Report a cura di Igor Belotti
Dopo la stellare esibizione sulla Close-Up Båten tra Stoccolma e Turku, l’occasione di rivedere gli Entombed all’opera a breve distanza é semplicemente troppo ghiotta per farsela scappare. A distanza di sole due settimane da quello che è stato l’evento del decennio in ambito old school death metal (vi rimandiamo all’articolo relativo di Luca Pessina per il resoconto dell’evento), gli Entombed si ripresentano sul palco di Malmö con un concerto speciale per celebrare l’album “Clandestine” in occasione del suo venticinquesimo anniversario; l’album venne pubblicato infatti proprio il 12 novembre 1991. Il concerto è suddiviso in due atti con una pausa centrale: durante il primo atto viene proposto l’intero album in versione orchestrale, mentre nel secondo in versione prettamente elettrica, con delle differenze nella scelta delle formazione in entrambi i set. Il clamoroso ritorno degli Entombed, o perlomeno di questi Entombed, è stato un comeback epocale quanto inaspettato, che ha visto i chitarristi e membri originali Alex Hellid e Uffe Cederlund trovarsi a distanza di anni, dopo aver abbandonato la band rispettivamente nel 2013 e nel 2005. Incredibile poi l’inclusione del batterista Nicke Andersson, colui che la band la formò e ne fu il principale motore creativo fino alla sua dipartita nel 1997. Senza entrare nello specifico sulla questione Entombed A.D. e sulla diatriba sul nome che, se state leggendo queste righe, sicuramente già conoscerete, avere tre membri originali in lineup pone un interrogativo di legittimità non trascurabile su chi siano i veri Entombed, senza mancare di rispetto ad LG Petrov e ai suoi Entombed AD, che hanno comunque portato avanti il nome del gruppo per tutti questi anni. Comunque sia, il concerto è stato filmato per una futura pubblicazione su DVD, cosìcche anche chi non ha potuto partecipare questa sera potrà rimediare!
ATTO 1
Il concerto viene preceduto da una presentazione di Per Sinding-Larsen, personalità televisiva svedese, ovviamente sconosciuta a chi non risiede in Svezia, che prende la parola mentre l’orchestra al completo è già seduta al proprio posto. Si esprime in inglese, scusandosi preventivamente per errori di grammatica e di pronuncia, motivando questa scelta per via del fatto che per l’occasione speciale di questo concerto sono arrivate persone da fuori dalla nazione e addirittura fuori dall’Europa. Ricorrendo ad aneddoti personali, per esempio quando la band fu ospite del suo programma televisivo all’inizio degli Anni ’90, il presentatore ribadisce l’importanza degli Entombed nella scena death metal svedese e internazionale, sconfinando in qualche occasione in una certa nostalgia per i Nineties. Nelle parole di Larsen, prima degli Entombed l’hard rock svedese all’estero significava solo Europe e Yngwie Malmsteen, con i soli Bathory a rappresentare la Svezia fuori dai confini nazionali in ambito metal estremo. Con l’avvento degli Entombed, padroni indiscussi della scena, il death metal svedese ha potuto poi invadere il mondo: Dismember, Grave, Unleashed e tanti altri. Non possiamo che concordare con quanto detto e non solo in ambito death metal: infatti dagli Anni ’90 in poi la Svezia diventerà un importante produttore di realtà internazionali in ambito rock e metal, in grado al giorno d’oggi di rivaleggiare per qualità e quantità addirittura con Regno Unito e Stati Uniti d’America. Larsen, senza mancare di ironia, ribadisce a più riprese l’importanza sia dell’album “Clandestine” che degli Entombed stessi, come l’inclusione del 2012 nella Swedish Music Hall of Fame al pari di Abba e Roxette. Conclusa la sua presentazione, Larsen introduce i membri Nicke Andersson, Alex Hellid e Uffe Cederlund, che fanno il loro ingresso sul palco prendendo posto insieme all’orchestra. Per il primo atto della serata, ossia la parte orchestrale, le parti di basso vengono eseguite da Thomas von Wachenfelt, colui che ha ri-arrangiato l’intero “Clandestine” per orchestra; alla voce è stato scelto invece Orvar Säfström, brevemente negli Entombed per la registrazioni dell’EP “Crawl” nel 1991, mentre l’orchestra viene diretta da Josef Rhedin. L’esperimento di accompagnare con orchestra un concerto metal è un’idea già tentata numerose volte in passato, ma la performance di questa sera è qualcosa di completamente diverso da quanto fatto da band come i Metallica, giusto per citare l’esempio più famoso, alle prese con un disco con orchestra nel 1999. L’orchestra, difatti, non si limita ad accompagnare completando il suono, quanto ogni singolo brano dell’intero “Clandestine” è stato completamente rivisto per essere eseguito dall’ensemble, mentre i membri della band ed loro rispettivi strumenti sono quindi solo una parte dell’orchestra stessa, al pari degli altri strumenti. Per intenderci, sia Alex Hellid che Uffe Cederlund intervengono con le loro chitarre solo in punti specifici e non accompagnano l’orchestra per tutta la durata del concerto, mentre Nicke Andersson addirittura viene relegato a delle percussioni occasionali, che francamente neanche si sentono quando utilizzate. Fa sorridere vedere Nicke seduto praticamente in disparte, proprio colui che si è occupato di scrivere l’album “Clandestine” quasi per intero. Nemmeno le parti vocali di Orvar Säfström ricoprono un ruolo preponderante e queste a volte vengono affiancate da un coro completo. Personalmente, abbiamo avuto l’impressione che ci sia stata per ovvi motivi la volontà di includere la band nell’esibizione, ma che il contributo della stessa sia quasi trascurabile in questa sede. Spostando l’attenzione sulla parte più prettamente musicale, il concerto si rivela molto interessante. Riarrangiata per l’esecuzione orchestrale, la musica di “Clandestine” diventa qualcosa di molto simile a tratti ad una colonna sonora e si fatica a distinguere le canzoni nella loro forma e struttura originaria se non per i riff maggiormente riconoscibili. Conclusa l’esibizione, il pubblico lascia la sala per la pausa prevista tra i due atti.
ATTO 2
Dopo la pausa, suona la campanella ed è tempo di tornare al proprio posto per la seconda parte del concerto, dove vengono eseguiti nuovamente i brani dell’intero “Clandestine”, questa volta nella loro forma originaria, ossia quella elettrica. Calano le luci e sul palco ci sono una batteria, degli amplificatori e diverse sedie dove durante il primo atto sedevano i musicisti dell’orchestra e che, ad una ad una, vengono sollevate da dei fili quasi invisibili, come innalzate da una forza misteriosa, restando sospese a mezz’aria nell’alto soffitto della sala. Immediatamente dopo questo efficace effetto scenico, la band sale sul palco. Ancora freschi dell’esibizione strepitosa di solo due settimane prima sulla nave di Close-Up, le aspettative sono molto alte e appena i Nostri attaccano con “Living Dead” è evidente che non ci saranno prigionieri nemmeno questa sera. Nicke Andersson si riconferma un batterista straordinario: veloce, preciso e dotato di groove nonostante non suoni questo genere di musica alla batteria da ormai quasi venti anni (escludendo ovviamente la parentesi Death Breath). Con un’ossatura del genere, la performance del resto della formazione non può che essere potente e puntuale. Hellid e Cederlund sono chitarristi diversi ma che si completano a vicenda; soprattutto il secondo si rivela essere un pezzo fondamentale nell’economia degli Entombed originali. Precisi e compatti, procedono brano per brano nell’esecuzione uno ad uno di tutti i pezzi di “Clandestine”, dall’apertura già citata di “Living Dead” fino alla conclusiva ¨Through The Colonnades”. Per quanto riguarda i componenti ‘giovani’, invece, nonostante qualche scetticismo iniziale, bisogna dire che si erano rivelati già nella scorsa occasione in grado di gestire la situazione in maniera brillante. Robert Andersson (ex Morbus Chron), con la sua chioma ricciuta, richiama nell’aspetto Johnny Dordevic, colui che avrebbe dovuto cantare su “Clandestine”, quasi come a portare a compimento l’opera per la quale quest’ultimo non si rivelò all’altezza. Un plauso anche ad Edvin Aftonfalk (anch’egli ex Morbus Chron) che, nonostante i venti anni di differenza, è fratellastro di Nicke Andersson e ce la mette tutta nell’esibizione anche questa sera. A differenza dello show di Close-Up, il palco dove si esibisce la band è molto ampio e gli consente di esibirsi con un’azzeccata produzione luci, mentre sulla nave un palco dalle dimensioni più modeste dava modo di esibirsi solo con il proprio backline ed il proprio backdrop con il logo, conferendo alla performance un’atmosfera più intima e ‘da club’. L’unico inconveniente sono i posti a sedere, che costringono il pubblico a restare seduto anche durante il set elettrico, condizione sicuramente non ottimale per un concerto death metal. Ulteriori differenze con lo show di Close-Up sono la mancata partecipazione di Orvar Säfström come ospite nella ‘sua’ “Crawl” e l’esclusione dalla scaletta di “Revel In Flesh” e “Abnormally Decesead”, estratte dallo storico album di debutto “Left Hand Path”. Conclusi i brani di “Clandestine”, la band torna difatti sul palco per un solo bis, proprio la title-track dell’album succitato. Il gruppo si congeda definitivamente e un Cederlund politicizzato si avvicina al microfono con queste ultime parole: “Siamo gli Entombed di Stoccolma, death metal antifascista!”.