29/05/2023 - GHOST + DEATH SS + LUCIFER @ Ippodromo San Siro - Milano

Pubblicato il 31/05/2023 da

Introduzione di Sara Sostini
Report di Giuseppe Caterino e Simone Vavalà
Foto di Riccardo Plata

Quando il Papa chiama, è difficile non rispondere – soprattutto se lo fa a suon di melodie talmente orecchiabili da stregare e ritornelloni da stadio, con la sua capacità da mattatore di folle a rendere il richiamo praticamente irresistibile.
Se poi, ad accompagnare quel mix unico di heavy metal, immaginari luciferini e dissacratori e canzoni catchy fatte apposta per le grandi arene, troviamo altre due band particolarmente in tema, gli ingredienti per una serata-evento per chi apprezza l’operato di Tobias Forge e affini ci sono tutti: dai Lucifer, formazione tedesco-svedese ‘benedetta’ alla nascita da Lee Dorrian e dedita ad un occult rock a leadership femminile, ai ‘nostri’ Death SS, oramai lanciati – insieme al loro heavy metal grandguignolesco a base di esoterismo, horror e erotismo sulfureo – verso la dimensione dei grandi palchi.
Nonostante siano passati quasi esattamente un anno fa al Forum di Milano (con dei numeri, in termini di pubblico, inferiori alle aspettative), la data dei Ghost all’interno del cartellone del Milano Summer Festival all’Ippodromo Snai di San Siro sembra essere stavolta l’evento che inaugura l’estate dei grandi concerti: baciate dal sole nonostante le previsioni incerte, migliaia di persone – molte, molte di più di quante ci aspettavamo, visti i numeri dell’anno scorso, appunto – si sono date appuntamento per assistere alle omelie ammalianti di papa Emeritus e dei suoi Nameless Ghouls nella marea, gioiosa ed eterogenea, dei concerti così grandi, in cui accanto ai più incalliti membri di vecchie guardie estreme troviamo adolescenti al primo concerto, famiglie con prole al seguito e comitive in pullman da tutta Italia.
Non sappiamo se ad aver fatto male i conti sia stata l’organizzazione della rassegna o se ci sia stato qualche tipo di problema logistico tra controlli e biglietti, ma la suddetta marea si è – ahinoi – accartocciata davanti all’unico ingresso aperto della location in un’immensa, sterminata fila che ben prima dell’apertura dei cancelli arrivava già a circondare buona parte del muro dell’ippodromo, impedendo di fatto a moltissimi spettatori di vedere l’esibizione dei gruppi d’apertura; tranne qualche caso (pure comprensibile) di palese fastidio, ci è sembrato che comunque l’attesa, la coda e la lentezza nel procedere prima e dopo i controlli siano state affrontate con una rassegnazione che però sembra non aver intaccato l’entusiasmo del concerto.
La stessa storia si è ripetuta in parte anche al termine dello show, con l’uscita intasata dalla stessa coda, ma in direzione opposta; questo, insieme ad un listino prezzi abbastanza salato, purtroppo diventato ‘normale’ in eventi di questo tipo, costituisce l’unica nota davvero negativa di una serata per il resto carica di buona musica e bei concerti, con la quasi totale assenza delle zanzare assassine di casa nei prati dell’ippodromo (almeno, dalla nostra posizione) a rinfrancare ulteriormente gli animi.

 

LUCIFER

Il sole è ancora lì a guardarci quando riusciamo ad arrivare nei pressi della zona palco, mentre i Lucifer sono già al secondo brano della loro scaletta di fronte ad un numero ancora piuttosto esiguo di spettatori: esiguo si intende per quella che sarà l’affollatissima serata, dato che comunque possiamo dire che il colpo d’occhio sul pubblico a quest’ora, non troppo dopo le 19, arriva fino a circa metà l’area concerti.
Uno dei motivi d’interesse per la band germano-svedese, almeno per chi scrive, è la presenza in formazione di Nicke Andersson, seminale figura del death metal svedese prima, e del garage/punk rock di stampo scandinavo, poi (e se non sapete in quali band ha militato questo signore, subito a studiare!), ma purtroppo non è presente, poichè impegnato con il tour dei The Hellacopters, nella prima tranche di date, tra cui appunto quella italiana, ed è stato sostituito dietro le pelli da Daniel Heaster.
La band capitanata dalla biondissima Johanna Sadonis – peraltro moglie del citato Andersson – sembra abbastanza a suo agio sul palco del Milano Summer Fest, ma avendo iniziato a suonare in ritardo rispetto alla tabella di marcia, si trova vittima dei tempi ristretti, e pare non raggiungere mai il proprio climax, facendo così suonare i circa trenta minuti dell’esibizione piuttosto moscetti.
I brani proposti, cinque in tutto, vengono estratti dagli ultimi tre lavori della band (incluso il singolo “A Coffin Has No Silver”), che trova la propria dimensione più in movenze tipiche da rock band ‘normale’ che non da reminiscenze occulte presenti nei primi due dischi, e alla fine il concerto scorre via piuttosto tranquillamente senza dare il tempo – a noi e a loro – di toccare chissà che vetta; un inizio di serata abbastanza inoffensivo ma non spiacevole, ma chi era presente (anche) per i Lucifer dovrà attendere altre occasioni per goderseli appieno. Sufficienza comunque raggiunta, ma ci prepariamo mentalmente ad addentrarci nell’orrore targato Death SS per tirare un po’ su i battiti cardiaci. (Giuseppe Caterino)

Setlist:
Intro – The Funeral Pyre
Ghosts
Crucifix (I Burn for You)
A Coffin Has No Silver
Wild Hearses
California Son

DEATH SS
Introdotti dal tema de “Il Presagio” e da un discreto boato di pubblico, i Death SS dimostrano subito che, per quanto il pubblico generalista possa conoscerli poco, di fan presenti, questa sera, ne hanno parecchi. E probabilmente, dopo i tre quarti d’ora di esibizione, almeno parte di chi tra i presenti non li ha mai ascoltati sarà stato incuriosito (o folgorato) da un pezzo di Storia dell’heavy metal.
La scaletta scelta è impeccabile, con pezzi estratti praticamente solo dai primissimi dischi, fatta eccezione per “Baron Samedi” e “Let The Sabbath Begin”: eccezioni comunque di altissimo profilo, dato che parliamo di due classici moderni, coinvolgenti e adrenalinici al pari delle varie “Horrible Eyes”, “Terror” e “Vampire” snocciolate nel resto dello show.
Nonostante un impianto scenico ovviamente ridotto all’osso rispetto a quanto vedremo sul palco per gli headliner, i cinque ci offrono un’esibizione quasi perfetta: la nuova sezione ritmica si conferma una macchina da guerra, con uno strepitoso Unam Talbot dietro le pelli e Demeter tellurico al basso, con anche una presenza scenica notevole. Ghulz Borroni fa il suo, forse è il chitarrista più tecnico mai avuto dai Death SS, anche se a volte ci sembra quasi spaventato nel dare un tocco in più, meno da ‘mestiere puro’, ma questo non inficia la prestazione. Freddy Delirio è ormai il perfetto contraltare di Steve Sylvester, che davvero non ci lascia dubbi: il patto con il diavolo è avvenuto, impossibile spiegare altrimenti le doti vocali inalterate – o forse anche migliorate – dopo quarantacinque anni, oltre al fisico di un trentenne.
Non mancano poi ovviamente i siparietti con le loro donne scarlatte, che trovano diverse occasioni per mostrare le loro grazie al pubblico, con un netto apice al momento di “Vampire”; la povera suora non è riuscita nemmeno a questo giro a scacciare la creatura della notte, che ha anzi preso possesso di lei mimando un coito sul palco (e via di boati!), seppur la grandezza di questo faccia talvolta perdere i dettagli, gestuali e di oggettistica, di momenti teatrali come questi.
Se mai fosse servita una conferma di dove affondano le radici dei Ghost e di come certi ‘vecchietti’ possano ancora surclassare anche i nuovi campioni, questo concerto ne è stato un esempio perfetto. (Simone Vavalà)

Setlist:
Intro – Ave Satani
Peace Of Mind
Cursed Mama
Horrible Eyes
Baphomet
Baron Samedi
Terror
Vampire
Let The Sabbath Begin
Heavy Demons

GHOST
Calano le tenebre e assieme ad esse un pietoso drappo bianco a coprire le volte gotiche in costruzione nelle scenografie di palco. L’atmosfera da ‘concerto grosso’ inizia a farsi sentire assieme ai canti gregoriani suonati dalle casse, che felicemente si fanno spazio tra le nostre orecchie; tra incitamenti indirizzati alla band e una palpabile eccitazione tra le file dell’ormai folto pubblico presente nell’ippodromo di San Siro, ci rendiamo conto di essere ad un concerto difficile da catalogare.
Metal, forse si, ma non del tutto, rock ma non solo, pop di sicuro, nel senso più letterale del termine, teatrale e a tratti cabarettistico, lo spettacolo proposto dai Ghost fa presa su di una mistura davvero variopinta di pubblico: dal metallaro esperto a ragazze dal piglio decisamente goth, dalle famigliole con bambini a normalissimi gruppi di amici, quando l’intro di “Imperium” lascia spazio all’attaco di “Kaisarion” tutti si uniscono a salmodiare le note di Papa Forge, in certi punti a volume persino più alto di quello espresso dal palco!
Palco che è un piacere per gli occhi, dove la band – ormai folta, contando due tastiere, due chitarre, basso, coriste – suona al cospetto di vetrate raffiguranti le gotiche gesta dei papi che hanno preceduto l’incarnazione di chi oggi è qui a intrattenerci. La narrazione teatrale è parte fondamentale della proposta dei Ghost, ma la formula vincente è stata probabilmente amalgamarla con la musica senza mai veramente prevalere di un valore sull’altro, e dunque ecco che si susseguono senza soste “Rats”, cantata da chiunque, e “Faith”.
Le prime impressioni sono ottime, sia per quanto riguarda i suoni, calibrati e che permettono di sentire ogni particolare suonato, sia per la prestazione sul palco: i Ghost si dimostrano dei professionisti, e ogni dettaglio, musicale e non, è curato maniacalmente. Ogni piccola inflessione presente su disco è riportata fedelmente senza risultare ‘finta’ (anzi, più di altre volte questa sera ci sembra che l’apporto dei cori sia stato messo, deliziosamente, in evidenza), e il lavoro dei musicisti mantiene per tutta la durata del live la stessa dignità scenica di Forge, comunque star e padre del progetto.
Gli episodi del concerto si alternano con un buon equilibrio tra quelli più ruffiani (“Spillways”), o dal sapore occult rock (“Call Me Little Sunshine”) ad altri più incentrati sulla prima ‘era’, “Ritual” e “Con Clavi Con Dio” o, ancora, “Mummy Dust” e “Hunter’s Moon”; ci sembra quasi che i brani vengano interpretati in maniera diversa a seconda del ‘mood’ espresso dalla canzone stessa (le canzoni più metal hanno suoni più pesanti delle altre, per dire). Dettagli, per l’appunto, che fanno grande uno show che prende in esame maggiormente “Impera” ma che non disdegna una capatina in tutti gli episodi targati Papa Emeritus, inclusa la cover di “Jesus He Knows Me” dei Genesis, dall’ultimo EP.
“He Is” o la cantatissima “Mary On A Cross” sono due facce della stessa medaglia, e così metallari intransigenti e il pubblico nella propria totalità si ritrovano a cantare tutti assieme una canzone come “Dance Macabre” esibita sotto lucine colorate, sintetizzatori cromatissimi da discoteca ottantiana e fuochi d’artificio; non ci sembra davvero un lavoro da poco aver raggiunto tale risultato in termini di coinvolgimento e presa sull’audience.
Il concerto va avanti nel suo incedere tra cambi d’abito, la tradizionale entrata del papa portato sul palco in teca di cristallo e lasciato esibire in un assolo di sassofono durante “Miasma”. La band gioca a non prendersi troppo sul serio a livello attitudinale, e quando alla fine rientra per l’encore, Tobias Forge sembra davvero un padre di famiglia che promette, con faticosa benevolenza, le ultime tre canzoni per accontentare le richieste della prole; ed è così che la serata volge, dopo quasi due ore, alla fine con tre brani piuttosto rappresentativi della deriva squisitamente pop-ular del progetto svedese, dove in un trionfo di suoni e luci (e una giacca di paillette azzurre) si arriva a “Kiss The Go-Goat”, la citata “Dance Macabre” e la finale “Square Hammer”, attesa dai presenti e suonata – a questo punto non è certamente più una sorpresa – in maniera ineccepibile.
Una pioggia di scintille cala sulla band, che tra inchini e saluti (con sempre un ringraziamento agli addetti ai lavori per la riuscita della serata) lascia il palco trionfalmente. La sensazione è quella di aver assistito all’esibizione di un gruppo probabilmente al suo apice (e i volti sorridenti attorno a noi ci sembrano conseguenza e testimonianza di ciò) e che al netto di un salto di livello notevole ha saputo evolvere senza snaturare il proprio nucleo essenziale, sicuramente commerciale, ma mai di cattivo gusto, paillette incluse; con buona pace di detrattori e di chi vive prendendosi troppo sul serio. (Giuseppe Caterino)

Setlist:
Intro – Imperium
Kaisarion
Rats
Faith
Spillways
Cirice
Hunter’s Moon
Jesus He Knows Me (Genesis cover)
Ritual
Call Me Little Sunshine
Con Clavi Con Dio
Watcher in the Sky
Year Zero
Spöksonat
He Is
Miasma
Mary on a Cross
Mummy Dust
Respite on the Spitalfields
Kiss the Go-Goat
Dance Macabre
Square Hammer

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