11/07/2008 - EVOLUTION FESTIVAL 2008 – 12 luglio @ Idroscalo - Milano

Pubblicato il 22/07/2008 da
Introduzione a cura di Marco Gallarati
Report a cura di Marco Gallarati, Matteo Cereda e Alessandro Corno
Foto di David Scatigna e Riccardo Plata
La seconda giornata dell’Evolution ’08 verrà purtroppo ricordata più che altro per l’incredibile grandinata, unita ad una vera e propria tempesta tropicale, che ha portato alla cancellazione dello show degli attesi headliner In Flames, pronti a presentare per la prima volta in Italia le canzoni del nuovo album “A Sense Of Purpose”. Polemiche e migliaia di parole sono già state spese un po’ ovunque sulla decisione presa: accuse all’organizzazione, alla band, al manager della band, al Signore Onnipotente e chi più ne ha più ne metta; noi ci limiteremo a dire che, essendo stati presenti sul posto ed avendo constatato l’improvvisa ed inaudita violenza del tornado scatenatosi, è stato meglio che la manifestazione sia stata interrotta. Ci piacerebbe condannare abbastanza sentitamente, invece, in primis la freddezza degli In Flames, che almeno una capatina sul palco per salutare i fan potevano farla, e in secundis la stupidità e la maleducazione dei bei personaggini che hanno lanciato di tutto sullo stage, confermando, se ce ne fosse stato bisogno, la demenza di una certa parte di pubblico metallaro italiano. Detto questo, non ci resta che confermare come gli aspetti positivi di questo Evolution Festival 2008 siano stati di gran lunga superiori a quelli negativi, a cominciare dal rispetto ultra-svizzero degli orari di esibizione e dai suoni/volumi pressoché perfetti per ogni band (in questo – non c’è ombra di dubbio – il paragone con il Gods è stato vinto all’unanimità). L’affluenza del secondo giorno di concerti è stata notevolmente superiore a quella del primo – diremmo raddoppiata o quasi – e quindi viene da chiedersi come mai l’evento non sia stato organizzato di sabato/domenica, invece che di venerdì/sabato… Comunque sia, l’esperienza dell’Evo anche quest’anno è valsa la pena averla vissuta e speriamo proprio che si possa ripetere di nuovo nel 2009. Senza intoppi meteorologici, Odino permettendo…
 

IDOLS ARE DEAD

La seconda giornata dell’Evolution Festival è iniziata con lo show degli Idols Are Dead: la band italiana, uscita in febbraio con il debutto “Mean”, ha aperto le danze in maniera convincente, con il suo thrash metal moderno non privo di influenze heavy rock. Grazie ad un sound diretto, compatto e ad una prestazione di ottimo livello, brani non particolarmente originali su disco come “Let’s Do It” e “Proud To Be Sick” hanno acquistato un peso specifico molto più significativo dal vivo. La chiusura è stata affidata alla cover dei Guns ‘N’ Roses “It’s So Easy”, che ha esaltato un pubblico già discretamente presente e partecipe, grazie anche al carisma dimostrato dallo sfrontato singer Mana, vero mattatore del breve spettacolo.

NECRODEATH

Avevamo lasciato gli storici Necrodeath alle prese con la performance scolorita dell’Italian Gods Of Metal: li abbiamo ritrovati più in forma che mai qui all’Evolution Festival, grazie ad una prestazione davvero trascinante e praticamente perfetta. Tutta la rabbia di Flegias, John, Peso e compagni è stata riversata su un’audience partecipe, decisamente esaltata e coinvolta, per una mezzora di brillante e acceso metallo estremo. L’iniziale “Hate And Scorn” e la finale “Smell Of Blood” hanno delimitato uno show veramente soddisfacente, che il sottoscritto non esita tuttora a definire come uno dei migliori di tutto il festival.

NOVEMBRE

Ennesima calata milanese per i romani Novembre: la band si trova sempre costretta a suonare nelle prime ore del pomeriggio, momento della giornata non certo ideale per carpire tutta la profondità e la malinconia delle sue canzoni, però stavolta la risposta del pubblico è stata più entusiasta e numerosa rispetto alle ultime uscite. Certo la pubblicazione ravvicinata di due lavori ottimi quali “Materia” e “The Blue” sta dando i suoi frutti. Buoni e puliti sono stati i suoni, come del resto un po’ per tutte le esibizioni targate Evolution ’08, fondamentali affinchè uno spettacolo dei Novembre risulti ben appetibile. La setlist è stata incentrata sui classici del gruppo – da “Nostalgiaplatz” a “Child Of The Twilight”, da “The Dream Of The Old Boats” a “Cold Blue Steel” – più una chicca sicuramente apprezzatissima dai fan di medio-lunga data del combo, ovvero l’esecuzione della vibrante “Love Story”, uno dei pezzi più veloci mai scritti dai Novembre. Capitolini promossi a pieni voti, dunque!

PAIN OF SALVATION

Nonostante i cambi di formazione al basso (l’ormai rodato Simon Andersson) e alla batteria (il nuovo Leo Margarit), i Pain Of Salvation hanno sfornato un’ottima prestazione complessiva: la band capitanata dal leader Daniel Gildenlow per la verità è partita in sordina, anche per la scelta di iniziare la setlist con un pezzo insidioso e poco immediato quale “The Perfect Elements”, introdotto dal solo “Falling”. Strada facendo, i cinque svedesi sono risultati più accessibili anche a coloro che si affacciavano alla loro proposta per la prima volta, tramite brani d’impatto come “Ashes” e “America”, mentre la discussa “Disco Queen” ed il suo ritornello danzereccio hanno suscitato più di un dubbio fra i tradizionalisti. Daniel Gildenlow (con tanto di nuova acconciatura alla Dave Grohl) si è dimostrato singer di altissimo livello, chitarrista impeccabile e abile intrattenitore, ma anche il resto della band ha sfoderato una performance professionale in cui hanno stupito la coesione e gli strepitosi arrangiamenti corali eseguiti senza l’ausilio di parti registrate. Finale in crescendo grazie all’aggressività sprigionata da “Inside”. Si potrebbe discutere all’infinito sulla scelta più o meno felice di eseguire qualche pezzo non propriamente adatto alla platea di questo festival, ma la classe di questi musicisti resta innegabile.

DEATH ANGEL

Forti di una posizione in scaletta di tutto rispetto, i Death Angel sono saliti sul palco con una carica incredibile! La band ha attaccato con “Lord Of Hate”, tratta dall’ultimo “Killing Season”: riff secchi e compatti, abbinati ad una precisione esecutiva fuori dal comune per uno show che da subito ha appagato tutti i thrasher presenti. Il concerto è stato un susseguirsi di brani pescati dal recente passato della band, come la nuova “Dethroned”, le stupende “The Devil Incarnate” e “Thicker Than Blood” da “The Art Of Dying”, e altri episodi legati al passato storico, come “Stagnant” e “Voracious Man”. Come sempre fenomenali Rob Cavestany, una vera e propria macchina da riff, ed il cantante Mark Osegueda, un animale da palco scatenato e vocalmente al top sin dal primo secondo dello spettacolo. Chiusura tra gli applausi con “Thrown To The Wolves”, con GL Perotti degli Extrema che è salito sul palco e, visibilmente esaltato, si è posizionato dietro al microfono del bassista. La formazione di San Francisco non si è risparmiata nei ringraziamenti ed il pubblico ha risposto con un caloroso applauso. Devastanti come al solito.

GAMMA RAY

Di fronte ad una platea abbastanza folta e accaldata, è toccato ai Gamma Ray di Mr. Kai Hansen rappresentare il filone power in questa seconda giornata dell’Evo, ed è quasi obbligatorio sottolineare come sia stata un’ottima idea quella di accorpare in poche ore più band dallo stile differente. Lo zio Kai ha iniziato con “Into The Storm” dall’ultimo “Land Of The Free Pt. II” e subito il pubblico ha fatto sentire il suo attaccamento all’inventore del power metal. “Heaven Can Wait” e “I Want Out” hanno strappato parecchi applausi, come da copione. Kai si è rivelato abbastanza in forma anche se, come al solito, non sono mancati qualche ritornello abbassato di tono e qualche sbavatura. Ovviamente è stato il materiale più datato a tenere banco, con “Rebellion In Dreamland” e “Somewhere Out In Space” su tutte. Il pezzo che però ha fatto saltare di gioia i fan più accaniti e legati al primissimo periodo Helloween è stato l’immancabile “Ride The Sky”, suonato e cantato decisamente bene. Qualche pausa di troppo, come sul finale di “Heavy Metal Universe” o sulla stessa “Somewhere Out In Space”, e una scaletta composta da brani abbastanza abituali per gli show della band, hanno fatto calare un pelo la tensione, ma l’accoppiata finale “Valley Of The Kings”-“Send Me A Sign” ha messo tutti d’accordo; e tra i saluti e gli applausi la band è uscita di scena. Duri a morire.

OPETH

Scenario apocalittico per i quasi headliner Opeth, che hanno visto il loro concerto terminare proprio all’inizio della tempesta tropicale causa poi dell’annullamento della performance degli In Flames – e nelle nostre orecchie faticano ancora a sparire gli echi degli ‘scoppi’ delle noci di grandine sul tetto del nostro stand! Lasciando perdere le tanto discusse calamità naturali, fino all’ultimo secondo di esibizione la band svedese, reduce dal riuscito “Watershed” e per la prima volta in Italia senza lo storico chitarrista Peter Lindgren, ha fornito una prova superlativa, sciorinando tutta la sua classe ed il suo aplomb progressive. Sette pezzi suonati in un’ora e venti di esibizione, uno quasi per ogni disco della formazione: “Heir Apparent”, “Demon Of The Fall”, “Wreath”, “To Rid The Disease” sono stati i più acclamati durante uno show che ha convinto tutti gli astanti, desiderosi di vederli suonare ancora per altro tempo. Il nuovo arrivato Fredrik Akesson si è rivelato un musicista degno, anche se non è riuscito a dare quello slancio in più di dinamismo on stage che resta un po’ l’utopia degli Opeth; per il resto, Per Wiberg, Martin Mendez, Martin Axenrot ed il solito, umoristico Mikael Akerfeldt hanno fatto il loro compito alla perfezione, denotando però a volte un eccesso di perfezionismo – ad esempio accordare la strumentazione quasi dopo ogni brano – che fa lievemente arricciare il naso. Tutto sommato, quindi, prestazione più che positiva per il quintetto prog-death, conclusa in tempismo perfetto con l’arrivo dell’Apocalisse. E addio In Flames!
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