7 febbraio è una data sicuramente importante per ogni power-metaller che si rispetti. Due tra le più importanti realtà del versante melodico del metal come Dragonforce ed Edguy suonano la stessa sera, i primi come supporto insieme ai Sabaton ed i secondi ovviamente come headliner. L’affluenza del Rolling Stone è copiosa, ed il pubblico sembra essere equamente diviso tra gli amanti della band tedesca e quelli della band inglese…

SABATON

Tocca agli svedesi Sabaton aprire le danze del concerto, e subito salta all’occhio la presenza scenica del cantante: il look in stile Rob Halford strappa più di qualche sorriso divertito tra il pubblico, ma la sua capacità di tenere le redini dell’esibizione lascia sicuramente un buon ricordo. La band si è concentrata sui pezzi dell’ultimo “Primo Victoria”, mostrando una buona coesione degli strumentisti ed una buona esecuzione degli importantissimi cori armonizzati, tipici della proposta degli svedesi. Su tutti spicca la bellissima esecuzione della devastante “Primo Victoria”, che ha letteralmente conquistato i presenti.

DRAGONFORCE

I Dragonforce stanno diventando davvero importanti. E’ una sensazione che abbiamo già da qualche tempo, e che si è palesata questa sera: la proposta è molto ‘spendibile’, sicuramente, e l’impatto frontale delle loro esibizioni dal vivo sembra essere pienamente compatibile con un successo su larga scala. Per chi scrive in verità la proposta degli inglesi rappresenta una mediocre estremizzazione di canoni ormai obsoleti, dove l’esasperazione delle parti solistiche non rappresenta altro che una mera esibizione di capacità tecniche peraltro poco varie. Capirete anche voi che vedere per almeno trenta volte il chitarrista Herman Li sollevare la chitarra per la leva producendo armonici, o ammirare i quattrocento salti sincronizzati dei due chitarristi non sia di certo uno spettacolo vario. Per quanto riguarda la proposta musicale in sé c’è poco da dire: i pezzi sono quasi tutti tiratissimi, il cantante talvolta fatica a toccare i soliti picchi dei soliti pezzi power, ed il pubblico va in visibilio. Tra i pezzi proposti ricordiamo “My Spirit Will Go On” posta in apertura, “Black Fire”, “Fury Of The Storm” e “Through The Fires And Flames”, accolta calorosamente dal pubblico del Rolling Stone. Bravi, bravi… Ma che palle!

EDGUY

Non servono ormai presentazioni per gli Edguy. Sono gli headliner della serata, promuovono un gran disco come “Rocket Ride” e, permettetecelo, sono dei gran furbacchioni. Spieghiamo meglio la cosa: ad un certo punto qualcuno ha deciso che si dovesse cavalcare la moda del frontman strappamutande… presto fatto! Ecco che sono spuntate canzoni ricche di doppi sensi, magliette esplicite, dichiarazioni di ‘disponibilità’ e quant’altro. E se lo fanno loro va bene, mentre se lo fanno i Lacuna Coil o gli Evanescence non va bene… bah… sta di fatto che tutto il concerto è eccessivamente incentrato su Tobias Sammet, posto a causa della ‘vertiginosa’ altezza su di un piano rialzato, dal quale non fa altro che snocciolare pose da rock star (Axl Rose le faceva a sei anni) dirette alle ragazzine, obnubilate da tanta sostanza. La band ha svolto egregiamente il suo lavoro (compresa la rovinosa caduta del bassista all’inizio del concerto), ma nonostante questo è sempre rimasta quasi in secondo piano, come se fosse rassegnata a lasciare la scena al cantante. Ecco che si susseguono la nuova “Sacrifice”, la richiestissima “Babylon”, intervallata da “The Trooper” degli Iron Maiden, la finissima “Lavatory Love Machine” (gli Stryper, fingendo di indirizzare a Dio le ballad, si rivolgevano alla ‘ragazza di turno’, qui invece probabilmente le ragazze, fingendo di cantare il testo, indirizzerebbero le proprie bassezze a Tobias), la bellissima “Tears Of A Mandrake”. Poi il solito assolo di batteria sulla marcia imperiale di Star Wars (identico al solo del tour di “Hellfire Club”), ed altre canzoni dall’ultimo periodo della band. La canzone che veramente ha spaccato è stata la divertente “Trinidad”, con tanto di assolo di kazoo, finalmente scherzoso e divertente. Con “King Of Fools” si chiude un concerto nettamente inferiore a quello del precedente tour, sia dal punto di vista musicale che comunicativo. Forse qualche mania di grandezza in meno e qualche attenzione in più avrebbero giovato sicuramente al risultato. Bravi ma sicuramente non eccezionali.

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