Report e foto a cura di Riccardo Plata
Nonostante il calendario ci dica che siamo ormai entrati a pieno titolo nell’autunno, il clima in questa prima quindicina di Ottobre continua ad essere quasi estivo, ideale cornice per la nuova calata italica dei cinque buffi eroi di Fulda, giunti in quel di Milano per promuovere il loro ultimo “Age Of The Joker”. Prima però è il momento di fare conoscenza dei Kottak, band il cui nome suonerà più familiare ai fan dell’hard rock che del power metal e la cui presenza la dice lunga sul mood che caratterizzerà la serata…
KOTTAK
Scelta insolita quella di affidare l’apertura della serata ai Kottak, non tanto per il blasone della band – il nome di James Kottak, storico batterista di formazioni quali Scorpions e Warrant è una garanzia in questo senso – quanto per la proposta dei nostri, orientata ad un punk’n’roll molto più vicino per attitutdine e sonorità ai vari Cheap Trick, Green Day, Motorhead e Ramones che agli headliner della serata. A dispetto dell’iniziale scetticismo di parte dei presenti, lo show del quartetto si è invece rivelato quanto mai energico ed efficace, riuscendo a coinvolgere per quarantacinque minuti le prime file di un Alcatraz non ancora gremito (nonostante la versione ridotta), ma comunque ben disposto nei confronti del biondo crinito rocker, autentico mattatore della serata, insieme alla chitarrista Stephanie Smith, grazie all’energia sprigionata sia dietro al microfono che al drumkit. Tra gustosi siparietti – su tutti la matrioska di magliette del singer che, una sotto l’altra, indossa nell’ordine quella di Katy Perry, degli Edguy, degli Scorpions e dei Kottak – e qualche medley di cover (“We Will Rock You”, “I Love Rock’n’roll” e, ovviamente, “Rock You Like a Hurricane” degli Scorpions), lo show si chiude sulle note di “Rock N’ Roll Forever”, una dichiarazione di intenti tatuata a caratteri cubitali sulla schiena del frontman e che stasera ha trovato l’ennesima conferma.
EDGUY
Chiusa la parentesi dei Kottak, cresce la trepidazione del pubblico in sala per l’arrivo degli headliner, i quali si presentano on stage alle 21 in punto sulle note della sigla del circo e con la potenza di un impianto luci di prim’ordine, a sancire il carattere goliardico ma al tempo stesso estremamente professionale che caratterizzerà la serata. La partenza affidata a “Nobody’s Hero”, primo di una lunga serie di estratti dall’ultimo “Age Of The Joker”, ci mostra una band subito in palla, caricata a dovere dal pubblico in sala e pronta a scalare le gerarchie del metal mondiale senza però mai rinunciare a prendersi troppo sul serio, all’insegna di un divertimento contagioso che si riversa dal palco fino alle ultime file di un Alcatraz ormai gremito. Tutta la band non risparmia mimiche facciali che farebbero ridere anche il #5 degli Slipknot, ma ovviamente la maggior parte degli occhi sono puntati su Tobias Sammet, ormai assurto ad una sorta di reincarnazione vivente di Bruce Dickinson e del Baffo delle televendite, visto come riesce a promuovere l’ultimo disco (“Il miglior disco heavy metal uscito dalla Germania negli ultimi 25 anni, meglio anche di ‘The Number Of The Beast!’), il tour (“Il miglior Age of The Joker Tour della storia!“) e il merchandise ufficiale (“Comprate pure quello della mafia qua fuori, occhio però che dopo il prinmo lavaggio ci sarà scritto Scorpions invece che Edguy“), il tutto detto senza risultare presuntuoso ma con un’ironia e una simpatia tale da riuscire ad insinuare qualche dubbio anche nei detrattori della band di Fulda. Tra un siparietto e l’altro non mancano ovviamente le canzoni, con una setlist che concede ampio spazio all’ultimo album (quasi la metà dei pezzi in scaletta), tra cui spiccano l’hard rock di “Pandora’s Box” (paragonato dallo stesso Tobias ad un roba da femminucce alla Bon Jovi) e il primo singolo “Robin Hood”, nel cui bridge recitato il frontman scimmiotta (omaggia?) gli Iron Maiden di “Seventh Son of a Seventh Son”. Tra gli estratti della discografia passata, prevale ancora una volta l’hard rock scanzonato di “Lavatory Love Machine”, “Superheroes” e “Ministry Of Saints”, mentre l’unico momento di stanca di un concerto altrimenti esaltante è il drum solo di Felix Bohnke, tecnicamente ineccepibile ma trascinato un po’ troppo per le lunghe e coinvolgente solo sul finale con l’accompagnamento della colonna sonora dell’A-Team. Finale in crescendo con il ripescaggio di “Babylon”, richiesta a gran voce dal pubblico e introdotta in scaletta al posto di “Land Of The Miracle”, e l’immancabile “King Of Fools”, ultimo tassello di una prestazione priva di sbavatura e forte di un livello di coinvolgimento totale. I numeri degli Iron Maiden sono ancora un miraggio, ma quando verrà il loro turno di appendere gli strumenti al chiodo per sopraggiunti limiti di età c’è da scommettere che gli Edguy, un po’ eroi e un po’ buffoni, saranno tra i primi a prenderne il posto.