29/10/2012 - EUROPE + STONERIDER @ Alcatraz - Milano

Pubblicato il 06/11/2012 da

A cura di Matteo Cereda
Foto di Francesco Castaldo

Dopo anni in sordina, il ritorno degli Europe già da qualche tempo sta prendendo corpo. Se dopo la reunion del 2004 la band veniva presa in considerazione solo per il proprio passato, in questi anni il quintetto svedese ha saputo ri-guadagnarsi una certa credibilità attraverso le nuove composizioni. Il recente “Bag Of Bones” infatti non pare solo una scusa per l’ennesimo tour, ma rappresenta un buon disco rock con marcate influenze blues e talvolta Seventies, in cui gli Europe non giocano a fare i nostalgici, attualizzando il tutto con soluzioni più moderne. Altre sfaccettature, dunque, rispetto alle tendenze sinfoniche del precedente “Last Look At Eden”, per non parlare del sound patinato degli album di successo…

 

 


STONERIDER

Perfettamente a tema con certe sonorità vintage degli ultimissimi Europe, gli Stonerider paiono il gruppo ideale per riscaldare la platea in attesa degli headliner. Il trio proveniente da Atlanta si cimenta in un rock dagli spiccati richiami ’70, con sprazzi southern e blues in cui il suono pastoso della chitarra si combina alla perfezione con una sezione ritmica sufficientemente dinamica. Il terzetto statunitense ha il solo “Fountains Left To Wake” all’attivo, ma mostra un’invidiabile compattezza che influisce positivamente sulla resa delle varie tracce proposte. Il cantante e chitarrista Matt Tanner, sostenuto ai cori dagli altri membri, Adam McIntyre al basso e Jason Krutzky alla batteria, catalizza l’attenzione con un look zeppeliniano ed una timbrica squillante in grado di rendere al meglio su tonalità medio-alte. Bastano pochi minuti agli Stonerider per guadagnarsi i consensi del pubblico: pezzi come “When I Was Young” e “Trigger Happy” si ascoltano con piacere e pur essendo estremamente derivativi convincono proprio in virtù dell’ ottima interpretazione della band.

 

EUROPE
Grande entusiasmo e urla al femminile accolgono gli Europe sul palco in versione ‘large’ dell’Alcatraz milanese; trascorrono gli anni ma l’appeal del gruppo svedese sembra essere tornato su buoni livelli, verrebbe da dire… Tutto sommato il fatto non stupisce più di tanto, considerando che Tempest e soci in questi anni hanno saputo ricostruirsi una certa credibilità pur discostandosi dalle sonorità patinate dei cari anni ’80. L’inizio è affidato ad un trittico nuovo di zecca tratto dal recente “Bag Of Bones”, con l’esecuzione in serie di “Riches To Rags”, “No Supposed To Sing The Blues” e “Firebox”, trittico che rivela una band in buona forma. I riflettori sono puntati su uno scatenato Joey Tempest, invero autore di una prestazione molto altalenante, ma la vera stella della band è senza dubbio il chitarrista John Norum, perfettamente a suo agio nelle tinte blues delle ultime composizioni ed ancora impeccabile nella rivisitazione dei classici. A proposito di brani storici, l’ottima “Superstition” viene intaccata dalla prestazione vocale tutt’altro che impeccabile di un Tempest in chiara difficoltà, mentre la successiva “Scream Of Anger”, col suo incedere tipicamente metallaro, risulterà uno dei pezzi più riusciti dell’intera serata. Pregevole lo stacco acustico posto a metà spettacolo e atto a stemperare i toni, in cui particolare successo riscuote l’esecuzione dell’indimenticata ballata “Dreamer”. La risposta del pubblico durante l’esecuzione dei classici è di grande partecipazione, ma anche sulle nuove composizioni la platea sembra apprezzare soprattutto quando Norum e Tempest aprono l’ottima titletrack dell’ultima succitata fatica in studio, un brano in grado di amalgamare vecchio e nuovo con una strofa blueseggiante ed un irresistibile refrain rock. Nel finale la concentrazione di classici comincia a salire e possiamo apprezzare una buona versione di “Girl From Lebanon”, l’immancabile “Carrie” cantata a squarciagola da tutti i presenti ed una “Ready Or Not” con evidenti problemi vocali. Prima della meritata pausa c’è ancora spazio per una versione con tanto di introduzione oscura della recente “The Beast” e per l’immortale “Rock The Night”, capace ancora una volta di scuotere centinaia di persone. Al rientro, dopo le tinte sinfoniche di “Last Look At Eden”, la solita “The Final Countdown” chiude lo spettacolo in un clima di festa generale, che tuttavia non riesce a mascherare una sbavatura macroscopica del sin qui impeccabile tastierista Mic Michaeli. L’intensità e la perizia tecnica (Norum a parte) stanno altrove, quello che gli Europe oggi ci possono offrire è un discreto intrattenimento rock a 360°.

 

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