Report di Riccardo Plata
Foto di Luna La Chimia
Nel mese più caldo dell’anno sul fronte concerti – tra AC/DC, Metallica, Green Day e Bring Me The Horizon, giusto per citare i più grandi – c’è spazio anche per il ritorno a Milano degli Evanescence, cui spetta il compito di inaugurare il Fiera Milano Live nell’area di Rho Fiera.
Tra i padiglioni e la ruota panoramica, l’ampio spazio è ben allestito con un palco gigante, il consueto pit (con annessi bagni dedicati) e numerosi stand, se pur anche in questo caso con la scomodità dei token. Dalla nostra posizione nel pit la resa visiva e sonora risulta ottimale, ma, vista anche l’audience più ridotta rispetto agli eventi citati sopra, il colpo d’occhio è assicurato anche per chi si trova più indietro, grazie anche a due maxi schermi ben posizionati ai lati del palco.
Con un occhio all’App del Meteo (memori anche del temporale che solo ventiquattr’ore prima ha fatto saltare i Polyphia al Carroponte), arriviamo in tempo per assistere all’esibizione degli Atwood, annunciati un po’ in sordina a pochi giorni dall’evento, ma ben accolti da un pubblico ancora ridotto ma caloroso nonostante la pioggia.
Con il loro mix di stili (alternative, pop, hard rock, electro) gli ATWOOD sono il perfetto antipasto per questa serata e, anche se l’allestimento risulta logisticamente sproporzionato per il trio, che occupa a malapena metà del palco, a livello di presenza scenica e resa sonora la band milanese, dopo un momento di comprensibile emozione, mette in mostra ottime capacità d’intrattenimento, con la cantante Alice abile a fomentare un’audience calorosa nonostante un clima non propriamente estivo.
Notevole anche l’apporto ritmico e scenografico del batterista Simone, che compensa la mancanza sul palco del basso, mentre il chitarrista Daniele è abile a destreggiarsi tra arpeggi più delicati e qualche riff più sostenuto, in linea con il loro posizionamento che ai tempi del loro EP d’esordio avevamo definito a metà tra X Factor e un festival metal.
Aggiornando lo spirito DYI all’epoca dei social, la cantante Alice, oltre a pennellare le note di “Parallel Lines” con i suoi vocalizzi da mezzosoprano, mostra anche notevoli capacità d’imbonitrice (tra inviti a taggare sui social i video dello show ed inquadrare il QR code gigante sul telo che rimanda al merch della band), fino alla definitiva consacrazione sulle note della conclusiva “Dangerous”, ultimo singolo cantato a gran voce dal pubblico e ripetuto a sorpresa in un inaspettato bis dopo le foto di rito.
Mentre il sole tramonta e le nuvole si fanno sempre più minacciose, quando sono passate da poco le nove dagli altoparlanti partono a tutto volume le note di “Killing In The Name” dei Rage Against The Machine, intro degli EVANESCENCE che entrano sul palco mentre sfuma l’ultima nota di Tom Morello: il wall of sound fin dall’iniziale “Broken Piece Shine” è notevole, così come la potenza vocale sprigionata da una Amy Lee decisamente in palla e ben spalleggiata da una band di prim’ordine.
La menzione d’onore va sicuramente al batterista Will Hunt (qualcuno lo ricorderà anche come turnista di Vasco Rossi un decennio fa), in grado di catturare l’occhio grazie ad un look da NWOBHM oltre che per i funambolismi dietro le pelli, ma anche la bassista australiana Emma Anzai contribuisce attivamente alle seconde voci, pur senza mai rubare la scena alla protagonista; più defilata la presenza scenica dei due chitarristi Troy McLawhorn e Tim McCord, veterani della scena alternative / nu metal e da quasi vent’anni colonna ritmica della band.
Coraggiosa per certi versi anche la scelta di puntare molto sul materiale più recente, e così quasi un terzo della scaletta è incentrata sull’ultimo “The Bitter Truth” (uscito nel 2021 dopo una pausa discografica di dodici anni), tra cui abbiamo apprezzato soprattutto la potenza di “The Game Is Over” e una “Use Your Voice” cantata a gran voce da tutto il pubblico.
Un concerto degli Evanescence non sarebbe tale senza la presenza dei tasti d’avorio, e così l’intro di “Taking Over Me” apre la strada ad una cover piano e voce di “Ordinary World” dei Duran Duran su cui poi entra tutta la band, creando un momento intimo che, complice le luci soffuse e la pioggia fine fine, prosegue con “My Heart Is Broken”.
Se buona parte del pubblico è qui stasera è tuttavia grazie ai primi due storici dischi, “Fallen” e “The Open Door”, quindi nell’ultima mezz’ora il numero di cellulari alzati aumenta vertiginosamente per riprendere l’intramontabile “Going Under” e l’arrembante “Call Me When You’re Sober”, resa ancora più epica dalla pioggia nel frattempo sempre più scrosciante; senza encore, il meglio arriva alla fine con “My Immortal” e “Bring Me To Life”, nell’ormai consueta ‘band version’ (senza parti rappate, imposte all’epoca dalla casa discografica per cavalcare il filone nu metal).
I fan della prima ora avrebbero probabilmente apprezzato anche qualche classico minore in più, come ad esempio “Torniquet” o “Lithium”, ma, al di là dei gusti personali, possiamo parlare di uno show di ottimo livello, con una Amy Lee se possibile ancor più galvanizzata dal fortunale ed un pubblico forse non numerosissimo ma più che mai partecipe. Per chi c’era, una serata da ricordare e non solo per la pioggia.
EVANESCENCE