A cura di Edoardo De Nardi
Dopo le scorribande Ottantiane della settimana precedente, stavolta il Viper Theatre si tinge di scuro per l’ennesima serata targata Etrurian Legion Promotion, dedicata in questo caso ad un bel festival estremo capitanato da due pesi massimi del metal internazionale: i redivivi Cancer, per la prima volta in terra italiana, ed i belgi Enthroned, garanzia black metal da decenni, sono stati i nomi di punta di un bill comunque interessante e capace di radunare molti nomi da tenere d’occhio nel nostro underground italiano, escludendo ovviamente l’incendiaria prestazione degli svedesi Gehennah! La carne al fuoco insomma è stata molta, motivo per cui è bene iniziare da subito la descrizione di questa prima, vincente edizione del Florence Black Mass Festival…
FORCES
Quella dei Forces è una data storica: l’apertura del festival a loro affidata, infatti, rappresenta la prima data in assoluto che questi giovani thrasher hanno modo di affrontare, portando sul palco, in assoluta esclusiva, il loro speed/thrash venato di heavy metal del tutto reverente verso quello che avveniva in questo campo nei gloriosi anni ’80. La foga e l’entusiasmo dei ragazzi, con tutti i pro e i contro del caso, sono palpabili e tangibili: non è difficile infatti percepire l’emozione del terzetto prima e durante la performance, cosa che ha reso ancora più onesto e genuino il loro spettacolo. Certo, i suoni saranno un po’ impastati e poco definiti, il batterista talvolta rischia di perdersi nella tenuta del beat, ma quel che ci piace far passare è la grande passione che tre ragazzi poco più che quindicenni sanno mettere nella loro musica e trasmettere al pubblico; del resto, parliamo di metal grezzo ed istintivo. Soprattutto la prestazione del cantante-chitarrista A.G. Razor non ha niente da invidiare a molti colleghi ben più blasonati. Tanta attitudine e pezzi semplici ma trascinanti fanno insomma dei Forces un ottimo aperitivo alla serata, sperando che l’entusiasmo del terzetto non vada a scemare e rimanga costante nel tempo.
BARBARIAN
I Barbarian, fondamentalmente, seguono la stessa formula dei Forces, ma dimostrando sul palco gli anni di esperienza in più che i suoi componenti hanno accumulato con questo ed altri progetti. La semplicità nel riff, il passaggio ficcante e conciso, il basso “arraffone” e distorto: sono questi i cardini intorno al quale ruota la concezione della band, che pescando a piene mani dalle release fin’ora rilasciate, intrattiene l’audience con una buona mezz’ora di thrash imbastardito con lo speed, ora con qualche virata più arcigna vicina al black, ora con qualche incursione melodica di chiaro stampo maideniano; in ogni caso, con canzoni lontane da ogni velleità tecnica o particolarmente astrusa. Borys Crossburn, nella doppia veste di chitarrista e cantante, non è forse impeccabile alla sei corde, mentre più precisa e trascinante è la sezione ritmica affidata al basso di D.D. Prowler e alla batteria di Lore Steamroller, e nel complesso il tiro dei Barbarian è teso e “sul pezzo”. Poche chiacchiere tra un brano e l’altro ed un lodevole pragmatismo musicale fanno di questo secondo concerto un proseguo ideale per la serata, grazie anche ad un pubblico a cui piace sostenere l’operato di queste prime realtà di metal toscano viste fin qui.
NOIA
Il tempo di un rapido cambio palco e di cambio strumento per Lorenzo Bellia, che passa dalla batteria dei Barbarian alla chitarra e voce, ed il concerto dei Noia prende vita. I suoni, che fino ad ora sono andati migliorando nel corso delle esibizioni, raggiungono finalmente risultati soddisfacenti, permettendoci di assistere e godere pienamente dell’ennesimo schiaffo musicale in faccia che la formazione fiorentina ha in serbo per noi. Rispetto alle prime band, i Noia assumono infatti un tono irriverente e sguaiato che piace da subito, unito ad un songwriting fluido e stilisticamente indefinito, basato primariamente sull’operato dei vecchi Venom ma non disdegnoso di qualche tirata di velocità anche meno attempata. “Prefabricated Personalities” ne dà chiaro esempio, anche se sono i beffardi mid-tempo di “It’s Only Lust” e “Stay Away” a creare maggiore entusiasmo nel nascente pogo sotto palco. La voce di Lorenzo ‘gratta’ che è un piacere, si allunga in linee vocali strascicate o incalza nei momenti più concitati, supportata da un ottimo bassista e da canzoni che si lasciano apprezzare da sole nella loro gretta ignoranza e nel grande trasporto che riescono a comunicare, per una prestazione davvero sopra le righe.
DEATHROW
I Deathrow spezzano questa celebrazione del passato vissuta fino ad ora con il loro black metal caustico e maligno. Rispetto alle passate esibizioni, lo stile della band pare essersi sensibilmente modificato, abbandonando in parte l’ispirazione più raw-black in favore di atmosfere maggiormente lugubri e sofisticate, parzialmente in linea con la piega che un po’ tutto il black metal europeo sta assumendo ultimamente. Abbandonata la chitarra, il mastermind Thorns si dedica adesso solamente ad una teatrale performance vocale, alternata come al solito tra un scream più acido e delle parti in voce semi-pulita evocative e molto suggestive, accompagnato nelle sue scorribande dalla fida sei corde di Beast, sorta di alter-ego musicale del frontman e con lui in numerosi altri progetti, e dalla furia primigenia di Bornyhake, drummer svizzero che ha davvero rivoluzionato in positivo la resa live dei Deathrow, grazie ad un blastbeat preciso e serrato e una carica notevole nei momenti più scanzonati e concitati. Catatonici e spesso disorientanti, i pezzi dei Deathrow riescono perfettamente nella trasmissione di sensazioni negative ed angoscianti, aprendo in bellezza il versante dedicato alla Nera Fiamma, che vedrà in Forgotten Tomb ed Enthroned il suo naturale proseguo.
GEHENNAH
Prima però di tornare a calarsi nelle tenebre, c’è ancora il tempo per l’ultimo guizzo di revival metal, incarnato, ed anche abbondantemente visto la stazza del frontman, dagli svedesi Gehennah! Del resto, basta dare un rapido sguardo ai loro membri per capire la situazione: un corpulento cantante sulla via dell’alcolismo, un bassista lungocrino che pare uscito da un libretto dei Manowar, un batterista mega-metal ed un chitarrista probabilmente appena tornato da un raduno di freakettoni motociclisti: questi sono i Gehennah e sono pronti a spaccare il culo con il loro incendiario hard rock metallizzato ‘tutta pacca’ e poche chiacchiere. Razionalmente, ci troveremmo a parlare dell’ennesimo gruppo che ha fatto di Motorhead e Venom il suo pane quotidiano, tra tupa-tupa sentiti milioni di volte e testi inneggianti, come al solito, alla birra, al metal e alle risse, ma rimane innegabile che questi quattro ragazzoni sanno davvero dove mettere le mani nel reinterpretare questi paradigmi, dando vita alla performance più divertente e caciarona di tutta la serata. La simpatia che trasmettono è facilmente contagiosa e sin dalle prime battute i Gehennah si ritrovano circondati da pogo e teste scapoccianti che seguono incessanti il ritmo della musica: niente di meglio da chiedere per gli svedesi e per la loro musica senza pretese!
FORGOTTEN TOMB
Con un vero e proprio svarione stilistico, si passa dalla gioia ad alto tasso alcolico dei Gehennah alla disperazione fredda e composta dei Forgotten Tomb, nome italiano ormai ampiamente noto anche oltre i nostri confini nazionali. Come ormai risaputo, la musica dei Nostri sa essere straziante nei lentissimi tempi doom che assume, lancinante nei sofferti lead chitarristici che si ripetono e ritornano all’interno delle canzoni e da sempre estremamente elegante, grazie ad uno charme posseduto geneticamente dalla formazione emiliana. Anche stasera ci troviamo al cospetto, infatti, di una prova calcolata e ben studiata in tutte le sue parti, interpretata senza sbavature da tutti i membri della band e comprendente una retrospettiva piuttosto esauriente circa il materiale rilasciato dai Forgotten Tomb nei loro sedici anni di masochistica attività. C’è spazio per il passato più recente, come l’agghiacciante “Deprived”, così come per il materiale più datato, accorpato in un lungo medley finale, fino ad uno sguardo sul futuro rappresentato da “Hurt Yourself And The Ones You Love”, titletrack tratta dal nuovo album in uscita nei prossimi mesi. Chi da sempre apprezza la proposta dei Forgotten Tomb, avrà avuto modo anche stasera di assistere all’ennesima riprova del loro indubbio valore in campo doom/depressive, sebbene si tratti ormai di cosa assodata e riconosciuta.
ENTHRONED
Arriviamo quindi al momento più discusso e controverso dell’intero festival: l’esibizione dei belgi Enthroned. Nati nel 1993, i blackster nord-europei hanno incarnato per oltre un decennio l’ala più verace ed old school del black metal mondiale, con lavori entrati di diritto nella storia discografica di questo genere. In molti quindi, si attendevano stasera un lezione di black metal nuda e cruda, alla vecchia maniera e senza tutti quegli orpelli che caratterizzano oggi questo genere musicale: potete quindi immaginarvi lo sgomento di fronte ad una prestazione figlia di una band profondamente rinnovata, cambiata nei suoi tratti distintivi e irriconoscibile quindi per i vecchi fan. Oltre a prediligere la proposizione di gran parte di “Sovereigns”, ultimo lavoro pubblicato molto influenzato dal side-project di chitarrista e bassista a nome Emptiness, e poco apprezzato dal pubblico più datato, anche i vecchi brani vengono completamente stravolti secondo la nuova estetica musicale del combo, basata su voci estremamente filtrate ed effettate, chitarre evanescenti e poco presenti e persino un look da palco rivisitato, più sobrio e dal profilo basso. Oggettivamente, ci troviamo di fronte a dei professionisti del settore, abilissimi musicisti capaci di reggere il palco come pochi, ma la loro svolta stilistica deve aver causato più di qualche disagio nei suoi fruitori, che hanno stentato a riconoscere negli Enthroned di oggi la diabolica macchina da guerra che impersonificavano fino a qualche anno fa.
CANCER
Giunge finalmente il tanto atteso momento dei Cancer, formazione inglese che si esibisce per la prima volta in Italia nella sua carriera, iniziata nel lontano 1987. L’evento ha attirato un discreto numero di avventori, curiosi di gustarsi di persona le canzoni dei primi lavori della band, che hanno segnato il corso del death metal nei suoi primi anni di sviluppo. A differenza degli Enthroned, stavolta il pubblico non viene deluso, visto che i britannici propongono una scaletta costituita solamente da episodi appartenenti a “To The Gory End”, “Death Shall Rise” e “The Sins Of Mankind”, escludendo a priori altro materiale. Soprattutto il primo lavoro viene esplorato dai Cancer in quasi tutte le sue parti, passando da “Into The Acid” a “C.F.C.”, da “Die Die” a “Tasteless Incest”. Una scaletta perfetta, quindi, viene purtroppo macchiata da una prestazione ingolfata ed altalenante del terzetto, addirittura poco sicuro in alcune parti sui cambi di tempo e variazioni di riff all’interno delle canzoni. Chi conosce la discografia dei Cancer sa come i pezzi del gruppo vivano di luce propria, ed è infatti l’emozione del ricordo e la bellezza intrinseca delle composizioni a brillare, non certo coadiuvate però dall’esecuzione dei musicisti. Dopo anni di pausa ed un ritorno tanto pubblicizzato, ci aspettavamo un concerto impeccabile dagli inglesi, che ci concedono invece una performance “solo” sufficiente, ma salvata dalla calorosa accoglienza del Viper verso i loro beniamini di un tempo.
Si conclude quindi sulle note di Rob Coffinshaker, chitarrista dei Gehennah che inaspettatamente, a concerti finiti, imbraccia una chitarra acustica per una prestazione solista di roots blues americano tanto inattesa quanto emozionale e sentita, la prima edizione del Florence Black Mass Fest, riuscita sotto molti dei suoi aspetti, tanto a livello organizzativo quanto soprattutto nella qualità delle band e nella buona risposta di pubblico accorso alla venue prescelta. Si segnala inoltre il buon operato di Etrurian Legion Promotion a livello underground, che, andando palesemente in controtendenza rispetto ai trend del momento, cerca di mantenere in vita una scena estrema che mai come oggi sembra godere di una salute ed una prolificità da non sottovalutare.