14/06/2018 - FIRENZE ROCKS 2018 – 1° giorno @ Visarno Arena - Firenze

Pubblicato il 24/06/2018 da

Report a cura di Edoardo De Nardi

Dopo un inizio roboante, l’anno scorso, con grandi nomi in cartellone ma ancora forse inadeguato da un punto di vista organizzativo, la seconda edizione del Firenze Rocks, ambientato nel parco delle Cascine del capoluogo toscano, aggiusta il tiro su diversi fronti, andando a costituirsi come una validissima proposta nel panorama dei festival italiani e non solo. Oltre che ad un sistema di sicurezza ed assistenza sicuramente potenziato rispetto alla prima edizione, la Visarno Arena offre quest’anno disponibilità particolari per donne incinte o persone diversamente abili, uniti ad ottimi sistemi di intrattenimento alternativi al concerto vero e proprio, come ad esempio l’Area Kids dell’evento, espressamente dedicata all’affidamento dei più piccoli durante i tempi morti della manifestazione: una cura, insomma, verso tutto ciò che gravita intorno allo show piacevolmente sorprendente. Quattro le giornate in programma, ognuna caratterizzata dal sound distintivo e particolare delle band leggendarie che vanno a concludere lo spettacolo principale: dal suono più melodico dei Foo Fighters al rock sanguinario ed antologico dei Guns’n’Roses, concludendo le due giornate finali con dei veri e propri mostri sacri dell’heavy metal mondiale: Iron Maiden per il sabato ed Ozzy Osbourne per la serata finale della domenica. Un’affluenza sempre abbondante ed un clima generale disteso e positivo, insieme a condizioni atmosferiche sempre favorevoli, hanno fatto di queste quattro giornate un trionfo del rock nelle sue varie sfaccettature, di cui andiamo a parlarvi più dettagliatamente di seguito…

 


MAMA’S ANTHEM

L’inizio assoluto dei concerti è affidato alle note introduttive particolarmente delicate dei Mama’s Anthem, formazione milanese che permette, durante la sua esibizione dal sound chiaro e cullante, di mettere a punto gli ultimi ritocchi all’imponente impianto audio che torreggia all’interno dell’ippodromo fiorentino. Più che nella musica rock, le radici della band affondano più decisamente nel background blues, soul e reggae che accompagna la prestazione calda e vibrante della brava frontwoman italiana, capace di trasmettere un bel senso di rilassatezza nei vocalizzi e nei messaggi delle sue canzoni. Aprire un evento del genere significa mettere in buon risalto il proprio nome, e considerata la presenza già numerosa di pubblico nell’arena fin dalle prime ore del pomeriggio, i Mama’s Anthem decidono di giocarsi bene questa possibilità con un concerto ben calibrato nei suoi pochi minuti di durata, dando vita ad una festosa atmosfera che coinvolge i presenti ed inaugura gli spettacoli della giornata col giusto entusiasmo generale.

FRANK CARTER & THE RATTLESNAKES
Il primo nome internazionale a calcare il palco di Firenze è quello composto da Frank Carter, vecchia conoscenza già nota per il suo operato nei Gallows, e la sua cricca, The Rattlesnakes, pronti ad incendiare il pubblico con impeto sfacciatamente hardcore. Musicalmente, sembra che la rabbia della prima band di Frank sia andata via via diluendosi verso lidi rock forzatamente orecchiabili, come dimostrano le linee vocali sempre pulite ed intonate del rosso frontman inglese ed i giri iper-semplificati delle chitarre; non si può certo considerare sopita, però, la sua attitudine punk nel totale controllo del pubblico durante la sua esibizione: pochi brani di riscaldamento e Carter è già pronto a scendere tra la gente per cantare in mezzo ad essa, incitarla, creare uno scompiglio casinista che non tarda effettivamente ad arrivare tra i più esagitati delle prime file. Sei pezzi, in conclusione, non sono molti per stabilire un contatto diretto con la gente, ma questo non sembra assolutamente interessare la band, che si concede senza riserve sotto il caldo sole che riverbera sopra e sotto il palco. Dall’inizio prorompente di “Juggernaut” fino al suono via via più danzereccio di “Lullaby”, si arriva rapidamente all’emblematica “I Hate You”, dedicata a tutti i nemici dei presenti e sigillo finale di una performance più fisica che altro, ma ben apprezzata da tutti e strafottente nel più genuino spirito rock.

WOLF ALICE
Il confusionario concerto dei Wolf Alice rappresenta un unicum bizzarro nel complesso delle esibizioni di questi giorni, visto che assistiamo a qualcosa di indefinito e sinceramente poco chiaro dall’inizio alla fine. Poggiando le proprie basi sulla voce variegata, sognante e vigorosa della propria ammiccante frontgirl, i Wolf Alice necessiterebbero di una resa sonora più che mai nitida per sorreggere le atmosfere psichedeliche ed eteree che sprigiona la musica della band, niente di più lontano dal marasma semi-noise che, pur affiorando spesso nelle composizioni in studio della band, sovrasta senza pietà qualsiasi cosa nella odierna giornata di Firenze. Afflitto da problemi ad amplificatori, chitarre e pedali, il giovane chitarrista della band finisce per brandire il proprio strumento quale vera e propria arma di disturbo, ammantando la prestazione di voce, basso e batteria di perenni suoni di sottofondo che, azzeccati qualche volta, finiscono alla lunga per infastidire. Stoicamente, la giovane cantante mantiene la calma e procede sicura anche nei passaggi più difficili delle sue canzoni, sorreggendo ritmicamente la musica con la sua seconda chitarra. Nonostante un disagio abbastanza palpabile causato primariamente dal chitarrista, i Wolf Alice portano a termine il loro spettacolo passando per il climax paradisiaco di “Don’t Delete The Kisses”, il post-grunge rabbioso di “Moaning Lisa Smile” ed il finale di “Giant Peach”, asso psichedelico di una band che avrà forse modo di riavere la sua rivincita con il pubblico italiano nei prossimi mesi a Milano: per adesso, i Wolf Alice rimangono un interessante esperimento da studio e poco più.

THE KILLS
Si cambia passo invece con la musica nervosa e destrutturata dei The Kills, duo internazionale parimenti bisognoso della presenza magnetica ed energica della bionda Alison Mosshart ed il piglio creativo instabile e vizioso del britannico Jamie Hince alla chitarra. Riff mininali, cambi tonali ridotti al minimo e beat ripetuti fino all’ossessione fanno dei The Kills una versione meno carina dei The Black Keys, andando come loro a lambire territori che spaziano dal simple rock delle origini, come “Heart Of A Dog”, fino agli arricchimenti blues ed indie di “Baby Says” e “Pots And Pans”, fulgidi esempi di rock sudicio e sudato, sui quali si esalta la chitarra sbilenca di Hince, capace di intrattenere da solo il pubblico con il suo stile particolare ma orecchiabile. La simbiosi tra i due è netta, percepibile, e scatena un’aura di sensuale complicità che ammalia i presenti, pronti a seguire i tempi della band in tutte le sue peripezie, non lesinando apprezzamenti ed applausi tra un pezzo e l’altro. La scelta di inserire una band così inusuale rispetto al tradizionale panorama rock di oggi, ancora saldamente ancorata alla sua radice ribelle ed indipendente, sottolinea la volontà di proporre alle grandi platee qualcosa di maggiormente ricercato e meno scontato, scelta coraggiosa in un contesto simile ma adeguatamente sorretta dal carattere ipnotico dei The Kills. Siamo in questo caso lontani da qualcosa di musicalmente complesso, ma non per questo il messaggio dei co-headliner arriva meno efficace alle orecchie del pubblico: si tratta infatti di una semplicità studiata, torbida, arricchita al suo interno da una grande conoscenza delle origini immortali del blues e del rock. Se questo aspetto emerge meno dai dischi del gruppo, esonda prorompente nelle loro esibizioni live, aggiungendo uno spessore significativo al messaggio inquieto della loro musica.

FOO FIGHTERS
In decine di migliaia, sulle prime ore della sera, hanno riempito la Visarno Arena, una moltitudine sterminata di fan e curiosi accorsi ad assistere a forse l’ultima grande rock band mainstream generata dal circuito musicale mondiale. Pur rappresentando il gruppo più ‘giovane’ tra i nomi coinvolti come headliner al Firenze Rocks, i Foo Fighters si sono costruiti negli anni una reputazione solida, stabile e costante che li ha proiettati direttamente al timone delle arena rock band del nuovo millennio sotto la guida dell’istrionico frontman Dave Grohl, assurto ormai a divinità Rock’n’Roll al pari di illustri colleghi del passato. Dal canto suo, il barbuto americano è ben conscio del ruolo che ricopre nell’immaginario collettivo di ormai milioni di ammiratori, e la cura, l’attenzione nel creare uno show con la S maiuscola, lontano dalla semplice riproposizione pedante di pezzi scritti anche vent’anni fa, quanto piuttosto il loro inserimento in una forma di intrattenimento più ampia, coinvolgente e vitale, rendono merito alla fama che è andata ormai cementandosi intorno al suo nome. Per mezzo dei Foo Fighters, ogni cosa ha trovato il suo posto, permettendo a Grohl di gestire la regia di un’esperienza musicale memorabile: c’è tempo per scaldare gli animi con “Run”, prima di un brusco ritorno ai tempi di “All My Life”, “Learn To Fly” e “The Pretender”, trittico dalle grandi emozioni per il pubblico che viene direttamente introdotto dentro lo spettacolo dai continui dialoghi instaurati con la band. Grohl sembra felice di suonare in Italia e chiede una partecipazione speciale per questa serata, che arriva entusiastica sulle note della nuova “The Sky Is A Neighborhood”, la malinconica “Rope” ed il successivo assolo alla batteria di Taylor Hawkins, scopertosi recentemente cantante dal timbro ben riconoscibile: è sua l’interpretazione di “Sunday Rain”, uno dei momenti più bluesy del nuovo album, accompagnato dal tocco fatato delle coriste presenti sul palco; così come la cover di “Under Pressure”, omaggio alla Regina che culmina nella shockante cover di “It’s So Easy”, eseguita direttamente con Axl Rose, Slash e Duff McKagan presenti coi loro strumenti sul palco. Il pubblico è in estasi e si continua a pestare dritto con “Monkey Wrench”, prima di passare alle canzoni più intime a nome “Wheels” e “Best Of You”, allungata in un finale senza coda in cui la fusione tra palco e platea è ormai indissolubile. A concerto ormai finito, c’è tempo per salutare un pubblico implorante con la scheggia old-school “This Is A Call” e l’intramontabile “Everlong”, culmine di una prestazione vissuta e trasmessa senza filtri dai Foo Fighters capace di dissetare in oltre due ore di musica la sete di rock di Firenze. La prima giornata quindi si conclude con i sorrisi stanchi e soddisfatti delle persone presenti, lasciando presagire, in base a quanto visto dalla loro rapida comparsata, degli ottimi auspici circa quello in serbo per la giornata successiva da parte dei Guns’n’Roses.

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