Introduzione a cura di Marco Gallarati
Report a cura di Marco Gallarati, Matteo Cereda, Alessandro Corno ed Emilio Cortese
Foto a cura di Francesco Castaldo
La seconda giornata del Gods Of Metal 2009, dopo l’afa asfissiante del sabato interrotta solo dall’acquazzone piovuto durante i Queensryche, è stata all’insegna del caldo torrido e morboso, ideale per un bel weekend al mare, un po’ meno per assistere ad un festival outdoor impegnativo come il GOM di quest’anno, con due palchi e solo un quarto d’ora di pausa fra un’esibizione e l’altra. Il variopinto bill, nettamente più estremo, moderno e propriamente metal rispetto a quello del giorno prima, ha attirato una dose massiccia di fan fin dalle prime ore della mattinata: dai pittoreschi glamster della cricca Motley Crue, si è passati ai tanti giovanissimi accorsi in massa per gustarsi gli Slipknot, la formazione in maschera che, a nostro avviso giustamente, si è aggiudicata l’ultimo posto in scaletta. Co-headliner doverosi i Dream Theater, con la solita iper-tecnica messa in mostra, ma certo meno adatti dei Nove dell’Iowa per chiudere con un grande spettacolo questa edizione del festival. E non ce ne vogliano i loro fedelissimi supporter. Presenze di super-lusso sono state assicurate dalle grandi performance di Down, Carcass, Mastodon e, in parte, Blind Guardian, mentre la bella Tarja, pur essendo più adatta al running order di sabato, se l’è cavata grazie alla sua formidabile presenza scenica e alla formazione d’assi che l’hanno accompagnata. Attesi e non deludenti i Napalm Death, alla prima esibizione di sempre al Gods Of Metal, una lacuna che il nostro evento-manifesto doveva per forza colmare. Fuori posto i comunque ottimi Cynic, così come gli Static-X, mentre corroborante è stata la sveglia suonataci dai The Black Dahlia Murder, posti in apertura di una cavalcata di concerti che purtroppo ha visto mancare all’ultimo i veterani britannici Saxon, non arrivati per tempo al Brianteo.
Confermando gli odiosi problemucci organizzativi della prima giornata, va segnalata la grave pecca dell’esaurimento dell’acqua a metà pomeriggio, una nota stonata che deve fare riflettere: con 35 gradi di temperatura la scelta non può essere tra l’ubriacarsi o il morire di sete.
Permetteteci infine due paroline sul nostro stand, un’esperienza che ci ha lasciato soddisfatti in tutte le sue sfaccettature e che ci ha permesso ancora una volta di dare supporto ai nostri partner mediatici e discografici, oltre che ovviamente allargare, per quanto possibile, la popolarità di Metalitalia.com. Abbiamo avuto la possibilità di regalare moltitudini di materiale promozionale e premi dal valore aggiunto notevole, alcuni dei quali – pensate un po’ – non sono neanche stati ritirati dai vincitori dei rispettivi concorsi. Abbiamo poi ripetuto l’esperienza del report in diretta, già sperimentata all’Evolution Festival del 2008, un servizio non da poco di cui andiamo particolarmente fieri, frutto di un’organizzazione quasi professionale. Inoltre, per la prima volta nella nostra storia, abbiamo anche messo in vendita a prezzi veramente modici, giusto per rientrare nelle spese, le nostre magliette, i nostri cappellini e i nostri berretti di lana (utilissimi per queste fredde giornate…): ebbene, il responso è stato notevole e la T-shirt ‘I Love Metal’ si è già rivelata una piccola icona. Ci pare interessante segnalare, infine, l’acuto interesse mostrato da diversi di voi per i libri della Tsunami Edizioni, casa editrice che ci ha gentilmente messo a disposizione copie delle loro pubblicazioni, tutte di stampo hard-rock/heavy metal, per la sola consultazione. Ci è spiaciuto solo non poter venderveli, ragazzi! Si spera di rivedervi tutti l’anno prossimo, se ci sarà data una nuova chance di ‘standeggiare’, e nell’attesa vi invitiamo fra una settimana a Rossiglione, Genova, per il Metal Valley Open Air. Noi saremo là! Voi?
Nota: anche questi report, come quelli della prima giornata, sono la trasposizione integrale di quelli utilizzati per la diretta dal Brianteo.
THE BLACK DAHLIA MURDER
Partenza ancora più al fulmicotone per la seconda giornata di Gods Of Metal 2009: affluenza maggiorerispetto a sabato e colazione adrenalinica offertaci dagli scatenati The Black Dahlia Murder, grazie al loro death-black metal parossistico con inserti groovy e assoli hard-rockeggianti. Manciata di brani per gli americani, che sotto un Sole cocente hanno travoltodi furore e sudore un pubblico per niente assonnato. Un Trevor Strnad ripulito di barba e capelli, ma con la solita notevole ‘panza’, ha fatto scattare l’assalto metallico in auge quest’oggi. Ottimo inizio!
STATIC-X
Non sono certo gli Static X adaddormentare la giornata. Il loro nu metal, reso ancor più affilatodalle caratteristiche chitarre ultra compresse, crea notevolescompiglio sotto il palco e mantiene alta la tensione nella mezzora adisposizione. I suoni sono ben bilanciati e la band statunitensemostra una compattezza invidiabile, peraltro indispensabile perquesto tipo di sonorità. Una serie di brani diretti ed incisivipescati da tutta la discografia del gruppo, vengono eseguiti conprecisione e buona resa complessiva. A scatenare maggiormente ilpubblico sono tuttavia i brani del primo indimenticato debutto“Wisconsin Death Trip”, come “I’m With Stupid” e “Push It”,quest’ultima suonata in chiusura per la gioia dei già numerosipresenti.
CYNIC
Per i Cynic bisogna fare unaconsiderazione obbligatoria: vederli sotto un Sole bollente ad orariodi pranzo, dopo la frenesia degli Static-X e prima dei Napalm Death,non volge certo a loro favore. Il progressive-death metal moltopacato della band di Paul Masvidal ed il loro atteggiamento quasicatatonico ha un po’ frenato i bollori del pubblico, infervorandosolo i die-hard fan del gruppo. Niente da obiettare, come previsto,sulla qualità tecnica e professionale della performance dei Cynic,sempre perfetti ed in grado di emozionare anche con una proposta nondelle più facili. Ora corriamo a vedere i Napalm!
NAPALM DEATH
Ci pensano i ‘leaders not followers’Napalm Death a rianimare la platea abbrustolita dal caldo: inquaranta minuti la band di Barney Greenway e Shane Embury annienta ilpubblico con una prestazione al cardiopalmo, senza nessun compromessoe di una ferocia per i grind-corers di Birmingham praticamente abituale. Lemovenze di Greenway incarnano allo stato puro la musica inventatadalla formazione, schizoidi e tarantolate come al solito. Lospettacolo è andato in un crescendo di velocità, accorciando semprepiù i pezzi e riservando pure mazzate come “Enslavement ToObliteration” e “Scum”. Chiusura affidata alla cover dei DeadKennedys, “Nazi Punks Fuck Off”, e alla terremotante “Siege OfPower”. Paura e delirio a Monza!
MASTODON
Ilcaldo è veramente asfissiante in questo primo pomeriggio di Monza,tocca ai Mastodon cercare di far dimenticare chi si aspettava iSaxon. Apertura un po’ a singhiozzo con “Oblivion” dove le doppievoci sono un po’ incerte e il suono non proprio uniforme. Nelcomplesso siamo davanti a un quartetto abbastanza fermo sul palco,che pensa a suonare più che a fare spettacolo e incitare tutti,lasciando che sia la loro musica a parlare e suscitare entusiasmi.Decisamente meglio i pezzi dei precedenti lavori, specialmente quelloche ormai è il cavallo di battaglia della band, stiamo parlandodella terremotante “Blood And Thunder” che infiamma il pubblico.Molto bene anche “The Czar…” tratta da “Crack The Skye”,canzone ipnotica e trascinante nonostante la sua lunga durata.Qualche inconveniente tecnico tormenta le chitarre verso la finedello show, con il suono che va e viene, ma i nostri non si fannospaventare e terminano l’esibizione senza battere ciglio.
TARJA
Con puntualità la bella Tarja irrompe sul palco del Brianteo con ungrazioso body rosso in perfetta sintonia cromatica col microfono e conla scenografia alle sue spalle. La performance della cantantefinlandese è incentrata sul suo debutto solista “My Winterstorm” anchese non mancheranno accattivanti divagazioni. Le canzoni tratte daldisco solista sopraccitato per la verità non suscitano grandeentusiasmo nonostante l’ottima resa vocale di Tarja ed un esecuzionepressochè impeccabile della sua band composta da musicisti navigaticome Kiko Loureiro (Angra), alla chitarra, Doug Wimbish (LivingColour), al basso e Mike Terrana alla batteria, oltre a Max Lilja(Hevein) al violoncello. Ben altro responso suscitano invece le canzonitargate Nightwish. Vengono eseguite le famose “Wishmaster” e “Nemo” congrande trasporto della platea. Nella setlist Tarja comprende anche unaversione quantomeno discutibile della celebre cover di Alice Coooper“Poison” che dividerà i fan.
DOWN
Be’, rispettoall’esibizione di tre anni fa, sempre al Gods Of Metal, Phil Anselmoe i suoi Down sono stati praticamente impeccabili, considerandol’imprevedibilità del comportamento dell’ex leader dei Pantera onstage. Sornione, grottesco, provocante, ma perlomeno sobrio, Anselmoha giocherellato con la platea e con i suoi compagni di band come ungattone fa con un gomitolo di lana. Pesanti, densi e corposi come alsolito, i riffoni della musica dei Down sono andati giù che è unpiacere, tra una “New Orleans Is A Dying Whore” e una “Eyes OfThe South”. Momenti clou dell’esibizione della band southern sonostati la dedica di “Lifer” al compianto e ormai leggendarioDimebag Darrell e la conclusiva “Bury Me In Smoke”, che ha vistosalire sul palco i Mastodon a concludere la setlist dei Down. Dasegnalare il momento di poesia assoluta – o comicità involontaria,vedetela come volete! – nel quale Anselmo ha chiamato sul palcoFratello Prezzemol…ehm…Metallo per un abbraccio che entrerà nellastoria del Gods Of Metal e della satira religiosa. Amen.
BLIND GUARDIAN
C’è grande attesa sul parterre per i Blind Guardian, gruppo che in Italia vanta una fanbase assolutamente invidiabile. L’inizio è come di consueto affidato all’intro “War Of Wrath” a cui segue non “Into The Storm” bensì “Time Stands Still (At The Iron Hill)”.Chiunque in platea conosce il brano e ne intona i cori. Lo stesso non si può dire per “This Will Never End” e per gli altri pezzi del nuovo repertorio come “Turn The page” e la nuovissima “Sacred”, brano scritto per il videogame “Sacred 2”. L’incognita di un concerto dei Blind Guardian è sempre la prestazione di Hansi Kursch, che questa sera appare fortunatamente in forma (e con capelli corti) e tende ad abbassare meno del solito le parti più alte e impegnative. Quello che veramente non va è invece il suono, con qualche problema in spia per Hansi e soprattutto la ritmica di Marcus Siepen che non si sente (nel vero senso della parola), e viene coperta dalle evoluzioni soliste di Andrè Olbrich. E’ veramente un peccato perchè la resa ne risente parecchio e solo i brani più diretti e conosciuti quali “Valhalla”, “Goodbye My Friend” e “Traveller In Time” ne escono quasi indenni. La risposta del pubblico è comunque entusiastica e tocca il massimo con la tripletta finale “Imaginations From The Other Side”, “The Bard’s Song” e “Mirror Mirror”. Il set del bardi di Krefeld si chiude dunque tra gli applausi per una prestazione positiva e rovinata solo da un missaggio decisamente approssimativo.
SETLIST:
War Of Wrath
Time Stands Still (At The Iron Hill)
This Will Never End
Nightfall
Traveller In Time
Turn The Page
Sacred
Goodbye my Friend
Blood Tears
Valhalla
Imaginations From The Other Side
The bard’s Song
Mirror Mirror
CARCASS
Carcass, signori,mito del death-grind che si riconferma tale dopo una performanceassolutamente di alto livello e ben bilanciata tra vecchissimomateriale e pezzi più recenti (ovviamente non si riesce a parlare dinuova musica per la band inglese…): ‘my Italian does not exist, weare Carcass, we do not play progressive-rock’, queste le parole diJeff Walker dopo “Buried Dreams” per presentarsi ad un discretopubblico adorante, in parte già pronto per lo spettacolo dei DreamTheater a venire. L’album “Heartwork” è stato saccheggiato a piùnon posso dai Carcass, con l’esecuzione di “This Mortal Coil” e“Embodiment” una collegata all’altra a fare da picco dello show.“Reek Of Putrefaction”, “Symphonies Of Sickness”,“Necroticism: Descanting The Insalubrious” e anche “Swansong”non sono stati dimenticati, in un crescendo di pathos notevole,culminato con il commovente ingresso di Ken Owen, batteristaoriginale del gruppo, per un breve ma applauditissimo assolo alledrums. Nulla da rimproverare ai Carcass quindi, autori del concertomigliore del Gods Of Metal, almeno per chi scrive.
DREAM THEATER
I Dream Theater sfornano la consueta performance ricca di tecnica e aggressività alla quale siamo abituati. La band americana come sempre sfodera una prestazione priva di sbavature dal punto di vista tecnico, come dimostrano l’esecuzione di pezzi oltremodo complessi e dai connotati progressive come la strumentale “Erotomania”. Tuttavia il gruppo capitanato dal drummer Mike Portnoy regala anche una serie di canzoni più immediate e recenti che scaldano la numerosa platea. In tal senso di ottima presa risultano le riproposizioni di brani recenti quali “Costant Motion” e “A Rite Of Passage”, in grado di dimostrare la serata di grazia del singer James La Brie. La scarna scenografia viene compensata dall’efficiente impianto luci e da una resa sonora di livello, capace di valorizzare al meglio le prodezze del quintetto americano. Il pubblico risponde in maniera positiva all’esibizione dei Dream ed in particolare l’esecuzione di “Pull Me Under”, “Caught In A Web” e “Voices” scatenano l’entusiasmo prima del gran finale riservato all’immortale “Metropolis Pt.I” che chiude in grande stile un concerto pressochè impeccabile.
SLIPKNOT
Gran finale del Gods Of Metal 2009 affidato al gruppo-formicaio Slipknot, autori di una degnissima conclusione di un’edizione del festival più importante d’Italia che non ha deluso le attese, almeno dal punto di vista musicale. La band mascherata è partita in quarta con le sue atmosfere inquietanti ed il suo classico caos organizzato: “(Sic)”, “Wait And Bleed” e “Get This” hanno fomentato fin da subito una folla forse minore rispetto a quella presente per i Dream Theater. Le movenze, i balzi, le corse dei Nove indemoniati hanno tenuto banco per tutta la durata dello show, ben guidati da un Corey Taylor quasi mai in difficoltà e ormai sicurissimo delle sue capacità. “Before I Forget” e “Psycho-Social” hanno creato panico, mentre le postazioni percussive hanno ondeggiato come impazzite, una delle quali è salita, scesa e ha girato in continuazione. Super-finale con i bis affidati a “Surfacing” e “Spit It Out”, durante la quale il drumkit di Joey Jordison si è alzato, impennato di 90° e ripreso a girare. Pazzesco! Ultima nota da segnalare, perché proprio ci voleva: non sappiamo se sia stato voluto dalla band – ma pensiamo di sì – ma l’ultimissimo brano a risuonare fra gli spalti del Brianteo è stato “Beat It” di Michael Jackson. Tributo di buon gusto.Grazie per averci seguito durante questa estenuante diretta. Qui stadio a voi studio!