Live report a cura di Luca Paron
Serata irrinunciabile per i glamster nostrani, quella organizzata da Bologna Rock City e Barley Arts in occasione della terza edizione del Glam Fest. Di scena le glorie Tigertailz, forse il migliore esempio del glam-street inglese degli anni ottanta, e gli svedesi tutti pelle e borchie Hardcore Superstar, ormai nel pieno della maturità artistica ed in grado di raccogliere sempre più consensi pure tra i metalkid più accaniti. Citazione anche per i tre giovani gruppi italiani che hanno aperto il mini-festival, Noise Pollution, Snakez e Snakebite: senza’altro interessanti ma con ancora della strada da percorrere per affinare le proprie doti.
TIGERTAILZ
Le tigri del Galles, forse un poco spelacchiate a livello fisico dall’avanzare degli anni ma ancora musicalmente in formissima, fanno capolino sul palco dell’Estragon in perfetto orario acclamate dai coloratissimi spettatori pervenuti. L’età media dei presenti è piuttosto alta, ma non mancano comunque ragazzi più giovani che forse neppure hanno mai sentito parlare della band di Jay Pepper. I cinque suonano che è un piacere: pezzi più vecchi si alternano con alcune novità per una scaletta che sembra accontentare la platea. Su tutte svettano “Livin’ Without You”, “Heaven” (dedicata allo scomparso Pepsi Tate, ex bassista del gruppo), “Twist And Shake” “Dirty Needlez” e la splendida “Love Bomb Baby”. Sorpresa finale le cover di “Creeping Death” e “Peace Sells”, che picchiano duro e danno occasione ai nostri di sfoderare tutta l’abilità strumentale. Buonissimo show forse non graziato dall’acustica, con le chitarre in alcuni pezzi veramente troppo basse, ma che mostra una band ancora in gamba, capace di insegnare rock a molti dei colleghi più giovani, anche in quanto a presenza scenica.
HARDCORE SUPERSTAR
Sulle note di “This Worm’s For Ennio”, intro dell’ultimo album, gli Hardcore Superstar fanno il loro ingresso tra le urla dei presenti. La partenza è di quelle col botto: “Beg For It” assesta il primo duro colpo alle corde vocali del pubblico che non smetterà di cantare dall’inizio alla fine dello show. La band è in forma smagliante e non sta ferma un secondo. “Into Debauchery” ribadisce il concetto, con il nuovo (ormai non più tanto…) Vic Zino alla solista assolutamente scatenato: salta, corre, fa il poser… e soprattutto suona in maniera divina da consumato live performer. Magnetico. “Medicate Me” si alterna con “Shades Of Grey” (la canzone degli HCSS preferita da Nikki Sixx, stando alle parole di Jocke Berg) e “Nervous Breakdown”, per un continuo e certosino saccheggio dagli ultimi tre album che continuerà per tutta la serata. “My Good Reputation” ha uno dei cori più irresistibili che si possa immaginare, e quando si ha un batterista come Adde è difficile non farsi prendere dal ritmo. I ragazzi sono degli animali da palco, e la breve intro di “Kick On The Upperclass” sembra la quiete prima della tempesta scatenata dal pezzo e dall’esuberanza dei nostri. Jocke canta con trasporto ed esperienza, dando il meglio anche nei pezzi dove la voce la fa da padrona: come nelle altre date di questo tour c’è il ripescaggio di “Shame” (non più eseguita da sei anni) in una breve versione chitarra e voce che va a confluire in una “Standin’ On The Verge” che fa da vetrina della bravura del cantante. Il momento più soft finisce presto e dopo una breve pausa “Need No Company” riaccende la miccia, mentre la bomba detona con “Bag On Your Head” e “Wild Boys”. Ma non è ancora finita: “Dreamin’ In A Casket” e soprattutto “We Don’t Celebrate Sundays” sembrano dare il colpo di grazia alle coronarie dei fan ormai stremati quand’ecco che, con studiata improvvisazione, Jocke e soci mettono sul piatto “Someone Special”, ed il gioco è fatto. Grande concerto che segue un gran disco; forse un paio di canzoni in più ci sarebbero state bene, ma il livello offerto è stato veramente stellare e non si può recriminare nulla. Conferma definitiva di un gruppo che ha trovato la propria formula vincente.