04/03/2025 - GREEN LUNG + UNTO OTHERS + SATAN’S SATYRS @ Legend Club - Milano

Pubblicato il 07/03/2025 da

Sebbene gli amanti delle sonorità metal classiche trovino ancora oggi le loro principali motivazioni per muoversi all’interno di scenari dominati da realtà leggendarie, nonché dalla carriera pluridecennale, è altrettanto vero che il mondo va avanti, e così com’esso anche la scena musicale si popola di nuove formazioni, intente a proporre una loro personale interpretazione delle sonorità più storiche e genuine.
Non a caso, esistono tour che trovano la loro ragione d’esistere proprio in questo concetto, proponendo un bill composto unicamente da line-up dalla carriera ancora in divenire, ma entrate già da tempo nel cuore dei frequentatori dell’underground, peraltro senza incorrere in quel rischio di risultare una sorta di fotocopia di qualcuno venuto molto 
prima: infatti, le band che compongono l’Heaten Neverland Tour – Green Lung, Unto Others, Satan’s Satyrs – del Legend Club di Milano propongono altrettanti diversi approcci alle derive più oscure e ‘gloomy’ del metal classico, rimaneggiate e confezionate con cura per offrire agli ascoltatori qualcosa di comunque abbastanza originale e riconoscibile, oltre a una possibile base da cui partire per un rilancio delle suddette sonorità verso un pubblico potenzialmente grande, nel prossimo futuro.
Piuttosto soddisfacente anche l’affluenza, malgrado si tratti di un martedì sera di inizio marzo, con un livello generale magari non vicino al rasentare il sold-out, ma comunque superiore a quanto ci saremmo inizialmente aspettati. Buona lettura!

Iniziamo il nostro viaggio nelle tenebre in compagnia degli statunitensi SATAN’S SATYRS, i quali si approcciano a deliziare il pubblico con un’esibizione invero piuttosto breve, per ragioni di tempistiche assegnate, ma comunque potenzialmente carica di un pathos che poche volte si è visto da parte di un opening act.
C’è da dire che dietro a questa formazione della Virginia c’è un certo Clayton Burgess, che nella sua carriera ha avuto modo di militare anche nei più noti Electric Wizard, ed effettivamente l’esperienza c’è tutta e si percepisce maledettamente bene: il sound dei Satan’s Satyrs oscilla tra l’heavy e, soprattutto, il doom metal, con diverse derive stoner dal gusto psichedelico e persino influenze punk, in grado di donare al loro sound quella punta ardente tipica di gente come i Motorhead. Il risultato è elegantemente macabro e lugubre, ma anche graffiante ed esplosivo, come confermato dai suoni urlanti e dall’ottima presenza scenica di tutti e quattro i musicisti, che non mancano di attirare i dovuti sguardi sin dai primi rintocchi di “Thumper’s Theme” e “Full Moon And Empty Veins”.

Clayton interpreta il ruolo di frontman in una maniera similare a un novello Jim Morrison, con in più l’aggiunta del basso tra le mani, e la band che lo accompagna riversa sugli strumenti tutta la propria grinta, nonché la propria adorazione per tematiche che vanno dall’occulto al citazionismo per determinati prodotti della cultura pop. Il tutto enfatizzando una compattezza musicale maiuscola, che porta inevitabilmente i presenti a divampare nel corso di una scaletta che solo verso la metà si concentra sulla loro produzione più recente, grazie all’accoppiata composta da “Quick Quiet Raids” e “Iron & Ivy”, preferendo decisamente spaziare all’interno di una discografia meno breve di quanto possa sembrare, con picchi stilistici che giungono in prossimità della sensuale “Pulp Star” e, soprattutto, della conclusiva “Alucard”, impreziosita da una lunga fase strumentale in cui le pareti iniziano a tremare ed emerge tutta la fame di questo quartetto, che ci auguriamo di poter presto rivedere dal vivo con uno spettacolo più lungo e senza la fretta di lasciare il palco, ben identificabile anche in un saluto piuttosto frettoloso rivolto agli astanti, una volta completato il set.

Proseguiamo con quello che in tanti, stasera, considerano come il main event vero e proprio, anche se più avanti questa affermazione si rivelerà parecchio opinabile, ma avremo modo di parlarne. Parliamo naturalmente dei già ben noti UNTO OTHERS, unica formazione di oggi a non rientrare propriamente nel filone doom, in quanto la loro proposta si presenta più come un saporito punto d’incontro tra gothic rock, darkwave ed heavy metal purissimo. Un connubio che già da diversi anni ha attirato la nostra attenzione, in quanto il nostro primo incontro con la line-up di Portland risale al Keep It True del 2019, dove si erano esibiti sotto il nome di ‘Idle Hands’ con solo un disco all’attivo, poi ristampato con il nuovo moniker una volta avvenuto il cambio.
Ad oggi, questa particolare formazione vanta ben tre full-length, uno più ficcante dell’altro, e ci fa enormemente piacere notare che in questa sede nessuno di essi viene lasciato in secondo piano, lasciandoci intravedere una sorta di volontà di raccontarsi ad un pubblico piacevolmente coinvolto ed emozionato, e con un’apertura riservata alla recente opener “Butterfly” e alla più aggressiva “Momma Likes The Door Closed”, sempre dalla loro ultima opera “Never, Neverland”.

Il concerto degli Unto Others è un saliscendi di emozioni che vanno dalla malinconia alla rabbia più nera, passando per rimorso e paura, sempre nel segno dell’ottima interpretazione del frontman Gabriel Franco, anche se molte attenzioni vengono incanalate dalla chitarra solista di Sebastian Silva e dalla presenza impattante del bassista Brandon Hill.
Stando così le cose, è inevitabile che l’intera setlist, peraltro piuttosto lunga ed enfatizzata da un comparto sonoro ben equalizzato, possa portare il pubblico a reagire con fare apparentemente rilassato, esplodendo però nel momento in cui il sound si incattivisce, come nel caso della micidiale “Heroin” o nel finale della hit “When Will God’s Work Be Done”, seppur senza nulla togliere anche alle più datate “Nightfall” e “Give Me To The Night”, che rappresentano probabilmente le due punte di diamante del sopracitato esordio “Mana”, al pari della conclusiva “Dragon, Why Do You Cry?”.
C’è posto anche per un simpatico omaggio ai Ramones, grazie alla cover di “Pet Sematary”, che a suo modo rappresenta quella chicca inattesa da parte di un combo meritevole di tutta la popolarità di cui sta iniziando a godere, e che alla sua prima data da co-headliner in Italia è riuscita a coinvolgere tutti unanimemente, ed inizialmente mettendo in saccoccia una innegabile vittoria.
Attenzione però, perché le sorprese non sono finite, e dall’Inghilterra sta per giungere qualcuno con qualcosa da dire.

Setlist:
Butterfly
Momma Likes The Door Closed
Nightfall
Fame
Jackie
Double Negative
Suicide Today
Raigeki
Why
It Doesn’t Really Matter
Can You Hear The Rain
Heroin
When Will God’s Work Be Done
Time Goes On
Flatline
Pet Sematary (Ramones cover)
Give Me To The Night
Dragon, Why Do You Cry?

Per l’appunto, per quanto potesse essere impensabile dopo lo show maiuscolo degli Unto Others, i britannici GREEN LUNG si posizionano di fronte al vigile sguardo del loro totem, decidendo sin da subito di non fare prigionieri, radendo la venue al suolo sin dallo scoppiare della opener “Woodland Rites”, title-track dell’omonimo album d’esordio di una delle più stimate realtà old-school metal degli ultimi anni.
Per chi non lo sapesse, parliamo di una formazione che ha saputo trovare il proprio posto all’interno del filone epic doom, aggiungendoci una forte componente stoner e impreziosendo il tutto con una verve compositiva dal retrogusto rituale, volto ad incrementare ulteriormente l’immedesimazione dell’ascoltatore, inevitabilmente proiettato in atmosfere degne di una celebrazione di stregoneria satanica nel bel mezzo di una fitta foresta, all’ombra di possenti ed inquietanti rovine medievali.
La loro capacità di mettere in scena il folklore horror anglosassone è seconda solo alle loro doti musicali, che stasera vengono letteralmente caricate e poi ruggite in faccia a tutti i presenti, tramite l’ausilio di volumi da far sanguinare le orecchie, ma mantenendo tutto ben nitido e distinguibile, portandoci ad eleggere ben tre protagonisti assoluti: il frontman Tom Templar non solo canta da paura, ma propone una presenza scenica tanto essenziale quanto carismatica, e il tastierista John Wright sciorina inserti di organo capaci di far accapponare la pelle. Anche se, a ben pensarci, l’influenza più massiccia proviene decisamente dal chitarrista Scott Black, che con la sua Gibson SG riesce letteralmente a bissare quanto fatto da chi ha calcato il palco prima di lui, tra riff scurissimi e suggestivi fraseggi solisti.

Impeccabile anche la scaletta, che non lascia indietro pressoché nulla, stimolando la nostra voglia di headbanging sulle fasi cadenzate, come “Templar Dawn”,”Old Gods” o l’ancora più lenta “Graveyard Sun”, ma lasciando anche spazio a qualche ben dosata accelerazione, grazie alle varie “Call Of The Coven”, “Maxine (With Queen)” e “Hunters In The Sky”. Anche se il momento più penetrante è decisamente da ricercare nella cupa e tribale “Song Of The Stones”, che con la sua combinazione musicale prettamente folk riesce persino ad oscurare quanto fatto con il distorsore a cannone.
C’è poco da dire, con la loro possanza musicale i Green Lung ci han fatto vedere letteralmente il diavolo in faccia riflesso nella lama di una spada, e dopo essersi congedati sulle note di “Let The Devil In” e “One For Sorrow”, sono anche riusciti a mettere in crisi le nostre conclusioni sullo spettacolo odierno, in quanto riteniamo di aver assistito alle prove di un autentico tris d’assi, ciascuno col proprio stile e le proprie priorità stilistiche, applicate in quello che riteniamo sia stato un autentico crescendo di qualità e capacità di coinvolgimento.
Uno dei migliori concerti di questo primo trimestre del 2025, nonché prova di quanto i giovani siano capaci di farsi valere all’interno di una scena sempre più caotica e snaturata: questa sera infatti ha parlato la musica, e con essa lo stile e l’atmosfera, per un risultato finale memorabile e degno di un evento metal di serie A.

Setlist:
Woodland Rites
Mountain Throne
Templar Dawn
Call Of The Coven
Song Of The Stones
The Forest Church
Hunters In The Sky
Maxine (Witch Queen)
Graveyard Sun
The Harrowing
Old Gods
Let The Devil In
One For Sorrow

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