La calata europea dei Gorguts sorprende tanto quanto esalta, soprattutto alla luce della serie di cancellazioni avvenute lo scorso anno; forfait solo in parte compensati dall’esibizione all’ultimo Neurotic Deathfest olandese. Il nuovo, pluri-annunciato, album della band di origine canadese è ancora avvolto nel mistero, così come i piani del leader Luc Lemay, che di certo non si è prodigato nel far chiarezza sullo stato del gruppo negli ultimi due anni (rimanete però sintonizzati per un’intervista con il Nostro, a breve su Metalitalia.com!). Resta comunque il fatto che ora i Gorguts sono qui e che finalmente un buon numero di death metaller europei ha la possibilità di (ri)vederli su un palco. L’ultimo vero tour nel Vecchio Continente dei Nostri risale infatti al lontanissimo 1993 e si dà quindi per scontato che larga parte dei potenziali avventori degli show non abbia mai avuto modo di vedere all’opera questi death metaller on stage. Per chi scrive, quella del 13 agosto a Londra è di certo un’altra serata da ricordare, anche e soprattutto perchè i Gorguts sono stati il primo motivo per cui, nel 2010, il sottoscritto volò al Maryland Deathfest negli USA. La data londinese del tour non è però stata adeguatamente pubblicizzata, tanto che il già piccolo Underworld viene aperto solo per metà e l’affluenza, anche durante gli headliner, si rivela solo decorosa…
OBLIVIONIZED
Le danze vengono aperte dagli Oblivionized, combo britannico molto giovane, autore di un grindcore-death metal piuttosto tecnico che pare rifarsi a gente come Discordance Axis, primi The Red Chord e Leng Tch’e. Buona la presenza scenica dei ragazzi, che, nonostante dei suoni un po’ impastati, propongono una manciata di tracce che appaiono tutto sommato ben studiate e sufficientemente concrete. Ciò che mortifica in larga parte una altrimenti discreta performance, è la prova del frontman, assolutamente svociato e poco consono a un sound tanto dinamico e furente. Che cambino screamer al più presto.
DAM
Si sale di livello con i DAM, realtà con una certa esperienza alle spalle e un contratto con Candlelight Records. I Nostri propongono un techno-death piuttosto arzigogolato, che, per forza di cose, fatica un po’ a coinvolgere coloro che non possiedono familiarità con il repertorio. Una presenza scenica limitata non agevola il compito dei ragazzi, che, alla fine dei conti, si ritrovano a suonare quasi soltanto per coloro che sono già loro fan. Il gruppo, in ogni caso, non demerita troppo, rendendosi protragonista di una prova onesta e tutto sommato professionale. Probabilmente una formazione maggiormente diretta e “ignorante” avrebbe funzionato meglio in veste di opener, ma siamo certi che tra i fan dei Gorguts vi sarà stato almeno qualcuno che avrà colto le intenzioni dei DAM.
GORGUTS
I Gorguts fortunatamente non si fanno attendere troppo: il soundcheck è stato curato nei dettagli già nel pomeriggio, quindi si tratta solo di controllare che tutto sia in ordine prima di dare fuoco alle polveri. Lemay è visibilmente “in palla” e non vede l’ora di esibirsi, così come i suoi compagni. Notiamo che alla batteria siede Patrice Hamelin (Quo Vadis, Martyr) anzichè John Longstreth, il quale deve essere probabilmente impegnato da qualche parte con i suoi Origin. Poco male, comunque… il rimpiazzo è all’altezza e ciò si nota già a partire dall’opener “From Wisdom To Hate”, suonata con impeccabile maestria da tutta la lineup. Come già appurato un paio di anni fa al MDF, il growling di Lemay sta reggendo bene il passare del tempo; inoltre, non si può che condividere la scelta di reclutare Colin Marston (Krallice, Dysrhytmia) al basso e Kevin Hufnagel (anch’egli Dysrhytmia) alla seconda chitarra: il primo è dotato di un’ottima presenza scenica, mentre il secondo è virtuoso ma tutt’altro che eccessivo, perfetto per sostenere Lemay senza che i due si “pestino i piedi”. La setlist è tutto sommato quella del tour statunitense del 2010, con ampio spazio alle release più sperimentali del gruppo (“Obscura” e “From Wisdom To Hate”) e qualche graditissimo estratto dal periodo prettamente death metal, con “Orphans Of Sickness” a fare la parte del leone in questo caso. Questa sera trova inoltre spazio un inedito estratto dal disco di prossima (?) uscita, che, proprio come al MDF, ci è parso prendere le mosse dallo stile di “From Wisdom…”; immaginatevi quindi un death metal assai contorto e “avantgarde”, in cui padroneggiano quelle impennate di tecnica e quelle dissonanze che negli ultimi tempi sono state saccheggiate da gente come Ulcerate e compagnia sghemba. Resta comunque tangibile una certa “forma canzone”, retaggio del background “novantiano” di Lemay, il quale, almeno giudicando dai pochi indizi sinora svelati, pare voglia mantenere “Obscura” come capitolo di massima sperimentazione nella propria discografia. Tornando allo show, il quartetto rimane sul palco un’ora scarsa, intrettatenendo le circa duecento persone presenti con una bella serie di hit che, come accennato, vanno a toccare tutte le fasi del repertorio Gorguts: dalle paranoie di “Nostalgia” al puro sound da headbanging di “Stiff And Cold”. Lemay suona col sorriso sulle labbra e ringrazia più volte la piccola folla, così come i suoi soci; anche se in questo campo i cosiddetti “animali da palco” sono senz’altro altri, la performance finisce per prendere una piega molto energica, che porta gli astanti a pogare e a dimenarsi anche nei tratti più soffocanti e cervellotici. D’altra parte, il fatto di trovarsi di fronte a una band che in circa vent’anni si è fatta vedere dal vivo solamente una manciata di volte è appunto un motivo di esaltazione non da poco: anche se le trame musicali proposte sono particolarmente contorte, il desiderio di partecipare allo show e di scagliarsi addosso a coloro che ti stanno accanto fra i fan è tanto, cosa che infine sfocia in un vero e proprio pogo sulle note della conclusiva “The Erosion Of Sanity”. Poco da appuntare ai Gorguts questa sera: performance coinvolgente, sentita e curata sotto ogni punto di vista. Speriamo non si tratti dell’ennesima parentesi in un mare di silenzi!