05/05/2022 - GHOST + UNCLE ACID AND THE DEADBEATS + TWIN TEMPLE @ Mediolanumforum - Assago (MI)

Pubblicato il 07/05/2022 da

Report di Sara Sostini
Foto di Matteo Musazzi

“Senza parole”. Questa frase, declinata con toni diversi, è stata ripetuta più volte nel corso del piovoso giovedì sera milanese di inizio maggio di cui a breve andiamo a raccontarvi: la prima, sulla via verso il Forum di Assago, sgranando improperi verso divinità assortite per la quantità di traffico inusuale (anche per il maltempo in corso) raggrumatosi nelle varie autostrade e tangenziali dell’hinterland milanese, che ci fa arrivare sulle ultime, insanguinate note del set dei Twin Temple; la loro miscela unica di satanismo, psychobilly, erotismo e rock’n’roll, unita alla presenza scenica dalle tinte neropurpuree dei due musicisti, è stata ancora una volta in grado di soggiogare gli spettatori, facendoci rodere ancora di più il fegato per l’occasione di vederli quasi persa. La seconda volta che viene pronunciata, con una sfumatura decisamente più sollevata, è una volta respirata l’atmosfera carica di entusiasmo ed attesa che aleggia sugli spalti e nel parterre del Forum: il concerto di stasera è il primo ‘grande’ evento della nostra musica preferita dopo tanti mesi, e decisamente lo stato d’animo sembra generalmente condiviso – sia per l’allentamento delle restrizioni sanitarie dovute alla pandemia che ha reso di nuovo possibile lo svolgimento di eventi con questi numeri (e non solo) in condizioni ‘quasi normali’, sia perchè la fame di musica dal vivo è aumentata esponenzialmente dopo un periodo di magra simile (negli addetti ai lavori, nei musicisti, nel pubblico). La terza volta, invece, articoliamo l’esclamazione a fine serata, dopo l’esibizione dei Ghost: Papa Emeritus, le sue varie incarnazioni e la congrega di Nameless Ghouls hanno regalato, ancora una volta, un’esibizione opulenta e intensissima. Che si passi dalla ricerca di canzoni catchy e orecchiabili dell’ultimo periodo a quelle più heavy metal di “Opus Eponymus”, la band svedese ha davvero pochi rivali sul palco, e stasera ha tutte le carte in regola per essere una serata speciale – complice anche il successo favorevole riscosso dall’ultimo “Impera” un po’ ovunque. Ma andiamo con ordine.

 

Dopo il tripudio gotico ed orgiastico dei TWIN TEMPLE, il palco si riveste di un set minimale (un semplice banner con il logo) e suoni spessi e pesanti come badilate. Gli UNCLE ACID AND THE DEADBEATS non si fanno scrupoli a tramortire il pubblico fin dalle primissime note di “Mt. Abraxas”: quel sound unico, sapientemente ottenuto mescolando la migliore tradizione del rock psichedelico, le allucinazioni degli anni Settanta (tra serial killer, peep show e sostanze psicotrope) e la pachidermica graniticità di certo stoner doom, risucchia via qualsiasi forma di lucida consapevolezza, facendo istantaneamente ondeggiare centinaia di teste sul ritmo languido e onirico imposto dalla sezione ritmica, in grado di regalare dal vivo un muro del suono deliziosamente devastante. E se “Mind Crawler” sacrifica anime e cervelli degli spettatori sull’altare di Black Sabbath e Electric Wizard, culminando nel finale in una spirale ancora più convulsa e cadenzata, “Shockwave City” (dall’ultimo “Wasteland”, oramai risalente a quattro anni fa) e “13 Candles” stregano con il proprio groove graffiante e polveroso intessuto dalle chitarre, in una splendida ode allo stoner più lisergico. Gli inglesi (guardacaso!) dimostrano un affiatamento ben rodato sul palco, costruendo riff dopo riff un concerto potente e coinvolgente, con la voce cantilenante di Kevin Starrs a prenderci per mano e condurci lungo le pieghe di nuove dimensioni allucinogene con il ghigno storto di un sinistro Stregatto. Pochissime pause in tre quarti d’ora scarsi di concerto, ma non ce ne accorgiamo nemmeno talmente l’attenzione è focalizzata sui suoni lerci e slabbrati che strisciano fuori dalle casse, sulla batteria collosa come pece, investendo l’ambiente con monolitica e compassata dedizione verso la causa dell’heavy metal votato alla stortura – spesso con tratti caprini – portata avanti dal profeta Tony Iommi e compagni. “Melody Lane”, con il suo refrain orecchiabile ed ossessivo, è l’ultimo trip di viaggio eccezionale, dai contorni granulosi e rètro, che in realtà non vediamo l’ora di rifare.
Dispiace quasi tornare coi piedi per terra, ma è necessario per tirare il fiato in vista del conclave più importante della serata.
Sulle ultime note di “Imperium” crolla il drappo bianco che aveva nascosto il palco, e inevitabilmente ci rendiamo conto che quello dei GHOST è qualcosa di più di un concerto: dalla cura con cui è stata allestita la scenografia, ritraente un’immaginaria vetrata da chiesa (con tanto di epigrafe, inclusa nello scenario, al “Papa Stronzissimo Emeritus”, giusto perchè si parlava di attenzione ai dettagli), alla funzionale genialità dei costumi alla ‘Tusken Raiders’ dei Nameless Ghouls, alla tenuta sonora, fino ai tempi dedicati a intermezzi, siparietti, piogge di coriandoli o effetti pirotecnici, tutto risulta abilmente congegnato e perfettamente oliato senza risultare patetico o eccessivamente buffonesco, per il piacere ed il divertimento di un pubblico tanto variegato (ma stasera dall’età media non bassissima) quanto affezionato. Un vaudeville sonoro e visivo, di cui l’artefice principale è il vero protagonista della serata: Tobias Forge risulta essere un intrattenitore brillante e arguto (ed in un forma smagliante a livello vocale), ma soprattutto capace di infondere un’energia sulfurea all’intera performance a prescindere dalle multiformi vesti indossate, che siano giacche di lustrini o gli abiti papali. Anche i musicisti e le musiciste nascosti dietro le maschere dei Ghouls non scompaiono sullo sfondo, ma risultano parte integrante dello show sotto ogni punto di vista, oltre a quello (ovviamente!) musicale, di livello ugualmente pregevole. La tripletta della nuovissima “Kaisarion”, seguita da “Rats” e “From The Pinnacle To The Pit”, è davvero da lasciare senza respiro, eppure in qualche modo il pubblico trova il fiato per cantare a gola spiegata (e con un fervore che oseremmo dire ‘religioso’, se ci passate l’involontario gioco di parole) “Mary On The Cross”, lato B di quel gioiellino di EP chiamato “Seven Inches Of Satanic Panic”, da cui ovviamente verrà suonata anche il diabolico gingle “Kiss The Go-Goat”, con tanto di rodolfovalentiniani baci soffiati verso il pubblico. Quattro brani estratti da altrettanti capitoli diversi della loro discografia, eppure i Ghost riescono a renderli tutti più pesanti, più aggressivi, più letali, pur mantenendo intatto quello strano incantesimo dorato che li rende facilmente memorizzabili e canticchiabili. Il tempo di un duello di assoli tra i due chitarristi – con intermezzo di “Funiculì Funicolà”, tanto per gradire – e arriva galoppando “Cirice”, col suo andamento epico e quasi cerimoniale, trascinandosi dietro una serie di momenti degli ultimi lavori, che seppur eseguiti senza alcuna sbavatura di sorta (“Spillways” è ancora più d’impatto dal vivo!) non rimangono certo relegati a livello di compitino, fino a “Call Me Litte Sunshine”, capace di sigillare l’incantesimo tra band e pubblico una volta per tutte con tutta la capacità di seduzione di Mefistofele, lasciando dietro di sè più di qualche tonsilla tra le prime file e una linea di basso grave e in primo piano per tutto il resto del concerto. Cambiano i vestiti, torna l’abito talare orlato di blasfemia (eppure abbiamo l’impressione che il personaggio di Papa Emeritus non sia più così fondamentale nell’immaginario del gruppo), torna la vena estrema che sappiamo esistere nella spina dorsale della band: solo due i brani scelti dalla prima fase di carriera, eppure sia “Year Zero” che “Ritual” mostrano come i Ghost non siano solo canzonette. E, ai più scettici, qualche minuto dopo verranno riservate una “Mummy Dust” terremotante, scurissima e dal refrain principale pesante come un macigno, resa ancora più muscolare dal vivo, insieme con la cover di “Enter Sandman”. Sarà la forza luciferina dell’inno “He Is”, sarà il fatto che chiunque sul palco sembra divertirsi davvero, ma scavallare l’ora di concerto senza quasi segni di affaticamento, in questo genere, non è da tutti, e non è ancora finita: la bellissima, strumentale “Miasma” deflagra quando sul palco viene portata e rianimata la ‘salma’ di Papa Nihil, giusto in tempo per l’assolo di sassofono suonato (suonato?) dallo stesso, redivivo, insieme agli altri in stile Cantina Band.
La doppietta finale ruggisce in tutto il Forum: “Dance Macabre” e “Square Hammer” non lasciano una persona ferma e permettono anche alla band di lasciarsi andare, arricchendo ancora di più l’irresistibile carica dei pezzi, perchè, come giustamente dice ringraziando l’istrionico frontman, è bello essere di nuovo on stage; particolarmente toccante è il suo discorso nel suo essere grato a chiunque abbia lavorato alla data e chiunque sia stato presente come pubblico nonostante le paure lasciate dall’ultimo, infernale periodo (e non in senso positivo, purtroppo); ci aveva raccontato qualche settimana fa in una nostra intervista quanto fosse difficile tornare in tour in un momento tumultuoso come quello presente, e stasera ci ha dimostrato l’importanza e la felicità di poterlo fare, di nuovo: è qualcosa che fa stringere il cuore.
Cala il sipario, la messa è finita, ma il pubblico è ben cosciente che non smetterà di canticchiare “Are you on the square? Are you on the level?” ancora per ore. I sorrisi e gli applausi, tanti e lunghi, sopra e sotto il palco, danno il polso del valore musicale, affettivo, lavorativo e artistico di una serata del genere.

Setlist Ghost:
Imperium
Kaisarion
Rats
From the Pinnacle to the Pit
Mary on a Cross
Devil Church
Cirice
Hunter’s Moon
Faith
Spillways
Ritual
Call Me Little Sunshine
Helvetesfönster
Year Zero
Spöksonat
He Is
Miasma
Mummy Dust
Kiss the Go-Goat

Enter Sandman (Metallica cover)
Dance Macabre
Square Hammer

 

TWIN TEMPLE

UNCLE ACID AND THE DEADBEATS

GHOST

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