A cura di Silvia Bertolotti
Sono 16 le edizioni del Graspop Metal Festival, e l’organizzazione promotrice sembra non mollare colpi in termini di varietà e attrattiva delle proposte musicali, mantenendosi sempre al passo coi tempi con i trend dell’anno ma non dimenticandosi mai di celebrare chi del metal e’ padre. E il pubblico ringrazia, partecipando come sempre numerosissimo, perfettamente a suo agio in un ambiente che offre tutto, dal camping ai servizi, al mercato, tutto nel classico approccio nordico: ordine, efficienza e divertimento per tutti, famiglie incluse. Infatti quel che stupisce è l’eterogeneità del pubblico, dai nuovi metal kids, a quelli degli anni ’80, dalle famiglie con bambini appresso, ai gruppi di amici in gita domenicale. Un’esperienza diversa per noi italiani, sicuramente raccomandabile a chi non l’abbia ancora vissuta per capire come un festival possa essere vissuto e gestito in perfetta armonia (senza un poliziotto in giro), con la collaborazione del paesino di Dessel, anonimo villaggio belga che per 3 giorni all’anno diventa una delle capitali europee del metal! E per chi avesse paura del famoso clima belga, in 4 anni che prendiamo parte all’evento mai una goccia d’acqua, sempre e solo un gran caldo. Tornando all’evento in se, il festival è mastodontico, con 4 palchi in continua programmazione dalle 12:00 per 12 ore, mettendo chiunque un po’ in difficoltà, dovendo spesso scegliere fra due proposte attrattive ma contemporanee. Le prime due giornate sono state spese all’insegna del metal più classico, chiudendo la prima serata con gli Scorpions e la seconda con i Judas Priest alle prese con il loro ultimo tour (ma sarà proprio cosi? Molti giurano di no). Metalitalia invece ha potuto essere presente solo all’ultima giornata, quella più orientata su sonorità moderne, lasciando la chiusura della kermesse ai redivivi SLIPKNOT.
GWAR
La nostra giornata si apre coi GWAR, antesignani dell’horror-fun metal rispolverato dai Lordi, proponendo una set list ispirata alla loro decennale carriera. Ma quello che attira (eccome se attira, visto che il Metaldome risulterà stipato all’inverosimile rendendo la temperatura all’interno del tendone proibitiva) è il loro apparato scenico, con i loro costumi grotteschi, le due “vergini” nude crocifisse e una teatralità degna di un circense splat! Il set è concentrato sulle ultime release (delle 13 ufficiali) dando più risalto alla teatralità. Per il concerto in se, appunto una bella proposta visiva.
Setlist:
Horror of Yig
Hail, Genocide!
Bring Back the Bomb
Beat You to Death
Let Us Slay
Sick of You
KREATOR
Si rinuncia all’esibizione totale dei GWAR per assistere all’esibizione sul MAINSTAGE dei re tedeschi del thrash anni ’80/’90: i Kreator. Il loro è un set intenso, con una sonorità globale aggiornata, che non lascia tregua, volta a far ripassare (casomai ce ne fosse bisogno) il loro repertorio più famoso dopo un’apertura dedicata all’ultimo album, ma rimembrando al pubblico subito dopo il loro debutto assoluto con “Endless Pain”. E il pubblico, nonostante il caldo torrido, canta e dimostra di non aver mai dimenticato i nostri teutonici, accompagnandoli fino alla fine con un calorosissimo abbraccio e mosh pit.
Setlist:
Hordes of Chaos (A Necrologue for the Elite)
Warcurse
Endless Pain
Pleasure to Kill
Destroy What Destroys You
Enemy of God
Phobia
Violent Revolution
Flag of Hate
PRO-PAIN
E si corre palco Marquee 2 per tuffarsi nell’hardcore newyorchese dei redivivi PRO PAIN. Della band originale in line up rimane solo Gary Meskil, bassista, voce e soprattutto anima dei PRO PAIN. Ma lo spirito con cui i nuovi elementi della band di Brooklyn affrontano il palco e’ sempre puro HC: palco spoglio, shorts e tanta energia. Propongono un set brutale, sempre tirato e preciso, un sacco di stop and go, palm mute ed esperienza nel gestire un set cosi violento. Purtroppo riscuotono un parziale interesse del pubblico, probabilmente già alla ricerca di un po di riposo dopo le prime abbuffate musicali della giornata.
MASTODON
Alle 4.35 puntuali cominicia l’atteso set dei Mastodon. L’organizzazione riserva loro il main stage che data l’ora ridimensiona parzialmente l’impatto live del quartetto. Infatti il loro e’ un set degno di una band headliner. Suonano precisi, pesanti, ottima prestazione vocale e soprattutto suonano per il pubblico, ripercorrendo i capisaldi della loro discografia da “Remission” fino a “Crack the Sky”. Le trame math rock risultano chiare, le due chitarre contrappuntano i pezzi rimanendo fedelissimi alle versioni discografiche, e il cantato di Troy Sanders sembra essersi evoluto, ora più capace di gestire un cantato energico ma chiaro. Purtroppo, per chi sperava, nessuna anticipazione del disco in uscita, ma un’ottima prova sotto tutti i profili, proiettandosi fra i potenziali big per le prossime edizioni.
Iron Tusk
March of the Fire Ants
Where Strides the Behemoth
Mother Puncher
Circle of Cysquatc
Aqua Dementia
Sleeping Giant
Crack The Skye
Colony of Birchmen
Crystal Skull
Bladecatcher
Megalodon
Blood and Thunder
AVENGED SEVENFOLD
Molto se ne e’ discusso sui A7X, sulla loro reale valenza musicale e capacità compositiva, e mettendo il pubblico nella condizione di odiarli o amarli. Ma una cosa e’ certa, dal vivo sanno fare il loro sporco lavoro, propongono una scenografia degna dei big, con fiammate e ambientazioni gotiche, sanno intrattenere e incitare il pubblico e soprattutto sanno suonare. Peccato non averli potuto vedere con alla sezione ritmica l’ex Dream Theater Portnoy, lasciando una percepibile falla nella sezione ritmica. Per il resto appunto, o li si ama o li si odia.
Setlist:
Nightmare
Critical Acclaim
Welcome to the Family
Almost Easy
Buried Alive
Afterlife
God Hates Us
A Little Piece of Heaven
Unholy Confessions
OPETH
Apice del pomeriggio e’ la performance degli Opeth. Il loro e’ un set siderale. La scaletta cerca di fare una summa delle loro migliori produzioni rispolverando album quali “Watershed”, “Ghost Reveries” fino a “Deliverance”, “Blackwater Park” e “Still Life”, tralasciando solo i loro esordi dei primi anni ’90. Suonano precisi, suoni buoni, buona interpretazione vocale, suggestivo impianto scenico fatto di luci soffuse ed evocative ma lasciano un po’ perplessi per la distanza col pubblico, presi troppo dall’impegno tecnico richiesto. Una performance onesta ma forse poco adatta al contesto del festival. Meglio ascoltarli al buio in salotto o in un concerto dedicato tout court a loro. Comunque tanto di cappello. Bravi.
Setlist:
The Grand Conjuration
The Lotus Eater
Face of Melinda
Master’s Apprentices
The Drapery Falls
Hex Omega
ROB ZOMBIE
Per la prima volta dopo 16 anni Rob Zombie con la sua “nuova” creatura, ovvero il suo spropositato ego, sbarca in Europa. E lo fa in grande stile: scenografia da film sci-fi da serie b, due musicisti rubati al collega Marilyn Manson (parliamo di John 5 e Ginger Fish), costumi rubati sul set di uno dei suoi movie horror, ballerine topless e tanta ironia. Il set e’ di quelli che diverte ma senza dare un vero valore aggiunto alla sua carriera, offrendo piu un divertissement hard rock che un concerto metal. Ma il pubblico si diverte e ricorda i fasti ai tempi dei White Zombie risvegliandosi dal torpore quando partono “More Human than Human” e “Thunder Kiss 65”. E il buon Rob ne prende atto.
Setlist:
Call of the Zombie
What Lurks on Channel X?
Superbeast
Living Dead Girl
More Human Than Human (White Zombie song)
Demonoid Phenomenon
House of 1000 Corpses
Drum Solo
Sick Bubble-Gum
Thunder Kiss ’65 (White Zombie song)
Guitar Solo
Never Gonna Stop (The Red, Red Kroovy)
Dragula
CAVALERA CONSPIRACY
Per chi avesse assistito recentemente ad uno dei concerti del nostro Max, l’aspettativa non era altissima, ben consci che oramai il vate Cavalera e’ paragonabile ad un incrocio fra Vasco Rossi in versione metal e Ozzy Osbourne per dinamicita’ e lucidita’ sul palcoscenico. E invece la sorpresa. Partenza a razzo con il nuovo album, sostenuti da una sezione ritmica terrificante e un suono di chitarra possente. Senza sosta si passano in rassegna i capisaldi delle due produzioni Cavalera Conspiracy ma il pubblico e il vate sanno bene cosa vogliono: Sepultura amarcord. E i fratelli Cavalera (unici degni della firma Sepultura) sono pronti con le chicche che tanto piacciono. Il Marquee 1 esplode di energia e calore, alla festa prendono parte anche i Cavalera junior per una reminiscenza Nailbomb e il palco diventa il posto migliore per celebrare una sorta di carnevale brasiliano in salsa metal con “Roots Bloody Roots”. Che bella festa.
Setlist:
Warlord
Torture
Inflikted
Thrasher
Sanctuary
Terrorize
Refuse/Resist
Territory
Arise
Killing Inside
Blunt Force Trauma
Ultra-Violent
The Doom Of All Fires
Black Ark
Cockroaches
Roots Bloody Roots
SLIPKNOT
Tanto si e’ speculato sul ritorno degli Slipknot, molto marketing a basso livello e’ stato condotto e certo il concerto inizia nella maniera meno elegante: costume, maschera e basso in fronte al pubblico alla maniera di totem celebrativo per commemorare #2, tanto cattivo gusto quanto furba intenzione per massimizzare l’impatto economo-empatico. Ma esclusa questa parentesi polemica una volta che il concerto parte e’ pura violenza. L’impatto e’ violentissimo sia a livello visivo che a livello sonoro, ripercorrendo la carriera intera dei nostri moschettieri mascherati e riproponendo lo show unico che solo loro sanno offrire. Eyeless e Wait and Bleed sono travolgenti, Dead Memories fa respirare, Pulse of the Maggost stordisce, Psychosocial da lo “schiaffo sulla musta” finale. E loro sono sempre loro, 4 a suonare e spingere l’impatto sonoro al massimo e tre a mostrare chi sono gli Slipknot in realtà: casinisti con mazze da baseball pronti a spaccare tutto in nome del buon metal!
Setlist:
Iowa
742617000027
(sic)
Eyeless
Wait and Bleed
Dead Memories
The Blister Exists
Liberate
Before I Forget
Pulse Of The Maggots
Purity
Left Behind
Disasterpiece
Psychosocial
The Heretic Anthem
Duality
Spit It Out
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People = Shit
Surfacing
Til We Die