Articolo a cura di Andrea Raffaldini
Foto di Bianca Saviane
Per uno degli eventi più attesi di quest’anno, il ritorno in Italia dei Fates Warning, raggiungiamo in una fredda sera domenicale il Colony Club, pronti a metterci in prima fila. All’arrivo notiamo una scarsa presenza di pubblico, ma per fortuna l’afflusso aumenterà durante il trascorrere della serata. Nel momento d’inizio dello show, con i Master Experience già sul palco, alcune questioni prettamente burocratiche (leggasi organizzare l’intervista dal vivo con Jim Matheos, che leggerete su Metalitalia.com a breve) hanno ritardato il nostro ingresso, impedendoci di vedere gran parte dello show della band italiana. Imprevisti che purtroppo ogni tanto accadono…
MASTER EXPERIENCE
Come già anticipato, purtroppo il dover attendere alcune burocrazie organizzative con il management dei Fates Warning ci ha impedito di assistere a gran parte dello show degli italiani Master Experience. Arriviamo al palco quando i Nostri stanno iniziando il brano conclusivo dello spettacolo, un buon manifesto di musica rock progressive suonata in modo ineccepibile. Tecnicamente i Master Experience hanno dimostrato di saperci fare, avremmo davvero voluto più tempo a disposizione per gustarci il loro concerto dall’inizio alla fine.
DIVIDED MULTITUDE
La formazione norvegese appena sale sul palco comincia a picchiare. Rispetto ai Master Experience, i Divided Multitude puntano maggiormente sulla componente metal della loro musica. Il cantante Sindre Antonsen non nasconde la sua passione per Geoff Tate, intonando linee vocali che più di una volta, e nemmeno tanto velatamente, ricordano l’ex-ugola dei Queensryche. Anche in questo caso le spiccate abilità tecniche della band non tardano a venir fuori e risaltare; purtroppo lo stesso non si può sempre affermare per quanto riguarda il loro songwriting. I brani non riescono a decollare nemmeno dal vivo, tanto che anche i presenti non sembrano mai esaltarsi in modo palese di fronte ad una performance poco coinvolgente a livello di puro intrattenimento. Tanta tecnica andrebbe accompagnata con una miglior presenza scenica e capacità di intrattenere i presenti. Il rischio, di fronte a canzoni non troppo ispirate, è di finire alla lunga con l’annoiare. Sia chiaro, non è questo il caso dei Divided Multitude, che comunque devono migliorare il loro stare sul palco.
FATES WARNING
Quando Jim Matheos e compagni salgono sul palco, scoppia il boato. Ray Alder dà inizio alle danze con le potenti “One Thousand Fires” e “Life In Still Water”, la band appare in forma e molto carica, tanto che la sua energia viene sentita sulla pelle dei presenti. Il batterista Bobby Jarzombek non fa certo rimpiangere Mark Zonder, rivelandosi capace di squisiti tocchi di classe, gran gusto e, contemporaneamente, di esaltare al massimo la sua formazione prettamente heavy metal. “One” e “A Pleasant Shade Of Gray Part III” proseguono uno show di altissimo livello. Ray Alder dà il massimo per offrire un grande show, spingendo all’estremo la sua ugola. Per quanto l’interpretazione del cantante sia calda e convincente, gli anni scorrono inesorabili e l’estensione perde vigore, tanto che la mancanza di certe prodezze vocali viene mascherata in modo sapiente con tanto mestiere ed esperienza. Jim Matheos e Mike Abdow in coppia fanno scintille alle chitarre: se la classe del leader non si discute, il sostituto temporaneo di Frank Aresti ha svolto un ottimo lavoro rimanendo allo stesso tempo fermo al suo posto, come se non volesse mai rubare la scena ai veri protagonisti dello show. “I Am” e “Firefly”, tratte dall’ultimo “Darkness In A Different Light”, vengono accolte molto bene dall’audience, che canta e supporta i Fates Warning dalla prima all’ultima nota. Sono però i cavalli di battaglia a scatenare fuoco e fiamme (“A Pleasant Shade Of Grey”, parti VI e XI, “The Eleventh Hour”). Arriva purtroppo il momento dei saluti, ma gli americani hanno ancora un colpo nel caricatore pronto per essere sparato. Una grande versione di “Still Remains” congeda nel migliore dei modi una formazione che si conferma molto amata sul suolo italico. A fine concerto tutti i membri della band si concederanno per molto tempo al pubblico per firmare autografi, scattare qualche foto ricordo o più semplicemente scambiare quattro chiacchiere. Dei grandi!