Report e foto a cura di Riccardo Plata
Quale miglior occasione per festeggiare la fin dell’estate e l’inizio dell’Autunno se non un bel concerto della band che dell’oscurità ha fatto la propria bandiera fin dal monicker, ovvero gli svedesi Evergrey? Questa la nostra riflessione mentre ci dirigiamo a passo spedito verso l’Alcatraz, ma evidentemente si tratta di un pensiero isolato. Sarà per il contemporaneo concerto di Elton John, per gli impegni di Inter e Juve in Champions League o, più semplicemente, per la scarsa popolarità di cui godono da queste parti Englund e soci, sta di fatto che la cornice di pubblico vista stasera era veramente modesta. Persa quasi del tutto l’esibizione dei sardi Chaoswave, accolti comunque con discreto calore dallo sparuto pubblico presente, andiamo dunque a vedere se la diffidenza verso i cinque nordici era effettivamente giustificata o meno….
EVERGREY
Dopo un interminabile soundcheck, quando finalmente i nostri prendono posto sul minuscolo palco B dell’Alcatraz la ragione sembra pendere dalla parte degli assenti: si stenta infatti a riconoscere nel suono impastato che esce dalle casse le note di “Fear”, uno dei migliori estratti dell’ultimo album reso in maniera indecente da uno stranito Englund. Per fortuna però, scaldate le corde vocali e migliorata notevolmente la resa sonora, a partire dall’accoppiata successiva “As I Lie Here Bleeding” e “Soaked” il concerto inizia a decollare, grazie soprattutto all’apporto della formidabile sezione ritmica formata dall’ex Stratovarius Jari Kainulainen e dal batterista Jonas Ekdahl. Archiviata la prova incolore del chitarrista Henrik Danhage e dell’impalbabile tastierista Rikard Zander, il fulcro dell’esibizione diventa quindi il cantante/chitarrista Tom S. Englund, la cui tenuta vocale rappresenta il principale metro di giudizio della serata: tra molti acuti (“In Remembrance”, “The Masterplan”, “Monday Morning Apocalypse”) e qualche stecca (“Blinded”, “Still In The Water”), i novanta minuti a loro disposizione scivolano comunque via veloci, fino al gran finale affidato ad una toccante versione acustica di “Words Mean Nothing” e dalla sempre trascinante “I’m Sorry”. Come da copione i fuochi d’artificio sono però riservati ai bis: dopo un rapido rientro on stage, l’esecuzione impeccabile dei classici “Recreation Day”, “Broken Wings” e “A Touch Of Blessing” chiude in maniera ottimale un set salutato con entusiasmo dai pochi, ma calorosissimi, supporter accorsi stasera, aumentando il rammarico per gli assenti. Nota di merito infine per l’after show, quando la band al gran completo, a dispesso del nervosismo mostrato nelle battute iniziali – per dirla con le parole dello stesso Englund: “ci hanno trovato un posto troppo grande per suonare: la prossima volta per avere un sold-out dovremo suonare nei bagni del locale!” – si presentava a fine concerto sotto il palco per firmare autografi.