Report a cura di Simone Vavalà
Sono due esibizioni per palati fini, quelle offerte in sera dal Legend Club. In apertura i veronesi Methodica, realtà ormai consolidata del progressive metal tricolore, mentre il piatto forte sono i Fates Warning, un nome che non richiede presentazioni e che torna dalle nostre parti dopo circa un anno dall’ultima calata. L’apprezzamento verso il combo americano, per quanto non con numeri da arene, è notoriamente forte, in Italia, e lo dimostra il pubblico assiepato fino a tardo orario per godere di un’esibizione di altissima qualità, sia dal punto di vista della scaletta scelta che della resa musicale. Ma andiamo con ordine…
METHODICA
Forti di un’esperienza ormai ventennale e di un’intensa attività live, che negli anni li ha portati a dividere il palco con realtà del livello di Marillion, Anathema e Dream Theater, i Methodica mostrano una consapevolezza e una padronanza degli strumenti non indifferenti. La loro proposta è un progressive metal quadrato e per così dire canonico, che strizza l’occhio parimenti alle suite della succitata band di Petrucci, soprattutto quando viene concesso spazio sotto i riflettori ai singoli componenti, che a proposte dal mood un po’ più classico – in particolare gli Spock’s Beard. Il lavoro dietro le pelli di Marco Piccoli costituisce la potente ossatura del loro sound, coadiuvato dalla chitarra a otto corde di Marco Chiscato, in grande spolvero nei momenti dediti allo shredding, e dalle tastiere che emergono spesso con forza, quest’ultime ad opera di Marco Baschera, il cui gusto molto vicino al John Lord più sperimentale regala momenti particolarmente intensi. Su tutto si staglia il cantato di Massimo Piubelli, le cui doti sono indiscusse, sebbene la tonalità molto impostata e melodica risulti, in certi passaggi, un po’ slegata dall’impatto strumentale, decisamente più elettrico. Circa tre quarti d’ora di esibizione per una manciata di brani elaborati e che sono comunque stati apprezzati, soprattutto dal pubblico più attento al lato tecnico.
FATES WARNING
L’esibizione dei Fates Warning è riassumibile in una sola parola: sontuosa. I quattro membri ufficiali della band, cui si aggiunge in sede live il giovane e spumeggiante chitarrista Mike Abdow, imbastiscono due ore e passa di musica in grado di toccare tutto lo spettro del metal più classico, dai passaggi strumentali più annichilenti alle melodie trascinanti, con uno scettro condiviso tra tutti i membri, quanto a perfezione di quanto suonato. La prima parte del concerto si concentra sugli estratti del recente “Theories Of Flight”, che il pubblico sembra aver fatto suo, vista la partecipazione. Jim Matheos, che per tutto il set svolgerà il ruolo del leader silente e serafico, inizia a inanellare i suoi ricami, lasciando molto spazio – anche negli assoli – al compagno di sei corde. Anche se, quando iniziano a prendere posto in scaletta i classici, il tocco ricercato di Jim si sente, eccome; ben quattro gli estratti da “Parallels”, che resta senza alcun dubbio uno dei lavori più amati della band americana; e quando vengono proposte tracce come “Life In Still Water” o “Point Of View”, tutto il pubblico canta con trasporto: per non dire del gran finale affidato ad “Eye To Eye”, loro vero e proprio cavallo di battaglia. Come da annuncio precedente, il cantante ricorda in una breve pausa che tutte le date di questo tour verranno registrate per la prossima pubblicazione di un album live – non sappiamo ancora se in formato cd o dvd – e non sarà un caso che vengano pescati brani pressoché da tutta la loro discografia, almeno dell’era Alder. Un cantante che mostra una forma strepitosa, alternando pezzi elaborati (ben due tracce provengono dal concept “A Pleasant Shade Of Gray”) ad altri più granitici, come l’acclamata “Pale Fire”. Ray Alder divide il ruolo di frontman, se così possiamo dire, con Joey Vera, un bassista che si conferma pazzesco dal vivo: dipinge trine sotterranee e apparentemente in secondo piano, passa a fare da protagonista in alcuni momenti, ma soprattutto completa una sezione ritmica che, con Bobby Jarzombek dietro le pelli, è a dir poco tellurica; e forse il plauso massimo va proprio a questo mostruoso batterista, instancabile e sempre ricercato. Le pause tra le canzoni sono brevissime, giusto il tempo di presentarle e incitare il pubblico, e anche quando – a mezzanotte e mezza passata – i Nostri salutano l’audience prima dei bis, il ritorno sul palco è nel giro di pochi minuti. “Through Different Eyes”, “Monument” e la già citata “Eye To Eye”in sequenza a ripercorrere i primi anni della ‘nuova’ formazione; che, a parte gli azzeccati aggiustamenti, ci accompagna ormai da trent’anni sempre a livelli strepitosi.
Setlist:
From The Rooftops
Life In Still Water
One
Pale Fire
A Pleasant Shade Of Gray, Part III
Seven Stars
SOS
Pieces Of Me
Firefly
The Light And Shade Of Things
Wish
Another Perfect Day
The Ivory Gate Of Dreams: IV. Quietus
Still Remains
A Pleasant Shade Of Gray, Part IX
The Ivory Gate Of Dreams: VII. Acquiescence
The Eleventh Hour
Point Of View
Through Different Eyes
Monument
Eye To Eye