Report a cura di Davide Savaris
Foto di Bianca Saviane
Una data che merita attenzione, una combinazione di band che, pur saldamente legate ad un comune denominatore di genere, offrono prospettive ed interpretazioni diverse a partire dalla distribuzione temporale della loro estrazione storica e dagli influssi del percorso più o meno ricco, ma sempre personale, delle rispettive carriere. Il clima che si respira stasera al Legend 54 è quasi subito quello di un raduno di vecchi amici, in cui tutte le facce accorse hanno in comune quella passione verace per un genere decisamente viscerale e primordialmente grezzo e puro. Anche fuori il clima è doom, ma nella chiave dell’inverno meneghino: neve, nebbia e freddo. Qualcuno si domanda se questo non inficerà l’afflusso a questo evento, per altro infrasettimanale. Dubbi rapidamente fugati dai fatti, efficace risultato del tam tam degli appassionati. Speriamo giusto che i lavori stradali nei pressi del locale si concludano presto, restituendo nelle prossime occasioni un po’ di respiro alla già non facile situazione dei parcheggi. I ragazzi delle varie formazioni si mescolano tranquillamente con i primi spettatori, come se ne facessero parte, con una naturalezza tale che in molti non si accorgono neppure di aver di fianco magari Bill Steer di Angel Witch e Carcass. Personaggio, quest’ultimo, che tra l’altro pare aver fatto un vero e proprio patto col diavolo: non solo sembra non invecchiare, ma porta sempre quell’entusiasmo semplice e genuino più tipico di chi la carriera la sta incominciando a scalare. Sbirceremo nella sua direzione più avanti nella serata, mentre suoneranno i Grand Magus, e così, in mezzo al pubblico, tra una posa per una foto e l’altra di chi lo riconosce, lo vediamo osservare gli headliner con lo stesso sguardo di un teenager che sogna un giorno di poter essere lui su quel palco. Diavolo, se non è umiltà e semplicità di spirito, questa! Se non è questa, la passione!
CARONTE
La band italiana parte mentre il Legend 54 si sta ancora riempiendo e non siamo ancora a metà di quello che sarà il pubblico finale. Tuttavia, rispetto ad altre occasioni, il numero di presenti è già interessante: ad essere onesti, la partenza pare un po’ incerta, in quanto le linee solitarie di chitarra con cui la opener “Sons Of Thelma” inizia suonano un po’ traballanti; ma non ci vuole molto prima che l’effetto d’insieme della formazione emerga al meglio. Nel giro infatti di pochi minuti, la personalità della proposta musicale prende forma attraverso giri ipnotici e un sound talmente grezzo da bruciare. Ed ecco che senza nemmeno accorgercene ci ritroviamo catturati dall’efficacia del brano, una composizione caratterizzata, come anche le altre, da un minutaggio consistente che permette alle melodie principali di installarsi ripetitivamente nella mente dell’ascoltatore, per poi divagare liberamente senza particolari stridori nel flusso emotivo, anzi elevandolo, per poi rientrare nei ranghi del motivo portante chiudendo così efficacemente il cerchio. Altro elemento particolare è sicuramente il cantato: di primo acchito, la voce di Dorian Bones appare sguaiata, che scivola verso acuti lamentosi, svolazzanti sebbene sempre grezzi e sofferti. In effetti è così, ma è anche una cosa voluta che, superata la prima impressione di spiazzamento, si colloca bene nell’insieme, e questo grazie all’attenzione posta nel non metterla troppo in evidenza rispetto agli altri strumenti, facendola risultare cioè molto amalgamata nel suono complessivo e generando così un effetto piuttosto azzeccato e, per quanto si tratti di una formula già esplorata da altri, sicuramente personale. Il loro slot passa piacevolmente e ci ritroviamo alla fine con la stimolante sensazione di aver scoperto qualcosa di interessante. Se avessero suonato ancora non avrebbero stufato. Gli appassionati del doom, ovviamente.
Setlist:
Sons Of Thelma
Ode To Lucifer
Leviathan
Black Gold
ENFORCER
Con gli svedesi Enforcer si cambia decisamente marcia, ma anche età. E pure approccio e velocità. E pure i suoni. Insomma: si cambia quasi tutto. I giovani scandinavi salgono subito sugli scudi, arrembando il palco con freschezza e capacità. Il sound è inequivocabilmente old school, un mix di thrash, speed, NWOBHM alla Maiden e di heavy metal nel senso più classico degli anni ’80, votato alla velocità e alla melodia, ma lasciando che sia un riffing thrashoso e cattivo ad incalzare e a sostenere il mood. Le doti esecutive della band sono di buon livello, come anche il songwriting, che colpisce per efficacia di alcuni brani, piuttosto catchy ma ben congetturati. Notevole la performance vocale di Olof Wikstrand, che si arrampica bene in alto e che, a fronte di un notevole sbattimento fisico che dà spazio a riserve, riesce a non perdere troppi colpi fino alla fine. Parte dell’effetto esplosivo e vincente di questa gig è anche dato dal contrasto col mood molto più ossessivo, lento e cadenzato di chi li ha preceduti sul palco. C’è da dire che però, a fronte di tutto questa energia e dote, nel complesso c’è da lavorare per modellare tali doti potenziali in un qualcosa che porti la band ad un livello superiore. Alla lunga, infatti, smorzata l’iniziale spinta dirompente, alcuni brani perdono di mordente per il ripetersi delle medesime soluzioni aggressive, delle macrostrutture delle canzoni o dell’uso di facili cliché. Insomma, come se per ottenere il risultato desiderato facessero ricorso sempre alla stessa formula, ben rodata e bilanciata, intendiamoci, ma che inevitabilmente finisce per inflazionarsi. Da tenere comunque sott’occhio: qui c’è del valore, soprattutto per coloro che amano le sonorità metal della vecchia scuola, oggigiorno così rare nella loro purezza.
Setlist:
Death Rides This Night
Mistress From Hell
Mesmerized By Fire
Katana
On The Loose
Crystal Suite
Scream Of The Savage
Take Me Out Of This Nightmare
Into The Night
ANGEL WITCH
Siamo finalmente giunti al momento degli headliner di stasera… Ah no, perdonate la battuta, ma sotto sotto se la sono scambiata la maggioranza dei presenti. Gli Angel Witch sono sicuramente il nome più blasonato del bill di questa serata, anche se il vero salto nell’Olimpo come band, nel complesso della sua carriera, non l’hanno forse mai compiuto. Il loro posto nella storia l’hanno intagliato nella roccia all’epoca della NWOBHM con la canzone che porta il loro nome e che immancabilmente sarà il punto focale verso il quale tutto il loro concerto convergerà, come di consueto. Ad ogni modo, le dinamiche che determinano le posizioni in scaletta dei bill sono spesso legate a fattori alieni al valore storico delle band che lo compongono, e lo show di stasera non presenta nulla di nuovo per chi li ha già visti altre volte. Quello che di buono c’è, è che i Nostri sanno sempre vivere il momento live con una partecipazione verace. La concentrazione e la dedizione sono altissime e tutte mirate affinché ne venga fuori qualcosa di veramente sentito e vivo. Il nostro Bill Steer è a tratti assorto come se stesse facendo l’assolo della sua vita e lo stesse facendo tutto per sé; a tratti invece è come se si svegliasse da una sorta di trance e guardasse compiaciuto verso il pubblico, felicitandosi con esso della buona riuscita della performance. La voce di Kevin Heybourne, a dirla proprio tutta, non è nella forma migliore e spesso sforza e tronca alcuni fraseggi, tuttavia l’esperienza del rodato leader lo rende in grado di non lasciare che questo porti con sé conseguenze negative per lo show in generale. Glielo si perdona, anche perché tutto sommato il sound sporco e poco raffinato degli Angel Witch si presta anche a coprire queste cose. La risposta del pubblico, fin da subito positiva ed evidente negli spettatori di più vecchia data, va man mano aumentando ed ampliandosi a tutti i presenti nel finale che, con “Angel Of Death” (non quella degli Slayer!), “Baphomet” e l’immortale quanto infinita e coralmente sostenuta “Angel Witch”, raggiunge l’atteso apice.
Setlist:
Atlantis
Confused
Dead Sea Scrolls
White Witch
Sorcerers
Gorgon
Guillotine
Dr. Phibes
Angel Of Death
Baphomet
Angel Witch
GRAND MAGUS
I Grand Magus sono una di quelle band che vanno viste dal vivo per capirne la vera anima. Un disco è un prodotto troppo distante dall’essenza diretta, concreta e selvaggia della formazione svedese. Nel loro live show c’è sempre un qualcosa di grezzo e selvatico, tra il biker e il boscaiolo, frugale, ruvido e poco incline a perdersi dietro oggetti confezionati da spedire nei negozi di tutto il mondo per essere comprati da facce sconosciute. In quel tratto di distanza si perde in parte il contatto con il loro vero spirito. Ciò detto, i Nostri hanno prodotto dei gran dischi e sono una formazione molto interessante dal punto di vista compositivo che, pur mantenendo una certa classicità sia nei suoni che nel songwriting, riesce a interpretarsi in modo interessante e personale. Se sono headliner davanti agli Angel Witch un qualche motivo ci sarà. La genuinità dei Grand Magus li ripaga con un successo crescente sicuramente meritato. Anche nell’impronta live sono molto diretti, interagendo col pubblico in maniera sciolta e non preparata a tavolino, organizzando e richiedendo cori al pubblico ma come li si richiederebbe agli amici al pub, scambiando battute anche tra compagni di band. Li si potrebbe paragonare ad un vecchio motore a carburatori mezzo arrugginito e con tanti chilometri sul groppone, ma con tanta semplicità, robustezza meccanica e cilindrata, che lo fanno andare sempre e in ogni condizione, magari sputando olio e consumando molta benzina (o birra, chissà?), ma restando sempre una sicurezza. Da notare un siparietto nel pubblico proprio all’annuncio di uno dei cavalli di battaglia più riusciti della band, “Valhalla Rising”, durante il quale un misterioso attentatore che evidentemente si era rimpinzato di fagioli, ha rilasciato una ‘bomba sporca’ tra le ultime file del pubblico, provocando un fuggi-fuggi generale: insomma, proprio sul ‘pezzone’, arriva il ‘puzzone’. Amen. Venti di guerra a parte, la serata si chiude con un risultato molto positivo per tutti. Tutte le band hanno potuto esprimersi e farsi apprezzare per il loro valore e la combinazione tra esse ha funzionato bene, rendendo la giusta soddisfazione al pubblico.
Setlist:
Kingslayer
Sword Of The Ocean
I, The Jury
Ravens Guide Our Way
Silver Into Steel
Starlight Slaughter
Like The Oar Strikes The Water
Drum Solo
The Hunt
Valhalla Rising
Iron Will
Hammer Of The North