Report di Federico Orano
Foto di Piero Paravidino
Il tempo passa inesorabile anche per una band immortale come gli Europe, per la quale è giunto il tempo di festeggiare i quarant’anni della propria carriera.
Il tour annunciato da qualche mese li vedrà suonare in alcune selezionate date in giro per locali e teatri di mezza Europa e Milano è l’unica data italiana, con un tutto esaurito arrivato subito dopo l’uscita dei biglietti – ed è un peccato che non si possa aver aggiunto una seconda data, che certamente sarebbe andata sold-out anch’essa.
Ciò che attende i fan della storica band melodic hard rock svedese è un Teatro Arcimboldi occupato fino all’ultima poltroncina; quasi duemilaquattrocento persone, pronte a gustarsi un viaggio sonoro iniziato nel 1981 e capace di attraversare gli anni con dischi di valore come il debutto “Europe” del 1983 e l’ispirato “Wings Of Tomorrow” del 1984, per passare al successo planetario di “The Final Countdawn” ed a gli ottimi “Out Of This World” e “Prisoners In Paradise”; poi lo scioglimento nel 1994 ed il ritorno in pista dieci anni più tardi con una seconda vita musicale, diversa dal passato ma sicuramente ricca di soddisfazioni con sei dischi solidi e ricchi di personalità.
Si scrutano, nel pubblico, tante magliette rock ma anche qualche giacca e cravatta (forse di qualcuno arrivato direttamente dall’ufficio).: insomma, un parterre davvero vario con la presenza di tanti appassionati rocker, ma si fa strada in noi anche la sensazione che qualcuno sia giunto fin lì con l’unica attesa di ascoltare quel pezzo immortale che risponde al nome di “The Final Countdown”.
L’attesa cresce mentre i presenti prendono posto, e l’orario fatidico delle 21 si avvicina. Le luci si spengono e dal telo bianco che copre il palco parte la riproduzione di un filmato che racconta, tramite video e immagini, i primi passi di cinque musicisti quando, giovanissimi, nel 1981 muovevano i primi passi per poi arrivare a pubblicare i primi dischi e raggiungere il successo planetario con quella melodia di tastiera che tutti conosciamo.
Il telo viene calato scoprendo così i cinque musicisti svedesi, che immediatamente partono carichi a molla con l’inaspettata ed elegante “On Broken Wings” – dal bellissimo “Wings Of Tomorrow” – e subito dopo con i ritmi incalzanti di “Seven Doors Hotel”, cantata con passione dal pubblico.
L’inno da stadio “Rock The Night” coinvolge tutti, scoperchiando il vaso di ricordi di molti tra gli spettatori più datati, che hanno vissuto gli anni d’oro dell’hard rock ed erano presenti quando brani come questo venivano passati in radio.
Il gruppo si conferma ancora una volta in gran forma, anch’esso molto felice di festeggiare questo traguardo e altresì grato a tutti i presenti per l’affetto dimostrato durante tutto questo tempo. Joey Tempest in particolare si muove su e giù per il palco come un ragazzino, dimenticandosi di quello che recita la sua carta d’identità (sessant’anni compiuti da poco): la sua voce è ancora il motore portante sulla quale poi possono muoversi gli assoli di John Norum e le tastiere di Mic Michaeli, oltre all’ottima sessione ritmica degli inossidabili John Levén e Ian Haugland. Ed è anche questo aspetto a rendere unica questa band: a distanza di quattro decadi è ancora qui con la formazione originaria, senza alcun rimpiazzo.
Nel corso del concerto si incastra una parentesi dedicata ai brani più recenti prima con la ruvida, moderna e oscura “Start From The Dark” e poi con i riff penetranti ed un tocco 70’s di “Walk The Earth”; trova spazio anche il nuovo singolo della band, pubblicato solamente qualche giorno fa: “Hold Your Head Up” è un bel brano che anche dal vivo conferma le sensazioni positive arrivate dall’anteprima online.
Non ci aspettavamo l’acustica “Dreamer”, riproposta in una versione più breve ma comunque in grado di emozionare tutti, mentre con “War Of Kings” si torna a calcare sonorità più moderne e corpose con riff di chitarra che fanno muovere molte capocce. Funziona davvero bene anche l’incedere intenso di “Girl From Lebanon” che si apre su un refrain che ha sempre un bel sapore, mentre la lenta ed emozionante “Carrie” è ovviamente un’altra hit che tutti, nessuno escluso, cantano a memoria durante il ritornello.
La scenografia non è certo indimenticabile, abbastanza essenziale con qualche gioco di luci gialle e azzurre, ma nonostante questo tutti rimangono incollati con lo sguardo dritto sul palco, venendo coinvolti da una scaletta spettacolare e da cinque musicisti totalmente in palla, ben supportati dai suoni quasi perfetti del Teatro Arcimboldi.
Con la possente “Stormwind” si chiude un primo tempo che ha lasciato tutti entusiasti, la band saluta e nell’intervallo la gente trova il tempo di alzarsi dal proprio posto per andare a salutare amici e conoscenti per scambiare le prime impressioni. Dopo circa un quarto d’ora si riparte, con davanti ancora un telo bianco sul quale passano altre immagini: stavolta si è catapultati nel 2004 con il ritorno sulle scene della band ed un live infuocato davanti al pubblico di casa dello Sweden Rock, poi i nuovi lavori che si susseguono con tante nuove idee a rendere personale il sound di questi nuovi Europe.
Cala il telo e si riparte con il sound moderno ma raffinato di “Always The Pretenders” prima di tornare a navigare a testa alta sui grandi successi del passato: i ritmi scoppiettanti di “Ninja”, con il bellissimo solo suonato da Norum lascia spazio alle tastiere sognanti di Mic Michaeli, capaci di condurre la via della gloriosa “Sign Of The Times” e l’ugola celestiale di Joey colora il Teatro Arcimboldi con melodie tutte da cantare.
Una parentesi acustica rilassa l’ascolto: Joey e John rimembrano i vecchi tempi, quando da teenager si trovavano a suonare insieme e da quegli anni le memorie portano a “Space Oddity”, pezzo di David Bowie che viene riproposto in versione unplugged.
Riff potenti e orchestrazioni bombastiche aprono invece la strada della possente “Last Look At Eden”, titletrack del buon disco pubblicato nel 2009, con il suo refrain davvero ruffiano e capace di coinvolgere tutti.
Ma è con un’altra immancabile hit che il pubblico va in delirio, e parliamo della lenta ed emozionante “Open Your Heart” che viene lasciata cantare per buona parte al pubblico. John Levén col suo basso mostra tutto il suo valore introducendo, a sorpresa, il brano “Memories”, estratto dal disco di debutto, un omaggio ai vecchi seguaci della band, che si lasciano andare cantandone il coretto. C’è spazio per un breve assolo di batteria, con Ian Haugland che prende in mano il microfono per ringraziare i fan del supporto, poi arriva “Ready Or Not” a riprendere la via dell’esaltazione; un brano energico che fa alzare dalla poltroncina più di qualche presente e con l’elegante incedere di “Superstitious” si chiude anche la seconda parte dello show.
Il gruppo prende la via del backstage, ma tutti i presenti hanno ben chiaro in testa che da lì a poco toccherà al gran finale. E così è stato: poco dopo Tempest e soci rimettono piede sul palco con le tastiere che esplodono dai tasti di avorio di Mic Michaeli segnando la partenza del classico brano da stadio che risponde al nome di “Cherokee”.
E sono ancora loro, le tastiere, a far esplodere l’intero teatro, accennando le melodie del pezzo più leggendario della band, un brano che ha segnato indelebilmente la storia della musica – e non solo quella rock. Una canzone per le masse, certo, ma che risulta irresistibile anche per i rocker più accaniti: “The Final Countdown” incendia lo show a tal punto che tutti cantano, e la voce del frontman nordico non è quasi udibile. Il mitico assolo di chitarra di Norum è poesia per le orecchie ed il finale esplode tornando sul magico ritornello.
Uno show certamente fenomenale, con una scaletta da urlo che ha appassionato per quasi due ore e mezza tutti i presenti. Il quarantesimo anniversario degli Europe è un tripudio di melodie ed hard rock, con una delle band più leggendarie della storia. Spettacolo puro!
Setlist:
On Broken Wings
Seven Doors Hotel
Rock The Night
Start From The Dark
Walk the Earth
Hold Your Head Up
Dreamer
War Of Kings
Vasastan
Girl From Lebanon
Carrie
Stormwind
Always The Pretenders
Ninja
Prisoners In Paradise
Sign Of The Times
Space Oddity (David Bowie cover)
Last Look At Eden
Open Your Heart (1984 version)
Memories (including Bass solo)
More Than Meets The Eye
Drum Solo
Ready Or Not
Superstitious
Cherokee
The Final Countdown