Report a cura di Edoardo De Nardi
Non certo abituali frequentatori del nostro Paese, gli EyeHateGod passano anche dall’Italia e da Livorno per questa ed altre date del tour europeo che il gruppo americano sta sostenendo in questo periodo. Forti della recente uscita del valido “Eyehategod” e delle canzoni in esso contenute, i Nostri sembrano aver ritrovato lo smalto che ha caratterizzato da sempre la loro vecchia discografia, dispensando in un’ora abbondante vere e proprie lezioni di stile in ambito sludge/blues/doom, una miscela immonda e sporchissima da loro stessi creata e diffusa in tutto il mondo. Ad accompagnarli nella data odierna troviamo i soli Macerie, giovane e promettente compagine toscana che ha debitamente introdotto all’atmosfera degli headliner con la loro musica catatonica ed ombrosa. Una serata allettante a cui non abbiamo potuto mancare e di cui vi riportiamo un resoconto fedele nelle righe che seguono…
MACERIE
Il bill della serata prevede in scaletta solamente i Macerie in veste di opener, un ruolo scomodo ben ricoperto però dai quattro musicisti che ripropongono su palco gli estratti dell’omonimo lavoro rilasciato dalla band proprio in questi giorni. Nascoste da tonnellate di distorsioni ed effetti, sono comunque ben rintracciabili le coordinate principali dietro a cui gira il concetto musicale dei Macerie, rappresentate dal post-black soprattutto europeo di Downfall Of Gaia o Year Of No Light, da rapide sferzate punk-crust e da una staticità di fondo avvicinabile allo sludge più integerrimo e roccioso, dove il gruppo si prende tutto il tempo necessario per ammantare il locale di un’atmosfera plumbea e soffocante. Singolarmente, la chitarra si occupa della sezione “melodica” mentre un basso grave e pulsante aiuta la batteria nell’aumentare o diminuire di volta in volta la pressione del brano, per un risultato piuttosto dinamico, se calato nel contesto generale in cui ci troviamo. L’apporto vocale, forse a causa di un’acustica un po’ penalizzante in questo senso, non risulta particolarmente marcato, lasciando un po’ in secondo piano le ripetitive linee vocali che accompagnano la musica; comunque, preso nel complesso, il marasma sonoro proposto dai toscani risulta sicuramente ammaliante e coinvolgente, come sottolinea il continuo aumento di pubblico durante l’esibizione dei Nostri. Curiosi di approfondire meglio su album la conoscenza dei Macerie, rimaniamo per il momento colpiti dalla loro prestazione, capace di sfruttare al meglio la situazione offertagli e di presentare una mezz’ora di musica intensa e minacciosa al punto giusto.
EYEHATEGOD
Il tempo necessario al cambio palco, e gli EyeHateGod invadono il The Cage Theatre con i loro immancabili fischi a preannunciarne le slabbratissime e sudicie intenzioni. Cogliendo il momento di un rapido line-check per accordare gli strumenti direttamente on stage (!), i cinque redneck cercano da subito un contatto diretto con un pubblico invero un po’ freddino, che fatica a trovare il giusto feeling con la band, elemento necessario per godere appieno della vibrante energia trasmessa dalle loro canzoni in versione live. Ciononostante, i suoni sono da subito grassi e potenti e dopo poche battute lo spettacolo decolla rapidamente, grazie soprattutto ai riff oramai storici, perennemente in bilico tra la musicalità dei Black Sabbath, il blues dell’America sudista, da cui provengono orgogliosamente, ed un continuo senso di fastidio e disagio perfettamente accompagnato dai testi e dalle linee vocali di Mike William II, particolarmente cinico e bastardo stasera nei confronti della folla accorsa al concerto. Le chitarre della coppia Bower/Patton si muovono sicure tra i tantissimi cambi di tempo e di riff che presentano le composizioni, su cui si staglia il basso davvero terremotante nel suono e sinuoso nelle linee di Gary Mader, altro elemento ormai storico della formazione. La novità é rappresentata invece da Aaron Hill, chiamato nel ruolo di batterista in sostituzione del recentemente scomparso Joe LaCaze, e che riesce a non far rimpiangere affatto il suo importante predecessore: proprio Hill infatti risulta la principale forza trainante del gruppo, che infarcisce ogni beat con fill e passaggi di gusto e con una capacità impressionante di mantenere groove e “pacca” variando continuamente il tempo secondo lo sviluppo della canzone. I nuovi pezzi presentati stasera, già divenuti cavalli di battaglia per gli appassionati degli EyeHateGod, non sfigurano affatto accanto ai veri e propri inni al ‘Southern discomfort’ rilasciati dal gruppo sin dagli albori degli anni ‘90, dicendola lunga sulla qualità ancora perfettamente integra che i cinque sono riusciti a sprigionare sul nuovo album dopo diversi anni di instabilità in line-up e poca presenza sulle scene a causa di varie problematiche che hanno interessato tutta la band. Affiatati, strafottenti e sempre divertiti, basta un’oretta abbondante agli americani di New Orleans per rimettere al loro posto le innumerevoli realtà moderne che si sono ispirate più o meno esplicitamente alla loro formula e ribadire, se mai fosse necessario, la loro totale superiorità nel gestire con successo questo tipo di sonorità lerce, antimusicali ma riconoscibilissime e difficilmente imitabili con uguale trasporto. I Signori dello sludge sono passati in città stasera e le ferite che hanno lasciato sono ancora aperte e vive, così come il ricordo che manterremo nel tempo a proposito di questa insana ma appagante serata livornese.