Report a cura di Giuseppe Caterino
La leggenda narra di una drinking session troppo lunga degli organizzatori al Black Heart di Camden Town e culminata nell’ideazione di un festival dedicato unicamente al death metal finlandese in una venue di Londra nord. Non sappiamo se le cose siano andate effettivamente così, ma la notizia non poteva sfuggirci, e ci siamo imbarcati alle volte della Perfida Albione per saggiare con le nostre orecchie questo summit di gruppi storici di una scena inossidabile come quella finnica, qui in grande spolvero e con alcuni nomi da far gelare il sangue nelle vene. Il risultato è stato una due-giorni, più un pre-party non esclusivamente finnish e svoltosi in separata sede, che ha attirato un numero molto buono di metalkid inglesi e non solo, registrando addirittura un sold out per la giornata di sabato in un locale di dimensioni medie come il Garage. I promoter hanno giustamente mantenuto un profilo abbastanza basso, senza troppa grandeur, e tutto è filato liscio: band puntuali, suoni quasi sempre ottimali, musicisti che giravano tranquillamente tra il pubblico, una zona merch distaccata (al piano superiore del locale) e forse un po’ ristretta in termini di spazio, ma dove si sono consumati diversi affari, e possibilità di uscita a tutte le ore dal locale per rifiatare o rifocillarsi, grazie anche al supermercato a fianco che ha gestito orde di metallari affamati con una nonchalance encomiabile. Sebbene la maggioranza del pubblico fosse locale, non è venuto a mancare il classico miscuglio ‘globalizzato’ da concerto londinese, creando così una genuina atmosfera da festival a fianco di molta gente che, come noi, ha preso un aereo per andare ad assistere a questo massacro made in Finland: ecco com’è andata!
VENERDI’ 14/02/2020 – Pre-party, Nambucca, Holloway Road
Il Nambucca è un locale che non può non piacere ai metallari inglesi, col suo essere a tutti gli effetti un pub britannico con le sue spine e il suo pavimento scricchiolante, ma che ha dalla sua anche una zona live più che dignitosa: si registra sin da subito un certo fermento, tra facce note che si riconoscono, musicisti ai minuscoli banchetti in entrata e suoni gutturali provenienti dal soundcheck. Alle 21.30 precise, gli scozzesi SCORDATURA irrompono sul palco con il loro death brutale e pesante. Di fronte ad una circa cinquantina di presenti, che crescono man mano, la band si dimostra padrona del palco e di sé, con un’ottima selezione di brani dai due full-length finora editi e con battute del cantante sulla propria pronuncia scot. Inizio al fulmicotone e pubblico molto più consistente già a fine esibizione. Quando si presentano on stage i LIVE BURIAL infatti la sala è ormai gremita e, sebbene un po’ incerto all’inizio, il gruppo di Newcastle riesce a fare breccia nei timpani dei presenti. Il loro death non disdegna qualche escursione thrash, ricordando certo sound americano, con alcuni punti davvero esaltanti che fanno da contralto a momenti forse un po’ prolissi; tuttavia molta gente si dimostra fan dei ragazzi, che finiscono tra gli applausi un set che mette alla prova anche qualche brano dall’album di prossima uscita, “Unending Futility”. La qualità si alza in maniera tangibile quando iniziano i VIRCOLAC: un’atmosfera più ‘seriosa’ ed un approccio alla materia molto più professionale fa sì che il pubblico si immerga immediatamente nella proposta degli irlandesi, che pur con qualche problema tecnico (il basso ha smesso di funzionare al terzo brano, per poi ripartire) hanno tenuto in pugno l’audience con gran sfoggio di carisma e una proposta annichilente. Di sicuro lo show della serata, anche più di quello dei, a modo loro, leggendari FESTERDAY: infatti, sebbene i finlandesi fossero certamente il nome più atteso del pre-party e la loro performance sia stata a tutti gli effetti devastante, era anche il primissimo show col nuovo cantante, Mathias ‘Vreth’ Lillmåns (Finntroll, …And Oceans), il quale, pur con tutta la buona volontà, si è trovato a leggere i testi da dei fogli sul palco, facendo percepire, almeno in questa sede, la mancanza di un vero frontman. Tuttavia, sebbene non autrice dello show della vita, la band di Timo Kontio non ha fatto sconti: la prova è stata ignorante e spaccaossa, e il pubblico si è lanciato in un pogo violentissimo che ha coinvolto quasi metà locale. E se questo è solo l’inizio…
SABATO 15/02/2020 – The Garage, Highbury & Islington
Una fredda pioggerellina ci accoglie all’uscita della Tube, di fronte alla quale si staglia il The Garage, locale adibito ad altare per la celabrazione di questa due-giorni dedicata unicamente al death metal finlandese. Arriviamo pochi minuti prima delle 14.00 e registriamo una discreta fila all’ingresso, segno che anche le primissime band potranno godere di un’audience di livello dignitoso. E sebbene il locale sia piuttosto ampio e molte persone siano già stipate nella zona merch, così accade quando i CADAVERIC INCUBATOR attaccano gli strumenti alle casse, benché si respiri ancora quell’atmosfera da warm up tipica da inizio festival. Mezz’ora di death-grind per circa una decina di pezzi che sveglia l’audience e dà il benvenuto a chi sta facendo la fila, con pezzi fulminei e la band sul palco statica ma non impacciata, che si scambia una bottiglia di Jameson bevuta a canna dando mostra di una prova assolutamente energica. Il testimone passa, dopo un breve cambio palco, ai SOLOTHUS: luci rosse sul palco, atmosfera marziale e un quintetto pienamente a proprio agio nella messa in scena di un death doom estenuante, nella migliore delle accezioni, che pur nella sua gravosità riesce a mantenere alta l’attenzione. Questo primo concerto a Londra, nonché primissimo live del chitarrista Aleksi Luukka, in forza anche nei Sepulchral Curse, vede una band assolutamente implacabile e potente, che ad eccezione della opener, “Malignant Caress”, esegue solamente brani del prossimo album, che ben si preannuncia.
Una piccola pausa e una birra ci portano, con dieci minuti d’anticipo, all’ingresso dei LANTERN sul palco. Il duo si presenta in formazione live a cinque e porta immediatamente con sé una dose di violento death che non nasconde una propria attitudine black metal. L’approccio dei Lantern è forse quello più dinamico visto sinora, e la proposta risulta a modo suo snella nella sua durezza. In alcuni punti i musicisti sembrano un po’ impacciati, a dire il vero, non eccessivamente a proprio agio, tuttavia il repertorio è notevole e indiscutibile. I giochi cambiano con l’avvento dei KRYPTS on stage. Non sono nemmeno le cinque e mezza e il festival si tinge di nero, il pubblico è al suo picco e lo scarto qualitativo è tangibile: i Krypts erano probabilmente tra i nomi più attesi del bill e ricambiano con uno show inappuntabile. Riff catacombali e una prestazione imperterrita dei quattro portano lo standard qualitativo del festival al suo apice, sinora, e a giudicare dalle voci positive tra i presenti dopo il live sembra che nessuno possa fare alcun appunto alla band. Da vedere e rivedere quanto possibile.
Ci prepariamo psicologicamente al concerto dei CORPSESSED, di certo una delle formazioni più concrete mai viste in sede live. Per festeggiare il ritorno su di un palco londinese dopo ben cinque anni, i finnici decidono di riproporre brani dal primo EP, per la gioia del fronte palco, a questo punto un vero carnaio. Del resto il gruppo non fa nulla per fermare la mattanza: sembrano inviperiti e dimostrano quanto la propria energica proposta abbia pochi concorrenti in termini di sostanza e brutale efferatezza. Un bel contrasto rispetto ai SADISTIK FOREST, che salgono sul palco nel momento più sfortunato della giornata, visto che a questo punto una discreta parte degli spettatori è all’assalto del contiguo Waitrose per mangiare un panino e rifiatare. Peccato, perché si rivela uno dei concerti più divertenti della manifestazione: alla primissima esibizione in UK la band si gode il momento pur senza perdere un grammo in professionalità e costanza e, tra molta loquacità col pubblico e uno show che non nasconde una vena thrash, sia per attitutidine che per espressività, ci ritroviamo con una delle performance più apprezzate dai presenti. Sicurissimi e con un tiro pazzesco, chiudono con la cover dei canadesi Thor, “Throwing Cars At People (On Coke With Thor)”, che genera un pogo dissennato e molte facce doloranti ma sorridenti.
Si arriva ad uno dei picchi assoluti con i RIPPIKOULU. Siamo di fronte ad una band di culto per gli avventori: con una scaletta che riprende prevalentemente brani dai due primi demo, sembra che il pubblico sia qui solo per loro. La totalità dell’audience si lascia completamente ipnotizzare dal loro death influenzato da un doom becero e pestilenziale. I suoni sono marcissimi e vi è un senso di solennità che sembra aver abbracciato tutti i presenti, che si lasciano trasportare da una cinquantina di minuti di assoluta barbarie, facendo culminare lo show in un brano inedito e in uno spettacolo con i piedi ben saldi sulle radici dell’underground dei primi anni ’90. Irreprensibili.
La giornata volge al termine con un altro pezzo da Novanta. I DEMILICH possiedono anch’essi un’aura di culto e, ben sapendolo, giocano facile con le loro evoluzioni da lasciare a bocca aperta e una certa familiarità col dialogo col pubblico. Oltre che da “Nespithe”, viene proposta anche qualche chicca dall’epoca dei primi demo, e seppur con qualche piccolo problema alla chitarra la professionalità dell’ensemble ci permette di assistere ad uno spettacolo sopraffino e che non potrà mai ricevere troppe lodi. Consapevolezza e savoir faire fanno sì che alla fine del live non sembrino nemmeno passati i cinquanta minuti previsti dalla scaletta, ma è così. Si accendono le luci e si è fatta l’ora di andare a casa – o, come scopriremo rivedendo molte facce presenti anche sotto il palco, alla volta dei metalpub di Camden… – in attesa del secondo giorno del Finnfest.
DOMENICA 16/02/2020 – The Garage, Highbury & Islington
L’apertura delle porte è prevista con un’oretta di anticipo rispetto al giorno precedente, forse anche per la concomitanza della partita dell’Arsenal, che vede il suo stadio proprio dalle parti della venue. Troviamo ancora la pioggia a darci il benvenuto, mentre la fila praticamente inesistente rispetto al giorno prima ci permette di entrare direttamente senza attese. In generale, la giornata di domenica registrerà meno gente rispetto al sabato e le prime band avranno decisamente un pubblico più ‘underground’ ad accoglierle; la sensazione è che si siano sparate delle cartucce molto grosse in apertura, non bilanciando moltissimo il bill complessivo dell’evento, anche se alcuni dei nomi del secondo giorno hanno tutte le carte in regola per lasciare il segno. Non per niente quando i GALVANIZER salgono sul palco con la loro scarica di death essenziale e violento, non lontano da certe ascendenze grind, i pur non tantissimi presenti si dimostrano totalmente partecipi. Tra Carcass, Exhumed e reminiscenze vecchia scuola, riviviamo un’apertura di giornata non dissimile da quella avvenuta il giorno precedente, con uno show davvero potente e non privo di dinamica, finito con una canzone d’anticipo rispetto a quanto calcolato dai finlandesi. Ignoranza a palate, ma avercene!
Entriamo nelle file di un death più monocorde ed essenziale con i SEPULCHRAL CURSE, che dall’alto dei loro tre quarti d’ora di esibizione ben pensano di tagliare subito le gambe ai presenti con una dose spietata di metal primitivo e gutturale. La prova è più che gradevole, anche se francamente il gruppo non sembra ancora così maturo. Sono solo le tre del pomeriggio e necessitiamo già di un paio di birre fresche per riprenderci dalla prova monocromatica della band, quando dopo un breve giro al merch floor, oggi molto più gremito se non altro da molti in cerca di un posto dove sedersi e riposarsi (il sabato notte sembra aver mietuto più vittime del death metal!), già veniamo richiamati dalle prime avvisaglie dello show dei GOD DISEASE, che con diversi EP ed un full-length alle spalle, possono contare su di un repertorio notevole, e un discreto seguito, come dimostrano anche le magliette indossate da alcuni avventori. Lo spettacolo offerto consta di una discreta cinquantina di minuti di death doom pachidermico, che sembra effettivamente fare breccia nella folla. Tuttavia, nella sua versione live, la band non ci è sembrata estremamente a proprio agio: la sensazione é stata quella di qualcosa che mancava, come se ci fosse un ingranaggio che non girava a dovere, facendo perdere un po’ troppo spesso l’attenzione. Non siamo ancora su giri ottimali nemmeno coi CRAVEN IDOL, band inglese nel cui frontman scorre puro sangue finnico, dove il concerto dei death black metaller, con tanto di face painting, è oscurato per gran parte da un fischio degli strumenti che non ci permette di capire granché. Sembriamo tra i pochi a farci caso ma, anche quando ciò viene risolto, il suono sul palco risulta un pastone praticamente ad ogni lato della venue. Tuttavia i presenti, ancora non tantissimi, non sembrano dare importanza alla cosa. Succede più o meno lo stesso con i GOREPHILIA, quando nel pit sembra esservi totale abnegazione per lo show e invece, intorno, si crea più che altro un’atmosfera da pub, con molta gente intenta a girare o a bere e fare due chiacchiere urlate. Dal canto nostro, riteniamo che l’esibizione della band sia stata di livello altissimo, certamente sul piano tecnico, un po’ meno per quanto riguarda le sensazioni e l’effettiva alchimia col pubblico, per un live, paradossalmente, risultato un po’ incolore.
Tutt’altra storia quando i LIE IN RUINS entrano in gioco. Il primo grande show della giornata vede la band, di fatto in giro addirittura dal 1993, sullo scalino più alto della prima parte di questa domenica death metal. Suoni adeguati, padronanza del palco e un groove pazzesco fanno sì che lo standard qualitativo del festival torni in carreggiata, e sebbene il pubblico sia ancora un po’ intermittente, assistiamo a uno spettacolo di prim’ordine. Il gruppo sembra conscio del cambio di tono e va avanti come un carro armato per tutti gli otto brani proposti, culminando con – finalmente! – il primo colpo d’occhio soddisfacente anche per quanto riguarda gli spettatori.
Colpo d’occhio che i CONVULSE avranno modo di ammirare per tutto il loro energico set, vuoi anche per la fama cult della prima ora del death metal scandinavo che aleggia attorno al nome e al loro primo disco, “World Without God”, dal quale verranno estrapolati tutti i brani; non stupisce che il disco sia andato esaurito, al banchetto, già a metà del concerto. L’esibizione, del resto, conferma lo status del gruppo e il fatto che praticamente tutti i possessori di biglietto si siano trovati a fronte palco per questa band, che si dimostra in formissima e ben conscia dell’occasione di esaltare gli amanti dell’epoca d’oro del genere, la dice lunga. Un piccolo trionfo.
Restiamo addirittura nella stessa città finnica, Nokia, in attesa dell’ingresso sul palco dei PURTENANCE, altra formazione che pur con uno stop di diversi anni ha visto con occhi da protagonista la nascita del death metal nordico. La band è acclamata e senza indugi arriva sul palco decidendo di giocare sul sicuro. Solo due brani vengono estratti dai lavori più recenti, lasciando il resto del set al potentissimo “Member Of Immortal Damnation”, edito nel 1992. Vincono facile, i Purtenance, benché i suoni siano davvero pessimi, con un basso che non si capisce come faccia, in alcuni punti, a coprire così tanto il resto degli strumenti e con qualche momento francamente troppo caotico per essere voluto. Tuttavia l’amore è amore e quindi il pubblico li promuove a gran voce. La giornata è oramai arrivata al suo culmine, quando ecco la preparazione dell’organo alla sinistra del palco, le luci che si abbassano e il percepire del grave incedere degli SKEPTICISM sul palco del Finnfest. La pesantezza del doom funereo della band è tale da schiacciare ogni altra cosa, con vibrazioni che fanno tremare i nostri organi interni e una prova estremamente teatrale, con la ‘classica’ mise a smoking con papillon slacciato e rose bianche, dettagli che portano il tutto a un livello di decadentismo considerevole. La prova gode di volumi pazzeschi e di una presenza gigantesca di Matti Tilaeus, vero frontman a tutti gli effetti; peccato solo per il suono della chitarra, decisamente misero rispetto al resto. Molta gente ha lasciato il concerto a metà, forse per via dell’orario e della Tube londinese che chiude prima la domenica, ma noi riusciamo a godere di tutta l’esibizione senza perdere il nostro treno. I brani degli Skepticism sono annichilenti e romantici, e chi resta lo fa perché ipnotizzato dall’intensa performance cui si trova ad assistere, preso per mano dalla disperazione disegnata dai finlandesi. Ci tremano ancora i polsi una volta usciti dal locale e non possiamo che essere soddisfatti di questo festival, che a quanto vediamo dai social sembra volersi riproporre in futuro con una formula simile, ma dedicata alla Svezia la prossima volta. Forse un po’ più di accortezza nel posizionamento delle band potrebbe essere utile, ma non riusciamo a trovare molti altri appunti da fare all’organizzazione. Non possiamo infatti che rallegrarci per questo tipo di eventi, non troppo distanti da casa e ad un prezzo tutto sommato accettabile, attendendo con impazienza sviluppi su un nuovo revival di death metal scandinavo sul suolo della Regina per il 2021.