Introduzione a cura di Marco Gallarati
Report a cura di Marco Gallarati, Matteo Cereda e Maurizio ‘MO’ Borghi
Foto di David Scatigna
Evolution Festival 2008, quarta edizione di una manifestazione che, nonostante le traversie e le vicissitudini degli anni passati, sembra voler perdurare nel tempo. Dopo i due indimenticabili eventi (2005 e 2006) in quel di Toscolano Maderno, proprio in riva al lago di Garda – in una location che ci viene da definire semplicemente inimitabile – e l’edizione a dir poco accidentata del 2007 a Firenze, tocca ora all’Idroscalo di Milano ospitare la due-giorni concertistica, purtroppo organizzata a ridosso dell’appagante Gods Of Metal di quasi un mese fa e quindi visibilmente penalizzata a livello di audience, soprattutto in occasione del venerdì lavorativo. La collaborazione tra il colosso Live In Italy e i creatori-inventori dell’Evo – i ragazzi della Loud Session – si è rivelata tutto sommato proficua, essendo riuscita a creare un festival con un bill di primo piano, almeno per quanto riguarda le sonorità underground e poco avvezze alla massa. L’eterogeneità marcata dei gruppi esibitisi sia durante la prima giornata, sia durante la seconda, ha diviso un po’ i pareri: c’è stato chi l’ha considerata una scelta dissennata, facendo sembrare tutto un pastrocchio, e chi l’ha apprezzata alla grande, visto che ha permesso agli spettatori più open-minded di potersi gustare diverse e cangianti entità musicali in tempi ravvicinati. L’Idroscalo, senza ovviamente raggiungere i livelli top di Toscolano, si è rivelata una venue azzeccata, con tantissima ombra a disposizione, bei prati su cui riposare, bar e baracchini in giusta quantità, bagni in muratura costantemente puliti e disinfettati ed un assedio notevole di stand, fra i quali anche molti provenienti dall’estero (questi ultimi, a dire il vero, hanno preso posto un po’ a casaccio, senza organizzazione e fin troppo a ridosso della zona palco). Inutile ricordarvi come anche Metalitalia.com era presente all’Evolution con il proprio gazebo: ci avete visitati in tanti, fatto molti complimenti e confermato che la nostra passione sta dando buoni frutti; in cambio, come sempre, vi abbiamo riempito di materiale promozionale e informazioni varie (pensiamo di essere stati gli unici ad aver messo a disposizione un foglio con gli orari dei concerti), senza dimenticare la felice riuscita del nostro apprezzato speciale in tempo reale, in pratica Tutto l’Evo Minuto per Minuto. Ma bando agli sbrodolamenti: vi lasciamo subito alla versione rivista e corretta del report sopracitato, ovviamente per quanto riguarda la prima giornata di spettacoli. Le altre considerazioni vi aspettano nel link dedicato alla seconda giornata.
ILLOGICIST
Sono i nostrani Illogicist che hanno avuto l’ingrato compito di aprire la prima giornata dell’Evolution Festival, esibendosi quando il pubblico era in fase di affluenza nell’area Idroscalo. C’é stato tempo per soli cinque pezzi, ma il death tecnico della formazione è risultato ultra-pulito e senza sbavature, offrendo un antipasto all’intero evento davvero succulento. Se all’inizio l’entusiasmo del frontman è stato di poco al di sopra di un soundcheck all’aperto, il coinvolgimento dei quattro è poi cresciuto velocemente, impepato soprattutto dalla performance di un tarantolato bassista e supportato da un pubblico esiguo ma caloroso. Si inizia bene!
DARK LUNACY
Affluenza in leggero crescendo per i secondi ad esibirsi, i parmensi Dark Lunacy, band che è da qualche tempo che non si fa sentire, ma che resta una delle nostre migliori realtà underground. Mezzora anche per loro, durante la quale la manciata di pezzi proposti, tra cui anche la conosciuta “Dolls”, ha messo in mostra per bene il death metal melodico/sinfonico, a metà strada tra Dark Tranquillity e Therion, del combo. Buona la presenza scenica, a dimostrazione di come i Dark Lunacy siano una formazione rodata ed esperta, così come la risposta del pubblico, che ha incitato a ripetizione i ragazzi, già in grado di esibirsi con suoni potenti, ben definiti e limpidi. Avanti di seguito con i Sadist!
SADIST
Dopo il reunion-show del 2006, sono tornati sul palco dell’Evolution i seminali Sadist e, in poco tempo, sebbene i presenti non fossero ancora sterminati nel numero – anzi! – si sono cominciate a vedere parecchie corna sollevate verso il cielo: una risposta calorosissima ha infatti atteso il combo genovese, che ha vomitato il meglio del repertorio, dai classici di “Tribe” a citazioni dall’ultimo album, in testa agli astanti. La caratura tecnica della formazione è incontestabile, almeno quanto il tasso di professionalità e l’innato carisma di Trevor e Tommy Talamanca, confermatisi un patrimonio del metal nazionale. Ancora una volta semplicemente da applausi.
KORPIKLAANI
I primi polveroni e la prima, vera botta d’entusiasmo (più che altro giovanile) si sono visti durante lo show dei finnici Korpiklaani, vice-re, dopo i Finntroll, dell’humppa folk metal. Le sonorità della band hanno travolto fin dall’inizio tutta l’audience, finalmente numerosa, dell’Evolution Festival: ragazzini e metallari di lungo pelo si sono lanciati in tarantelle nordiche in pieno Solleone, mentre i più esagitati hanno dato vita al primo pogo della giornata. Fisarmonica, violino e il microfono con corna di cervo incorporate hanno proiettato gli astanti nella Terra dei Mille Laghi, tremendamente battuta, purtroppo, da un caldo notevole. Ottima l’esecuzione della recente “Keep On Galloping”, così come quella della auto-incensatoria “Korpiklaani”. I ragazzi sanno come muoversi sul palco, si divertono divertendo e, nonostante la loro proposta non sia particolarmente complessa e lungimirante, sembrano riscuotere un grande successo dalle nostre parti. Tarantolati come al solito, i Korpiklaani hanno dato una vigorosa sferzata all’Evolution ’08 Day 1. Up the beers!
EVERGREY
Partenza con il freno a mano tirato per gli Evergrey, che hanno mostrato un pizzico di ruggine nell’apertura affidata a “Recreation Day”; nei brani successivi suonati dal combo scandinavo, l’ugola calda e tagliente al tempo stesso del singer Tom Englund si è scaldata a dovere ed è riuscita a trascinare il resto della band in una prestazione positiva. Sono stati soprattutto i pezzi più immediati a convincere maggiormente, come hanno dimostrato le riproposizioni impeccabili di “Blinded” e “A Touch Of Blessing”; mentre, dal punto di vista tecnico-emotivo, ha riscosso ampi consensi l’ottima “Rulers Of The Mind”. Il quintetto svedese, che ha presentato in formazione il bassista ex-Stratovarius Jari Kainulainen, ha trovato il tempo per proporre al pubblico un inedito tratto dall’imminente disco “Torn”, in uscita a settembre; per la precisione, si è trattato di “Broken Wings”, che ha lasciato positivamente colpiti i non numerosi ma partecipi fan presenti a bordo palco. Immancabile è stata anche la riproposizione di “Masterplan”, uno dei cavalli di battaglia del gruppo. Nel complesso, quindi, si può parlare di un discreto spettacolo, sebbene gli Evergrey abbiano dimostrato qualche difficoltà nel trovare la giusta dimensione all’interno di un festival…
DARK TRANQUILLITY
Confermando anche dal vivo la gustosa notizia della futura registrazione in terra italiana, in quel del Rolling Stone di Milano il 31 ottobre, di un DVD celebrativo, i Dark Tranquillity hanno aperto la loro performance all’Evolution Festival non proprio nel migliore dei modi: “Terminus (Where Death Is Most Alive)” è partita con i volumi davvero in cantina (le chitarre, del resto, sono rimaste basse per tutta la performance) e parecchio in sottotono, presto riscattata però da una setlist in crescendo, proponente i soliti brani – sentiti ormai decine di volte – ma suonati con una veemenza e con un trasporto più decisi delle ultime esibizioni: mentre di Mikael Stanne non si sa proprio più cosa scrivere, bisogna notare come il bassista Michael Nicklasson sia ormai diventato un secondo frontman, sempre pronto ad incitare la folla per avere in risposta corna alzate, cori e ululati da stadio; nelle retrovie Jivarp e Brändström hanno fatto il loro sporco lavoro, esattamente come Henriksson ed il sempre più poser Sundin alle sei-corde. “Hedon”, “Punish My Heaven” e “Lethe” sono stati i pezzi suonati dai dischi più datati, mentre “My Negation”, “Final Resistance”, “The Treason Wall”, “Lost To Apathy” e “Therein” sono stati fra i classici (ormai sono tali) eseguiti. In attesa di rivederli presto al Rolling Stone, dove si spera vivamente i Dark Tranquillity eseguano canzoni poco o mai suonate negli ultimi tempi, altra prestazione da incorniciare per i Metalgods svedesi!
SONATA ARCTICA
A dispetto della scarsa affluenza di pubblico sotto il palco, i Sonata Arctica hanno risposto con una performance di altissimo livello, supportati fra l’altro da suoni cristallini e da un Tony Kakko impeccabile alla voce. Il repertorio della band finlandese si è concentrato sulle song dell’ultimo “Unia”, fra cui sono emerse le ottime esecuzioni di “Black And White”, “Paid Is Full” e della progressiva “It Won’t Fade”. Immancabili i rimandi al passato più power dei primi dischi, tra cui hanno spiccato le sempre acclamate “Kingdom For A Heart” e “8th Commandment”. Sempre emozionanti risultano essere le esecuzioni di un pezzo compassato ma emotivamente valido come “Replica” e del grintoso mid-tempo “Black Sheep”. La dinamica “Don’t Say A Word” e infine “The Cage” hanno chiuso una esibizione senza pecche, che ha confermato i Sonata Arctica come uno dei gruppi di punta del metal melodico. Non abbiate paura di avvicinarvi alle loro sonorità: il sound adolescenziale di certe canzoni è ormai una chimera…ed infatti ci si trova al cospetto di un gruppo maturo, pieno di idee ed energia.
CAVALERA CONSPIRACY
Scendono in campo per la prima volta in Italia i Cavalera Conspiracy e lo fanno da headliner, come l’importanza storica dei fratelli Cavalera vuole che sia. L’apertura è stata funambolica, con due estratti da “Inflikted”, per la precisione la title-track ed il singolo “Sanctuary”. Poi, in un crescente turbine di violenza e nichilismo sonoro, sono state eseguite canzoni a raffica, sia targate Cavalera Conspiracy, sia risalenti ovviamente al periodo Sepultura e, addirittura, ai Nailbomb. “Territory”, “Attitude”, “Refuse/Resist”, “Inner Self”, il medley “Arise”/”Dead Embryonic Cells”, la sorpresa “Desperate Cry”, “Propaganda”, “Biotech Is Godzilla”, “Troops Of Doom” e l’apoteosi finale di “Roots Bloody Roots”: davvero un’overdose di classici da infarto, nulla da eccepire! Max è sembrato leggermente arrugginito – il lavoro di chitarra è stato praticamente tutto gestito dalle mani del bravissimo Marc Rizzo – ma è riuscito ancora benissimo a coinvolgere ed incitare la folla presente, non risparmiando neanche imprecazioni e acclamate bestemmie in italiano. Il fratellino Igor si è confermato una gigante macchina da guerra e ha condotto la band per mano attraverso uno spettacolo concreto, essenziale, a volte confuso e frenetico, ma davvero esaltante. Da segnalare la presenza on stage di Richie Cavalera, il figliastro di Max, durante “Black Ark” e anche quella di Igor Jr., figlio ancora piccolo del frontman, che si è esibito alle drums su “Troops Of Doom”! Insomma, per l’ennesima volta la famiglia Cavalera rulez!!