10/04/2015 - GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR + CARLA BOZULICH @ Live Music Club - Trezzo Sull'Adda (MI)

Pubblicato il 16/04/2015 da

Report a cura di Davide Romagnoli

Presentato da poco il nuovo lavoro “Asunder, Sweet And Other Distress”, la super-formazione di Montreal torna in Italia ad infondere le sue digressioni post-rock atmosferiche e da camera, accompagnata questa volta da una compagna d’eccezione come Carla Bozulich. Tre chitarre, due bassi, batteria, percussioni, violino, tape loop intonarumori al centro, proiezioni sullo sfondo, raggruppamento a cerchio per quell’atmosfera caratteristica che ormai il monicker Godspeed You! Black Emperor suggella come una bolla papale per un sodalizio tra sacerdoti e fedeli!

 

GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR - Live Club - 2015

 

CARLA BOZULICH

Cantautrice, giornalista, letterata tout-court: l’affascinante newyorkese, poi californiana ed infine trapiantata in Canada, regala ai presenti una buona mezzora di piacevole folk cantautorale dotato di elementi alternative, goth, tanto pop quanto sperimentali, tratti soprattutto dall’ultimo album “Boy” (sempre per Constellation), mezzora che dona un piacevole antipasto al main act di questa serata. La setlist suonata, però, lascia poco spazio all’espressionismo à la Diamanda Galas e Lydia Lunch che aveva contraddistinto alcuni dei suoi istinti tipicamente anni Novanta, in favore di un approccio più affabile e diretto, vista anche la situazione di support act. Poco dopo i due brani eseguiti come duo, con il chitarrista Adrián De Alfonso Prieto-Puga come accompagnatore in questo tour di supporto ai suoi compagni canadesi, sono proprio due di questi ultimi a salire sul palco e ad accompagnare i canti della Bozulich per una manciata di minuti di grande musica di impatto live, per poi tornare al cantautorato rumoristico e minimale della produzione principale. Dal Greenweech Village al Sunset Strip, all’atmosfera letteraria di Montreal, toccando le sue varie esperienze e il suo debutto a nome Evangelista, coi Geraldine Fibbers e Ethyl Meatplow tra le numerose partecipazioni, l’art-rock della Bozulich entra nelle vene degli ascoltatori, lieve e tenue come una carezza. Una Nick Cave al femminile, capace di entusiasmare pacatamente e a livello sciamanico i presenti, senza particolari moti d’anima o fisici, ma pur sempre significativi per un’artista eclettica e sperimentale, di cui si può sempre parlare con un occhio di riguardo.

 

GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR

Descrivere un concerto dei Godspeed You! Black Emperor è un compito più di carattere empatico che di carattere critico. Indubbiamente quando si incontra su un palco un concept musicale come questo vengono meno i concetti di scaletta e contingenze varie, in favore di un rapporto più caratteristicamente emotivo che si instaura con ciò che avviene on stage. E il dicotomico “mi piace/non mi piace” viene un po’ a perdere il suo senso in questo discorso; dovrebbe essere più che altro un “mi dà qualcosa/mi lascia indifferente”. Ed è quindi nel rapporto con ognuno (certamente qui più che in altre situazioni di musica live) che il concept proposto dai Godspeed You! Black Emperor gioca la sua significanza assoluta. Il concerto scorre come un unico grande brano da camera, composto da movimenti che riprendono momenti della discografia della band, in questo senso fondamentalmente estrapolati dalla post-reunion di pochi anni fa, con “Hallelujah! Don’t Bend! Ascend!”, ed arrivano a toccare l’intero ultimo lavoro “Asunder, Sweet And Other Distress”, intervallando, nella prima metà della scaletta, alcune composizioni non (ancora) incise. La seconda metà del concerto è tutta dedicata infatti alla rivisitazione e riproposizione dell’ultimo lavoro dei canadesi, uscito da poche settimane. Di questo grande finale viene sicuramente mozzato il cuore rumoristico e oscuro in favore di una resa più d’effetto live, e vengono quindi eliminati quei momenti di rumore pulsante che sono “Lamb’s Breath” e “Asunder, Sweet”, concentrati invece in un passaggio molto più conciso e concreto, prima della conclusiva e liberatoria “Piss Crowns Are Trebled”, che però sembra quasi risultare affrettata e in parte dogmatica, obbligata, resa necessaria e asciutta. Il contatto con il pubblico è quindi un prodotto che la formazione di Montreal ha imparato indubbiamente a conoscere e fare proprio ed è difficile scinderlo da questa prerogativa. Un concerto dei GY!BE è sempre una sicurezza a livello di comunicazione musicale, ma tutto sommato questo rischia -una volta che li si è goduti per più volte- di diventare uno standard. Un ottimo standard, sicuramente. Ma un blocco si frappone dal dichiarare con veemenza che l’anima di questa musica trascenda il suo essere fatta sul palco ed arrivare nei cuori della gente che guarda le scene in bianco e nero stagliarsi sullo sfondo, dietro la freddezza e precisione degli otto componenti di una delle formazioni più intriganti -e per questo soggette a grande attenzione- degli ultimi anni. Bisogna sentire il silenzio, il rumore, il cuore concreto stockhauseniano, bisognerebbe sentire che tutto questo sia vero, come il catrame e le gru che affondano le loro radici nel pattume che viene proiettato nei teli di sfondo. Bisogna sentire l’anima che la musica dei canadesi ha infuso nelle sue composizioni. I fan chiedono molto, certo. Ma quella scritta “Hope”, così caratteristica delle esibizioni GY!BE, deve essere dotata di quella stessa anima che li ha resi grandi come artisti e non solo musicisti di spessore. Su quello nessuno ha mai avuto dubbi.

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