Il Blue Rose Saloon di Bresso, ad un tiro di schioppo da Milano, non è nuovo a serate dalle tinte cupe e marcescenti; dopo avere ospitato, tra i tanti, il semi-leggendario “Dead Of Winter – Euro Tour 2012”, con protagonisti Funebrarum e Undergang, è la volta del “Plague Of Nations” tour, capeggiato da Grave (in veste di headliner per promuovere il recente “Endless Procession Of Souls”), Sonne Adam e Freund Hein. Ad accompagnare il terzetto in sede, una manciata di formazioni nostrane, per quello che la stessa organizzazione ha deciso di ribattezzare “Old School Death Fest”. Un’operazione tuttavia riuscita in parte, visti i ritardi – inspiegati ed inspiegabili – accumulatisi nel corso della serata. Gli Onirik, la prima band ad esibirsi, lo fanno infatti dopo una serie di soundcheck interminabili. Il terzetto, per ora conosciuto per avere preso parte al fortunato “Da Vinci Death Code” (split-album in compagnia di Fleshgod Apocalypse, Septycal Gorge e Modus Delicti), è autore di un death metal brutale ed arzigogolato, impreziosito da campionamenti “alieni” che conferiscono ai brani un taglio vagamente atmosferico. Molto poco il tempo a disposizione dei Nostri, che fanno del loro meglio per incitare la decina di persone sparpagliate nel locale. Un inizio promettente, nonostante il consistente ritardo. A seguire, dopo un rapido cambio palco, è la volta dei Profanal, da Livorno. Il quintetto – realtà affermata del circuito underground nazionale – è artefice di un death metal vecchio (vecchissimo) stampo, che trova nei “soliti” Nihilist/Entombed/Dismember molto più che dei semplici termini di paragone. Non male la loro prova, anche grazie ad una resa sonora particolarmente azzeccata. Molto bravi, infine, i “padroni di casa” Sepulcral, a cui spetta il compito di concludere la parte di serata dedicata ai gruppi nostrani. La band è artefice di un death/doom metal mortifero e pestilenziale, e regala agli astanti una delle performance migliori della manifestazione, tra suggestioni invernali ed omaggi alle gesta dei sempiterni Asphyx/Incantation. Veramente notevoli, fate tesoro del loro nome. Semplicemente inqualificabili, al contrario, i Freund Hein. Queste sono le uniche parole che riusciamo a trovare per descrivere i Nostri ed il loro thrash/groove metal pseudo-demenziale. Esperti quanto una cover band di liceali, i cinque austriaci (che scopriamo essere attivi dal lontano 1997) danno vita ad uno show risibile, tra tastiere dallo sgradevole retrogusto danzereccio (?!?) e brani dallo sviluppo sconcertante, solidi quanto un castello di carte.
SONNE ADAM
Con un’ora abbondante di ritardo, la rivelazione old-school death metal dello scorso anno approda per fortuna sul palco del Blue Rose Saloon per risollevare le sorti della serata. I Sonne Adam, forti del successo accumulato negli ultimi mesi e per nulla disorientati dai mutamenti avvenuti nella line-up (il cantante/bassista Dahan ha lasciato la band, sostituito alla voce dal chitarrista Davidov), si rendono protagonisti di una performance infernale e dannata, aprendo le danze con quella che è presto divenuta la loro canzone-manifesto, “We Who Worship The Black”. Bastano una manciata di minuti per vedere sbaragliata la concorrenza: Davidov, dietro al microfono, risulta credibile e terrificante quanto il predecessore, mentre le chitarre, slabbrate ed ultra-sature, si abbattono sulle teste degli astanti in un maelstrom di riff cavernosi e blasfemi. A coadiuvare il lavoro delle sei corde, una sezione ritmica inappuntabile, formata dal neo-acquisto Butcher (al basso e alle backing-vocals) e dal talentuoso batterista Steel, che infonde al materiale della band un dinamismo tanto gradito quanto inusuale per realtà di questo tipo (pensiamo, ad esempio, a Cruciamentum o Dead Congregation). Da “Transformation”, come prevedibile, vengono estratti gli highlighs della setlist: dalle trame cerimoniali di “Take Me Back To Where I Belong”, alla dimensione occulta di “Apocalypse”, che chiude lo show in un crescendo di visioni orrorifiche e luciferine. A detta di chi scrive, i migliori della serata. Per pochi adepti del Male.
GRAVE
Finalmente, dopo un ultimo cambio palco, è la volta dei Grave, accolti con entusiasmo dalla numerosa combriccola di fan radunatisi nei pressi dello stage. I preamboli, come in qualsiasi altro show della band di Ola Lindgren, vengono ridotti ai minimi storici; non vi è il tempo, né tanto meno la voglia, di perdersi in inutili chiacchere. Il tempo di controllare che sia tutto in regola con la strumentazione e via, con la grazia e la gentilezza di un bulldozer, mettendo a serio repentaglio le fondamenta del Blue Rose Saloon. Il pubblico, dal canto suo, non sembra accusare il colpo, rispondendo alle portentose “You’ll Never See…” e “Day Of Mourning” con un pogo infervorato e brutale, che si protrarrà fino alla conclusione della performance. Discreti i suoni (nonostante la conformazione non certo magnifica del locale), ottima la tenuta del palco da parte del gruppo svedese, conscio di stare attraversando un periodo di forma encomiabile e determinato ad arrecare quanti più danni possibili agli spettatori. La scaletta, ad eccezione di qualche estratto da “Endless Processions Of Souls” (tra cui una magistrale “Epos”, posta in chiusura), non riserva particolari sorprese rispetto ad altre setlist del recente passato, regalando più di un’emozione ai sostenitori di vecchia data, in balia di chitarre-motosega sguinzagliate come un branco di mastini. Ultimi, fieri portabandiera della scena swedish death metal anni 90’… Non potete assolutamente perderveli!