11/11/2011 - HAMMERFALL + VICIOUS RUMORS + AMARANTHE + DEATH DESTRUCTION @ Magazzini Generali - Milano

Pubblicato il 17/11/2011 da

Introduzione e report a cura di Dario Cattaneo
Foto di Francesco Castaldo

Anche in questo freddo pomeriggio di novembre ci ritroviamo a passeggiare sul davanti della venue milanese Magazzini Generali, che tra poche ore sarà teatro di uno show ad alto tasso metallico ad opera di band dal suono classico come gli Hammerfall o gli storici Vicious Rumors e anche di ensamble dal suono più moderno come gli Amaranthe e i Death Destruction. Le premesse per una serata interessante ci sono dunque tutte, anche se con il senno di poi parleremo di questa serata come caratterizzata da luci e ombre. Il problema risiede nel fatto che, se in sede di report live, si potesse parlare solo di musica, avremmo anche potuto lasciarci andare a larghi sorrisi e descrivere con buone parole una manciata di show che comunque non hanno mancato di divertire il pubblico, ma quando si parla di live dobbiamo renderci conto che appunto non stiamo parlando di un disco e che quindi esistono anche altri fattori, oltre all’ovviamente importantissimo aspetto prettamente musicale. Questi riguardano anche il palco e l’organizzazione, che in questo caso si sono rivelati appunto i punti deboli dell’intera serata: punti deboli che, anche se non hanno affossato un evento guidato al successo dalla simpatia e dalle buone performance delle band presenti, non hanno mancato di generare sbuffi e far porre più di qualche domanda ai presenti. D’altronde, vedere una band che non ha spazio di muoversi sul palco e che deve passare l’intera performance praticamente immobile, oppure, come pubblico, essere ‘sbattuti fuori’ da una sala concerti alle 22.00 di sera, non capita certo spesso. Vediamo però come è andata, in un articolo che spazia dai plausi per le band sul palco alle perplessità generate dall’organizzazione generale… 

DEATH DESTRUCTION
Anche se non abbiamo assistito allo show dei Death Destruction, e quindi non potremmo parlare dello show in se, molto potremmo dire a proposito appunto dell’organizzazione generale della serata. Con apertura delle porte alle 17.00 del pomeriggio di un giorno feriale, ovvero in pieno orario lavorativo, ed inizio del concerto dei supporter subito dopo, non possiamo stupirci troppo del fatto che la gente sotto il palco sia davvero poca. Di solito si cita la scarsa affluenza di popolazione metallica sotto lo stage presentandola come lo specchio di uno scarso interesse per la proposta musicale della band stessa, ma in questo caso non ci sentiamo di farlo. Le tempistiche dei concerti risultano incompatibili con gli orari di lavoro della maggior parte del popolo interessato all’evento (si ricorda che Hammerfall e soprattutto Vicious Rumors sono attivi da un paio di decadi almeno, e quindi molti dei loro fan più sfegatati non hanno certo l’età per essere studenti),  e neanche noi riusciamo infatti ad essere della partita in tempo per vedere questa band, che tra le presenti della serata era quella con la proposta più atipica ed estrema. Arriviamo solo alla fine del peraltro cortissimo show, in tempo per vedere la minuscola popolazione metallica presente allontanarsi dal palco per una birra. La scena ci lascia perplessi, tanto più che pensavamo (forse speravamo) che prima delle 18.00 le band non avrebbero cominciato a dar mano agli strumenti…

AMARANTHE
Tra le perplessità citate nell’occhiello introduttivo, quella relativa alle dimensioni dello stage viene messa impietosamente sotto gli occhi di tutti dalla band di origini danesi/svedesi. Presentando ben tre cantanti (caratteristica principale della band, peraltro) lo spazio sul palco risulta veramente ridotto per tutti i performer, e quindi, nel corso della quarantina di minuti di spazio che la band ha per se stessa, possiamo sì godere della buona musica prodotta dai vari musicisti, ben supportata stavolta dall’impianto tecnico con suoni finalmente ben bilanciati, ma possiamo anche rimanere perplessi dall’impossibilità dei tre frontman a fare qualcosa che non sia il semplice cantare o esibirsi in un educato headbanging sul posto per via della mancanza di spazio. Non sappiamo se la colpa sia del massiccio muro di luci e della mastodontica batteria degli Hammerfall che incombono dietro i sei membri della band, ma l’effetto finale è comunque un po’ deprimente, soprattutto se riportato su una band dalla proposta musicale energica e vitale come appunto gli Amaranthe. I musicisti fanno comunque tutto il possibile per rendere lo show degno di essere visto, e rimaniamo colpiti – come già ci era successo quando la band era supporter dei Kamelot qualche mese fa – sia della coesione e della presa che i loro chorus così catchy hanno sul pubblico, sia dell’ottimo growl di Solveström, autentico mattatore dello show. Rivisitando i momenti più esaltanti del debutto omonimo, gli Amaranth sono indubbiamente autori di una buona performance, che lascia l’impressione di una band scagliata a folle velocità verso un futuro pieno di successi, ma frenata in questa serata da un oggettiva mancanza di spazio necessario ad una performance più completa.

VICIOUS RUMORS
Appena il tempo di vedere andare via gli Amaranthe dal palco, che nel giro di 20 minuti esso torna ad essere calcato da una formazione decisamente più ‘classica’, sia dal punto di vista musicale che da quello della lineup. Caratterizzati infatti da una più standard formazione a cinque elementi, con le canoniche due chitarre, basso, batteria e voce, e autori di un metal di stampo priestiano che affonda le proprie radici direttamente negli anni ’80, i Vicious Rumors sono qui per rappresentare l’aspetto più storico ed intransigente della musica metal. E nel corso della loro oretta di concerto ci riescono benissimo, ripresentando con canzoni prese principalmente dai vecchi lavori come “Digtal Dictator” e “Soldiers Of The Night” uno scorcio del glorioso heavy metal incontaminato come lo si faceva una trentina di anni fa. Dopo le stranezze compositive ed esecutive dei più sperimentatori Amaranthe, questo tuffo nel passato è assai gradito dai più tradizionalisti trai presenti, ma anche dalla ‘nuova leva’, giovani metallari che della band californiana apprezza la potenza delle ritmiche, il cantato stridulo e gli interminabili duelli solisti intessuti da chitarre dal look quanto mai aggressivo. Buona performance, dunque, impeccabile dal punto di vista strumentale e discreta anche da quello visuale, interrotta a metà da un simpatico siparietto degli Hammerfall che fanno la loro comparsa sul palco per augurare un felice compleanno a Geoff Thorpe, che nella serata superava la soglia dei 58 anni. Anche l’oggettiva dimensione ridotta del palco riscontrata con gli Amaranthe qui sembra passare in secondo piano, lasciando ai cinque performer lo spazio quanto meno di muovere le lungocrinite capocce al ritmo delle loro ritmiche forsennate e di inclinare le chitarre verso l’alto nelle classiche pose da guitar hero che tanto fanno band ottantiana. Unico neo della serata, e del tour intero, è la mancanza del chitarrista Kyoishi Morgan per motivi famigliari. Lo avevamo tanto apprezzato sull’ultimo “Razorback Killers” ed eravamo curiosi di sentire il suo stile così incisivo e tagliente anche dal vivo. Peccato, appuntamento alla prossima volta e ancora auguri al neo cinquattottenne Geoff, che non poteva a nostro avviso festeggiare compleanno migliore!

HAMMERFALL
All’alba delle 20:30 giungiamo al concerto degli Hammerfall, headliner della serata. Sorvolando sul fatto che a molti tra i presenti questo non sembra essere un orario molto tradizionale per una band headliner, possiamo finalmente vedere il palco dei Magazzini Generali in tutta la sua dimensione. Compaiono un interessante muro di luci – che si rivelerà utile a creare un gradevole contrasto tra illuminazione, fumo e silhouette dei musicisti durante lo show – ed uno stendardo raffigurante un possente martello; la batteria di Johansson viene poi finalmente scoperta, rivelando uno scintillante drumkit dotato di una minacciosa doppia cassa e di una vasta serie di cimbali, tutti messi a disposizione del terremotante drummer svedese. I cinque metallers fanno la loro presenza sul palco, facendoci capire subito che sono intenzionati a rapire la nostra attenzione dall’inizio fino all’ultimissimo minuto di questa infuocata performance. Con un Oscar lanciatissimo in siparietti e smorfie, e grazie soprattutto ad un Joacim Cans mattatore ultimo della serata, gli Hammerfall ci donano un concerto come non ne sentivamo da tempo, che già alla terza canzone spazza via tutte le perplessità e il fastidio che provavamo per le già citate questioni organizzative.  Prima di questa serata ci eravamo spesso chiesti come la band svedese avrebbe amalgamato la sensibile svolta verso lidi meno power e più classici dell’ultimo disco “Infected”, preoccupati che il suono più massiccio ma meno agile delle ultime song avrebbe risentito sulla fruibilità di uno show dinamico come appunto quello degli Hammefall; ma questi dubbi ci vengono dissipati subito con l’iniziale “Patient Zero”, eseguita con piglio sciolto e marziale dalla band e cantato da tutti i fan. Le più storiche “Heeding The Call” e “By Any Means Necessary” vengono sparate con la violenza di una palla di cannone per dirci che per gli Hammerfall non esiste alcuna differenza tra vecchio e nuovo e che tutto quello che sentiremo sarà al 100% nello stile che tutti noi apprezziamo da loro: melodico, potente e dannatamente accattivante. Tutti i pezzi del nuovo album, dalla spettacolare “B.Y.H” alla tiratissima “Dia De Los Muertos” risultano bene impastate nell’organico di una setlist bilanciatissima, che copre più o meno tutti gli album, non omettendo alcun cavallo di battaglia. Verso la fine, una magistrale successione di pezzi da novanta quali “Legacy of King”, “Steel Meet Steel”, “Let The Hammer Fall” e “The Dragon Lies Bleeding” lascia definitamente il pubblico in ginocchio, esausto ma felice. Un ultima menzione la possiamo fare per il singolo “One More Time”, criticato da molti, ma assolutamente adatto al suo ruolo di penultimo encore, prima della solita “Hearts On Fire”, dove Cans fa chiedere a tutti i presenti di suonare per loro ‘One More Time’, appunto. E noi non vediamo l’ora che ritornino, per vederli un’altra volta ancora. Come recita la canzone.

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