Report a cura di Davide Romagnoli
Fotografie di Francesco Castaldo
Qualcuno dice che non si festeggia la domenica. Fatto sta che proprio in questa domenica di metà novembre, invece, ci ritroviamo ad avere un party per l’avvento di due realtà imprescindibili per il panorama hard rock degli ultimi anni. Impossibile per ogni rocker maledetto che ha venduto la propria anima al diavolo del rock’n’roll non fare capolino in quel dell’Alcatraz per sfoderare i pantaloni di pelle, la canotta degli Aerosmith e i tattoo dei Motley o dei Guns, sciogliersi la coda e spararsi almeno un paio di medie. Venrez, Buckcherry e Hardcore Superstar per una spirale di esaltazione di vizi, must imprescindibili per il buon vecchio e sano immaginario della musica dell’eccesso. E così, dall’eroina del simil-grunge dei Venrez si passa al “love the cocaine” e al sesso a pagamento dei Buckcherry, fino al “fuck the law” degli svedesi. Ah: e alla bevuta collettiva sul palco dove fan e band si mischiano in un’osmosi perfetta, in un panteismo mistico che ci fa affermare che il buon dio (o demone) del rock’n’roll è – ancora – qui stasera.
VENREZ
Dire che si viene da LA fa sempre far bella figura. Anche se, questa volta, il sound che proviene dalla musica dei Venrez è più vicino a quello di Seattle che all’hard rock più canonico dei californiani in giacca di pelle. Un simil-grunge condito di R’n’R condisce la proposta del gruppo del frontman Venrez, che ricorda un po’ i vecchi fasti di Lou Reed per impostazione e appeal. Forse non propriamente in perfetto feeling con il mood della serata, ma la prova della band è ottima ed efficace a far capire che questo è un progetto che merita moltissima attenzione. Qualcosa che rimanda agli Stone Temple Pilots o agli Alice In Chains (un Cantrell che risuona nelle corde del buon Venrez) o addirittura qualcosa di Jesus And Mary Chain o Echo And The Bunnymen. Band come questa possono non entusiasmare in contesti come quello odierno, poiché offrono un’attitudine diversa, ma pur sempre carismatica, ben suonata e di buon gusto. Suonare con musicisti come Womack e Davis, ex-Juliette Lewis and the Licks, o Alex Kane dei Life Sex and Death, fa capire che questi sanno quello che fanno. Promossi a pieni voti.
BUCKCHERRY
Entrare con “Lit Up” fa sempre il suo effetto. Anche se fossimo dei puristi dello spirito, non si potrebbe evitare di intonare con Todd ‘I love the cocaine’ e non prendersi bene al ‘Milano Cocaina!’. E se proprio queste cose non le possiamo tollerare, così come l’immoralità esplicita dei losangelini, be’, questo non è il posto per noi. L’estetica al servizio della musica assurge qui a paradigma efficace e appeal indiscutibile. Continuando con le hit imprescindibili, ben al di là dell’etica comune, di “Porno Star” e “Crazy Bitch”, non si può non battere le mani di gusto per la resa dei Buckcherry di questa sera. Una sera condita di suoni quasi perfetti qui all’Alcatraz. Di quelli che si sentono più-mai-che-qualche-rara-volta qui in Italia. Tutto scorre via alla perfezione, setlist che non tralascia poi molto, Stevie D e Keith Nelson che sciorinano assoli all’unisono, la voce di Josh Todd che fa quel che deve, e là dove non arriva ci pensano il suo charme e i suoi tattoo da far perdere la voce stessa al pubblico femminile che pende dalle sue labbra (e fisico annata 1970). Il gruppo è di una precisione invidiabile e sfodera una prestazione maiuscola, dando buono spazio anche alle nuove hit dell’ottimo “Confessions”, ad esempio “Gluttony”, “Nothing Left But Tears” e “Wrath”, che chiudono il set tra gli applausi e il lancio di reggiseni sul palco. Il rock’n’roll di Los Angeles sui palchi si fa sempre sentire. Non mente mai. Da mano sul fuoco.
Setlist:
Lit Up
Rescue Me
All Night Long
Dead Again
Everything
Sorry
Dead
Porno Star
Sunshine
Gluttony
Nothing Left But Tears
Borderline
Crazy Bitch
Wrath
Whiskey In The Morning
HARDCORE SUPERSTAR
Sì, lo sappiamo che gli Hardcore Superstar la tirano un po’ troppo in lungo; lo sappiamo che parlano un po’ troppo; che la loro attitudine più punk non li rende precisissimi nelle esecuzioni; che potrebbero fare qualche pezzo in più; che non c’è mai un colpo di scena tra le date del tour; che dalle nostre parti li abbiamo visti in tutte le salse. Lo sappiamo, certo. Eppure, come ogni volta, non si può non cantare il chorus di “Wild Boys” e di “Dreamin’ In A Casket”, non si può non swingare col bacino durante “Moonshine”, non si può non alzare il dito medio per “Above The Law”, non si può non farsi prendere dalle spalle dal moroso per “Someone Special”, non si può non prendersi bene con la nuova “One More Minute”, non si può non porre il braccio al collo del vicino sconosciuto per “My Good Reputation”, non si può non cercare un approccio con la rocker scatenata di fianco durante “Guestlist”, poco importa che si finisca col ‘Who the fuck are you?’, non si può non cercare di salire sul palco e farsi un cheers con la band durante “Last Call For Alcohol”, non si può non esaltarsi come dei ragazzini ogni volta che parte “We Don’t Celebrate Sundays”. Non si può, appunto. E’ solo rock’n’roll. E chi ha venduto l’anima per questo, non può che rispondere a Jocke con un ‘fuck yeah’. Ancora una volta.
Setlist:
Moonshine
One More Minute
Kick On The Upperclass
My Good Reputation
Into Debauchery
Guestlist
Long Time No See
Dreamin’ In A Casket
Wild Boys
Someone Special
Above The Law
Run To Your Mama
Last Call For Alcohol
We Don’t Celebrate Sundays