L’underground è proprio duro a morire. Sì, probabilmente sembreranno le solite frasi fatte, ma se foste stati con noi al Fall Of Man 2023 avreste respirato un’aria decisamente stimolante: un’atmosfera di scambio, di scoperta e di entusiasmo. I grandi eventi hanno un loro fascino, ma i piccoli meeting dal sapore underground rimangono, secondo noi, la linfa vitale su cui si basa la nostra musica, intesa come genere ‘allargato’.
Avevamo già nel radar il piccolo festival tedesco per via della partecipazione alla scorsa edizione di band italiane come Burial e Nubivagant, e così quest’anno abbiamo deciso di tastare con mano, dirigendoci in quel di Monaco di Baviera per l’ennesima volta al Backstage, locale storico per la musica live metal e alternativa in generale. Il grande complesso, che ospita tre sale con palchi di dimensioni differenti, vede passare il grosso dei tour europei che si fermano in Baviera ed è da sempre sinonimo di qualità dei servizi e dei suoni. Molti italiani hanno iniziato a conoscerlo grazie al Dark Easter Metal Meeting, una due giorni a cavallo della Pasqua che nelle ultime edizioni ha visto una sempre maggiore partecipazione di pubblico dal nostro Paese.
Il Fall Of Man è nato nel 2017 e, con pausa dovuta alla pandemia, è giunto alla quinta edizione. La scelta delle line-up è sempre stata volutamente underground, ma con diversi nomi di grande valore che nel tempo hanno acquisito una certa rilevanza come Ultha, The Great Old Ones, Audn, Nekrovault, Dolch e Sun Worship: quindi, mai grossi nomi di richiamo con una pletora di supporter compendiosi, ma piccole e medie band con una proposta musicale definita.
Con un certo tipo di aspettative quindi a metà pomeriggio ci dirigiamo verso il locale dopo aver passato la giornata in giro per la città a negozi di dischi nuovi e usati, trovando ovviamente sempre qualcosa di buono da aggiungere alle nostre collezioni. Durante le ore di shopping tra l’altro, veniamo avvisati dai social del fest di una sostituzione: fuori i black metallers Kringa che vengono comunque rimpiazzati dai Baxaxaxa, altra formazione black metal tedesca di lungo corso che eravamo interessati a vedere.
Alle 17 in punto – come da programma – iniziano gli ZMYRNA, black metal band divisa fra Repubblica Ceca e Slovacchia. L’allestimento di palco è sinistro e misticheggiante con candele, luci rosse e parecchio fumo. I tre prendono posizione con i loro costumi da monaci e ben presto ci ritroviamo ad apprezzare il loro black metal che ha come riferimenti prima di tutto i Drudkh, ma anche Fluisteraars, Bilskirnir e Urfaust.
La resa complessiva è più che buona e le voci in scream si alternano ai puliti ben strutturati e medievaleggianti. Il tema del Medioevo è ben sfruttato dai nostri ed è un ottimo collante che unisce l’immagine con la musica e regala alle composizioni degli Zmyrna qualcosa in più. La loro esibizione scorre piacevole, forse un po’ monolitica, ma i nostri riescono realmente a ricreare atmosfere antiche ed esoteriche nella maniera migliore, nella mezz’ora a loro concessa.
Mentre il locale si va riempiendo progressivamente e fremono gli scambi e gli acquisti nell’area merch, in perfetto orario è ora tedeschi CNTMPT, gruppo con quasi quindici anni di carriera e tre dischi all’attivo più un EP.
Vengono ovviamente accolti da un certo calore, come quasi sempre succede per gli artisti tedeschi. La loro proposta è sempre black metal, ma più classico, affine alla tradizione degli anni Duemila e più di recente ai Mgla. I tempi delle canzoni non sono mai eccessivamente furibondi e quelli più rilassati rimangono i più importanti e in qualche modo narrativi, visto che sono le situazioni in cui le linee vocali emergono di più.
A differenza delle versioni da disco però, il cantato dal vivo mette molto più in risalto le parti pulite e ahinoi, queste non sempre sono a fuoco. Il singolo “Weißer Duft” estratto dal recente “Von unreiner Willkür” per esempio è risultato, nel complesso, abbastanza sgraziato rispetto alla versione da studio. Interessanti invece le aperture più atmosferiche, molto decadenti. Sostenute da buoni suoni, le prove dei singoli ci sono sembrate adeguate, ma ai Cntmpt per ora a nostro giudizio manca ancora qualcosa di personale per spiccare completamente.
Verso le 19 è il turno dei FYRNASK, il primo nome atteso dal pubblico, vista la buona accoglienza dell’ultimo “VII: Kenoma”, uscito per Ván Records nel 2021. La band, a metà tra Germania e Svizzera, si sta facendo notare per un black metal a metà tra ritualismo e natura e porta avanti un discorso affine a gruppi come The Ruins Of Beverast, Lunar Aurora, Akhlys o Negura Bunget.
Il loro show mantiene le aspettative: una bordata black metal dietro l’altra con un suono spessissimo ma sempre definito, valorizzato dalle voci di Fyrnd, a metà tra scream classico e urla infernali. Particolarmente azzeccati sono i tempi cadenzati, sulfurei e evocativi come ci era capitato di sentire, in passato, nelle esibizioni dal vivo delle band citate in precedenza, alcune di queste viste proprio su questo palco. I quaranta minuti a loro concessi passano molto velocemente e a fine esibizione, ci auguriamo già di rivederli in futuro. Certo, pure loro con le vesti con i cappucci, risultano visivamente un po’ inflazionati, ma con una proposta musicale del genere, possiamo benissimo passarci sopra.
I TABULA RASA sono un segno dei tempi. Gli austriaci, di Salisburgo, con il loro heavy metal/punk sporcato di black metal sono figli di una tradizione ben precisa, che discende dalle sperimentazioni e dalle virate stilistiche di Carpathian Forest e Darkthrone. Non vogliamo di certo scoprire l’acqua calda e sappiamo benissimo di non citare gruppi recenti (oltre al fatto che il punk ha più di qualcosa a che fare con il black metal, ormai è difficile negarlo), ma sono stati quei ‘momenti’ punk/hardcore a permettere che esistano band come i Tabula Rasa, che costruiscono ‘tutto’ il loro suono attorno a quell’idea.
Se volessimo fare un paragone, possono essere una versione marcissima dei Rope Sect o possono fare quello che i nostrani Whiskey Ritual stanno proponendo con un certo successo, anche se la componente ‘ultrà’ degli italiani è del tutto assente in favore di un songwriting molto più minimale, in perfetto bilanciamento tra punk, post-punk, heavy metal e ‘quel’ black metal che abbiamo citato in precedenza.
La resa dal vivo è carina, molto meno musicale che su disco ed è apprezzabilissima la tenuta di palco, il tentativo di coinvolgere il pubblico e l’attitudine nel complesso molto rock’n’roll. Non è propriamente il nostro genere, ma abbiamo apprezzato.
Sono quasi le 21, il locale è decisamente pieno (ma non eccessivamente) e la birra scorre a fiumi: il pubblico tedesco, che notoriamente ha bisogno di qualche aiutino alcolico per esprimere il proprio calore, ha creato un’atmosfera veramente degna di nota. Nonostante le barriere linguistiche, i bagni del locale diventano un meeting point in cui ci si scambiano pacche sulle spalle e complimenti per le relative t-shirt, ovviamente più underground possibile.
Un’onda di gelo e morte però sta per riversarsi sulla sala Halle del Backstage e sui suoi cinquecento paganti: è il momento dei FVNERALS, duo funeral doom con evidenti influenze drone, dark ambient e shoegaze. La band, originaria di Brighton ma non più residente in UK, è passata di recente anche dall’Italia a supporto di Emma Ruth Randle e quindi forse qualcuno di voi ha avuto modo di apprezzarli dal vivo.
Da parte nostra, quello a cui assistiamo è un meraviglioso spettacolo di funeral doom disperato musicalmente (Skepticism e Shape Of Despair a farla da padroni), dove però non ci guida un growl come nel caso dei finnici, ma la voce eterea di Tiffany Ström, a volte cantata a volte più recitata. Il mondo dei Fvnerals è nero pece (non a caso, la scelta di immagine è completamente in bianco e nero, dagli artwork, al merch ai social) e con il supporto di suoni cristallini e un lavoro sulle luci molto appropriato, i nostri riescono a raffreddare, almeno virtualmente, il Fall Of Man 2023.
Riconosciamo i punti di forti dell’ultimo “Let Earth Be Silent”, ma come spesso diciamo, musica come questa non si ferma a questo o quel pezzo ma è un’esperienza vera e propria. I Fvnerals regalano davvero esperienze.
Verso le 22 è ora dei BAXAXAXA, storico nome del black metal tedesco che pubblicò un demo – “Hellfire” – nel lontano 1992, attivo con una certa continuità come band dal 2017 e altro nome molto atteso nella serata. La line-up dei Baxaxaxa è per la maggior parte quella di un’altra realtà underground piuttosto nota, gli Ungod, a cui si aggiunge alla voce Traumatic, al secolo Patrick Kremer, padrone della Iron Bonehead.
Negli ultimi anni la band tedesca ha calcato palchi importanti, tra cui il Never Surrender Fest di Berlino e di recente il Prague Death Mass. Quello che ci aspettavamo era black metal classico nell’immagine e nella musica e possiamo dire di avere ottenuto esattamente ciò che volevamo. Anzi, la proposta dei Baxaxaxa si porta addirittura al black metal della prima ondata e abbondano i riferimenti a Celtic Frost, Hellhammer, Venom e Bathory, più che alle velocità furibonde a cui ci ha abituato la seconda ondata norvegese.
La voce di Traumatic è arcigna e sporca, quasi mai in vero scream e in generale l’impressione, sostenuta dai suoni, è che sul cadenzato la band tedesca abbia una propria dimensione. Gli estratti della scaletta che riconosciamo sono dai due recenti full-length “Catacomb Cult” e “De Vermis Mysteriis” e, a parte forse la mancanza di qualche sfuriata ferocissima a mescolare le carte, possiamo dire di aver respirato una buona ventata di old-school black metal.
A riprova del fatto che il Fall Of Man sia un evento pensato come underground e le logiche legate alle dimensioni e ai generi dei gruppi siano secondarie, la posizione da headliner è lasciata al progetto BEDOUIN TEMPLE, formazione decisamente particolare su cui è necessario spendere qualche parola a livello di biografia. La mente dietro al progetto è quella di Dennis Lamb, musicista statunitense attivo già nei primi anni Duemila con formazioni hardcore/metal di stampo straight edge. Nel tempo Dennis è diventato uno dei collaboratori di Albin Julius, leader dei Der Blutarsch e proprietario della label VKM, scomparso nel 2022. I Der Blutarsch sono stati un gruppo neofolk/martial industrial che nel tempo ha abbracciato una dimensione di psychedelic rock ed è esattamente questa la base per comprendere cosa i Bedouin Temple ci propongono.
Accompagnato da una formazione nutrita di musicisti sul palco, Dennis ci mette poco ad iniziare l’altro grande rituale della giornata, dopo quello dei Fvnerals, e il risultato è eccellente. C’è gran poco di metal in quanto tale in quello che i Bedouin Temple propongono e, a dir il vero, non tantissimo nemmeno in senso ampio.
Qui parliamo di Sleep, Popol Vuh e musica cosmica tedesca insieme a doom molto scarno e privo di riferimenti distorti; parliamo di voci doppie, in growl quelle di Dennis e le femminili di Marthynna; parliamo di pezzi da diciotto e da venti minuti ciascuno, di lunghissime parti atmosferiche e di paesaggi lisergici e sognanti. Parliamo perciò di musica completamente campata per aria da un punto di vista commerciale, ma allo stesso tempo (e meno male!) di una espressione artistica genuina e interessante.
Per concludere: se non ci sono già stati nelle lunghissime line-up degli ultimi anni con featuring e secret show, i Bedouin Temple sono materiale da Roadburn, situazione in cui potrebbero trovare la propria consacrazione.
Per quel che ci riguarda, averli visti chiudere un fest di sonorità black metal e funeral doom è stata una bellissima sorpresa, una di quelle che aiutano ad aprire la mente. Vedere fianco a fianco generi apparentemente diversi fra loro fa scattare molte riflessioni sul significato di musica underground.
Permettetecelo quindi: abbiamo bisogno di mentalità come quella degli organizzatori del Fall Of Man sempre di più anche dalle nostre parti. Poi si sa, ci vuole pure il pubblico, però da qualche parte dovremmo pur iniziare.