Report a cura di Giacomo Slongo
Una serata dalle tinte decisamente estreme ed underground, quella che ha interessato il Lo-Fi Club di Milano in occasione del passaggio dei paladini dello splatter Exhumed e dei sempre più lanciati Mouth Of The Architect, freschi reduci dal successo del loro quarto disco in studio “Dawning”. Death metal, grindcore, “post”-qualcosa, sludge… impossibile resistere ad una simile scorpacciata di metallo pesante, specie se pensiamo alla naturale carenza di concerti durante la stagione estiva e al fatto che Metalitalia.com segue le gesta delle due formazioni da anni. Peccato che, come sempre più spesso avviene per appuntamenti di questo tipo, il pubblico meneghino non sia stato del nostro stesso avviso, con appena una trentina di spettatori paganti e decine di spazi vuoti nel pit… ci domandiamo che fine abbiano fatto le centinaia di ascoltatori “duri e puri” che puntualmente infestano blog, forum e siti internet! Poco male, comunque, quando il nostro orologio segna le 23.00 in punto ecco che il gruppo di Dayton, Ohio, si presenta sul minuscolo palco interno al locale, dando ufficialmente il via alle danze…
MOUTH OF THE ARCHITECT
Gli headliner ufficiali della serata in realtà dovevano essere loro, ma a quanto pare i Mouth Of The Architect hanno chiesto espressamente di suonare per primi, forse perché consapevoli del fatto che la stragrande maggioranza del pubblico – ed è tutto dire, considerato il numero dei presenti – è giunta in quel del Lo-Fi per assistere alla carneficina dei macellai californiani invece che per una bella dose di sonorità “post”. Il quintetto, ad ogni modo, non si lascia certo intimorire dalle decine di maglie truci sotto al palco e sfodera uno show di tutto rispetto, in cui la comunicazione con la platea viene ridotta ai minimi storici e la musica, regina incontrastata della serata, sale prepotentemente in cattedra. Chitarra, basso, batteria e tastiere: ai Nostri non occorre molto altro per imbastire il proprio show e, approfittando di suoni stranamente discreti, cominciano da subito a riversarci addosso tutta la loro sanguigna passionalità, frutto di ore e ore spese sui dischi di Isis, Mastodon e Neurosis. Largo spazio agli estratti del recente “Dawning”, quindi, dove la voce calda e squillante del chitarrista Steve Brooks fa da perfetto contraltare alle urla disperate del frontman Jason Watkins che, per il modo in cui canta e suona le keyboards, sembra prossimo al collasso, sudatissimo e completamente assorto nella performance… una vera bestia da palco! E che dire del batterista Dave Mann, sorta di Richard Hoak dello sludge/“post” metal statunitense (chi conosce i Brutal Truth sa di cosa stiamo parlando) autore di una prova semplicemente sensazionale per fantasia esecutiva e smorfie facciali? Senza dubbio uno dei musicisti più funambolici che abbiamo avuto modo di ammirare negli ultimi mesi. I brani si susseguono così, senza troppi discorsi o cerimonie, con qualche sample a fungere da collante e gli astanti a cullare il capo sulle note scaturite dagli amplificatori, ora pesantissime e muscolose, ora soffuse e delicate. I fatti parlano da soli, comunque: una “Hate And Heartache”, questa sera, avrebbe messo a tacere nel giro di due secondi metà dei gruppi che affollano la tanto strombazzata scena “post”-metal, proiettandoci contemporaneamente in un sogno da cui, in tutta onestà, non avremmo mai voluto svegliarci… e scusate se è poco.
EXHUMED
Selvaggio. Non sapremmo come altro descrivere lo spettacolo offerto dagli Exhumed questa sera! La band è in tour in Europa da mesi e questa è una delle ultime date prima del fatidico rientro a casa ma, nonostante tutto ciò, è salita ugualmente sul palco come se non ci fosse un domani, aggredendo i propri strumenti come una muta di cani inferociti ed incitando a più riprese il pubblico, visibilmente su di giri a causa delle troppe birre ingurgitate nel frattempo. I suoni a dirla tutta sono piuttosto grezzi e confusionari ma nessuno sembra farci troppo caso… anzi! Il pogo è tanto violento quanto immediato, con i fan più esaltati a schiantarsi contro le pareti o a scivolare sul pavimento appiccicaticcio del locale. Morti e feriti si sprecano, insomma, mentre sul palco Matt Harvey & Co. fanno il bello e il cattivo tempo, vomitando una setlist che attinge a piene mani dal loro vastissimo repertorio: dalle marcissime e grind-oriented “Torso” e “Casketkrusher”, alle maggiormente strutturate “Under The Knife” e “Through Cadaver Eyes”, ognuna delle uscite cardine del quartetto viene omaggiata con uno o più brani, per sommo gaudio di chi è cresciuto con la copertina di “Symphonies Of Sickness” tatuata sulla schiena. Harvey, nel frattempo, sbraita come fosse un invasato ed il neo-entrato al basso Rob Babcock non è da meno, sfoggiando un growling putridissimo e catarroso… come resistere ai Nostri in tutto questo? Molto semplice, non si può! Trascinata dal drumming scarnificante di Mike Hamilton (Deeds Of Flesh) e dalle pose da axe-man di Bad Burke, la devastante combriccola tiene il palco per circa sessanta minuti, smembrando e sfigurando, lacerando e tagliuzzando, in un delirio gore perfettamente sottolineato dalla storica “The Matter Of Splatter”. Apice della serata? Un gigantesco energumeno sbucato dal backstage ed agghindato di tutto punto con camice insanguinato, maschera da chirurgo e – badate bene – motosega fumante in mano, accolto tra le risate generali dei presenti. Alla fine parliamo degli Exhumed, gente che ha fatto del pus, delle frattaglie e di altre prelibatezze la propria ragione di vita… It’s only death metal!