A cura di Luca Pessina
Uno dei tour death metal più variegati degli ultimi mesi fa tappa anche a Londra in un gelido lunedì sera. La depressione post-weekend questa volta un po’ si fa sentire e così Grave, Misery Index e i loro compagni di viaggio si ritrovano ad esibirsi in un Underworld sì abbastanza pieno, ma non come nelle grandi occasioni. Evidente inoltre il generale “scazzo” di molti presenti durante le esibizioni dei primi gruppi in scaletta: un’atmosfera piuttosto triste che è purtroppo perdurata sino all’arrivo del ciclone Misery Index, veri sovrani della serata. Di seguito il nostro reportage band per band…
THE ROTTED
I presenti sono ancora quasi tutti dalle parti del bar e dei banchetti del merchandise quando i The Rotted salgono sul palco. A dire il vero, non si respira una trepidante attesa per loro… se non altro perchè il gruppo death’n’roll si esibisce nella capitale praticamente un mese sì e uno no. In ogni caso, un po’ di fan seguono con attenzione la performance del quartetto, che tiene il palco con consumata esperienza e gode di suoni già più che accettabili. La conclusiva "Nothin’ But a Nosebleed" coinvolge qualche persona in più e mette fine al breve show in maniera senz’altro più che dignitosa. Siamo sicuri che in qualsiasi altra città e davanti a un pubblico non britannico quanto offerto dai The Rotted oggi avrebbe generato ben altro entusiasmo.
THE LAST FELONY
Al primo tour fuori dalla loro patria, il Canada, i The Last Felony si dimostrano una band già piuttosto affiatata ed esperta sul palco. Stilisticamente – ma anche a livello di immagine – i nostri si collocano in pieno nel filone death metal/core di Montreal… quello di Despised Icon e Beneath The Massacre, per intenderci. Il quintetto investe quindi gli astanti con una serie di tracce all’insegna di muri di blast-beat alternati a cadenze più moderne, che però di rado riescono ad animare realmente il pit. Il pubblico di questa sera è infatti abbastanza old school, nessuno ha voglia di imitare karate kid e i continui incitamenti della band alla lunga non sortiscono alcun effetto. I The Last Felony comunque offrono una performance tutto sommato compatta, che riesce a volte a far passare in secondo piano la scarsa personalità della loro proposta musicale.
ARSIS
Con il passare degli anni, gli Arsis si sono un po’ persi. Certo, è arrivato il contratto con la Nuclear Blast e il gruppo ha iniziato a suonare dal vivo con maggior costanza, però i suoi album hanno convinto sempre meno. Li vediamo dal vivo per la prima volta questa sera e a tratti ci sembra di trovarci al cospetto di una versione più moscia dei Children Of Bodom. E non solo perchè un brano come "Forced To Rock" cerca di scimmiottare questi ultimi in più punti, ma anche perchè il chitarrista Nick Cordle fa di tutto per imitare Alexi Laiho nelle pose e nel rapporto col pubblico. Per fortuna che la buona prova del cantante/chitarrista James Malone riesce a mantenere lo show su livelli complessivamente dignitosi, tanto che con l’arrivo di "The Face Of My Innocence" il nostro livello di apprezzamento sale e non di poco. Rimpiangiamo comunque di non essere riusciti a vedere questa band qualche anno fa, quando era una vera promessa della scena melo/techno death.
MISERY INDEX
Dopo tre performance tutto sommato appena discrete o non molto apprezzate dai presenti, la serata decolla finalmente con l’arrivo dei Misery Index, che demoliscono l’Underworld alla loro solita maniera e con zero fronzoli. Il gruppo sembra tenere particolarmente alla promozione dell’ultima fatica "Heirs To Thievery" e decide di incentrare gran parte dello show sui brani tratti da quest’ultima. La risposta dei fan è assai calorosa per ogni singolo episodio, segno che il disco non è stato ben accolto soltanto dalla critica. Dopo aver presentato il nuovo chitarrista Darin Morris, arriva comunque il turno di un po’ di classici, fra cui "Traitors" e "The Great Depression", ormai vere e proprie hit entrate di diritto in ogni setlist della band statunitense. Su queste si fa particolarmente apprezzare la prova come cantante/chitarrista di Mark Kloeppel, oggi promosso a frontman e responsabile della presentazioni dei brani e dell’interazione coi fan. Il buon Jason Netherton, comunque, non manca di far sentire il suo apporto sia al basso che alla seconda voce, aiutando a erigere quel muro di suono che è ormai diventato il marchio di fabbrica dei Misery Index in concerto. Vediamo questi death-grinders praticamente ogni anno, eppure in ogni occasione riescono a intrattenerci come la prima volta.
GRAVE
Terminato lo spettacolo dei Misery Index, nessuno si muove dalla sala: all’appello mancano infatti ancora i Grave, headliner di questa variegata serata death-grind. Il gruppo svedese ci mette pochissimo a prepararsi e nel giro di una decina di minuti avvia il suo show con l’anthemica "You’ll Never See…", da qualche tempo diventata opener fissa dei concerti. Curiosamente, il batterista Ronnie Bergerståhl perde qualche colpo durante la sua esecuzione e, anche se quasi nessuno pare accorgersene, ciò mina un po’ l’impatto del brano. Strano, perchè il drummer è da tempo con la band e avrà suonato questa canzone quasi ogni sera negli ultimi anni! Per fortuna che le cose migliorano di molto già a partire da "Turning Black", anche se oggi abbiamo l’impressione che i Grave non abbiano molta voglia di suonare il vecchio materiale. Nuove tracce come "Liberation" o "Semblance In Black", ad esempio, rendono infatti molto meglio e vedono Ola Lindgren letteralmente scatenato dietro al microfono. Di contro, una "Christi(ns)anity" sembra trascinarsi senza la sua solita carica. In ogni caso, lo show si mantiene tutto sommato su buoni livelli, anche grazie a un pubblico molto partecipe e incurante delle suddette imperfezioni. Tutti però apprezziamo il recupero di "Hating Life" dal classico "Into The Grave" – che l’anno prossimo compie venti anni! – e ovviamente l’arrivo della title track di quest’ultimo, da sempre picco di intensità dei concerti della band. Da segnalare, inoltre, la valida prova offerta dal nuovo arrivato Tobias Christiansson (Dismember) al basso e alle backing vocals: in questo giovane ragazzo Lindgren sembra aver trovato una spalla più che adeguata. In conclusione, luci e ombre nella performance odierna dei Grave: ottimi anche in sede live i pezzi nuovi, poco smalto invece all’altezza dei grandi classici. Non un dramma, ma speriamo che il quartetto torni presto a tritare tutto come al solito!