Report di Giuseppe Caterino
Fotografie di Fabio Livoti
La passione che lega a doppio filo gli Hardcore Superstar e il nostro paese è quasi un cliché ormai, ma sembra essere una cosa assolutamente vera e costante: del resto è lo stesso Jocke Berg, cantante della band, a non smettere di ripeterlo sul palco di questa prima di tre date su suolo italico, mentre a dimostrarlo ci sono anche l’entusiasmo del pubblico milanese e il divertimento sincero sul palco, così come la varietà di stile dei presenti al Live di Trezzo (e dei vari pubblici che abbiamo visto avvicendarsi nelle molte volte che abbiamo assistito a show della band nel corso dell’ultima abbondante ventina d’anni).
Un’audience crescente nel corso del tempo e fedele anche dopo qualche disco un po’ debole, e che stasera si attesta in circa un migliaio (a occhio) di persone festanti e contente.
E’ un freddo venerdì sera quello che ci accoglie a Trezzo sull’Adda, e per una combinazione letale di problemi in ufficio e traffico centro-milanese, perdiamo gli opener, South Of Salem; arriviamo quando è già cominciato il concerto della seconda band in scaletta, quella che porta il nome di Wednesday 13 e che per l’occasione ripercorrerà un repertorio di soli pezzi dei Murderdolls.
A dire il vero, una volta arrivati, passiamo una buona ventina di minuti in fila all’ingresso, non tanto perché ci sia tantissima gente, ma per un sistema di accesso che ci è sembrato un po’ farraginoso, ovvero la richiesta del numero di telefono ad ogni pagante, e conseguente invio di un QR code che consisteva nel biglietto. La cosa ha decisamente rallentato il ritmo delle entrate, e probabilmente sarebbe stato meglio saperlo prima; unico neo, e in fin dei conti niente di troppo grave, ma magari un minimo di informazione pregressa sulla faccenda avrebbe fatto bene. Questioni organizzative a parte, abbiamo assistito ad un grande ritorno degli headliner, ed ecco com’è andata!
Al nostro ingresso al Live, oltre ad un delizioso tepore in contrasto al freddo glaciale che abbiamo percepito all’esterno, un suono molto compatto e buono ci dà il benvenuto grazie a WEDNESDAY 13 che presenta proprio in quel momento “Die My Bride”, brano che ci sembra ottimamente suonato come un po’ tutto quello che avremo modo di sentire per i circa venti/venticinque minuti che ci restano.
L’atmosfera è buona, anche se si percepisce un po’ di stacco tra gli ammiratori della band nella prima metà della platea e chi seguiva con meno interesse le gesta della band.
Wednesday 13 in sé è un gran forma, va detto: cravatta rossa e ventilatore sotto microfono, si fa forte della propria esperienza da vero animale da palco, ma non neghiamo che la sensazione ‘revival’ è piuttosto forte, e le canzoni dei Murderdolls sembrano tenere in piedi un po’ tutta la faccenda.
La band non appare così coesa, e a svettare è sicuramente il cantante, tra luci da festa da liceo e grancassa con led rossi; si susseguono brani quali “Summertime Suicide”, la cover di “White Wedding” di Billy Idol e “I Love To Say Fuck”, cantata con divertimento da gran parte dei presenti, tutti col dito medio alzato.
Insomma, sarà che non siamo entrati moltissimo nel cuore della faccenda (e non siamo granché fan della band), ma possiamo dire che il concerto dei Wednesday 13 è ‘scivolato via’ con fluidità, senza grossissimi scossoni ma senza andare sotto uno standard di buona prestazione, che avrà fatto felici i fan più duri e puri del gruppo.
Si respira ben altra aria, onestamente, quando ci si trova in attesa per gli HARDCORE SUPERSTAR: fa sempre piacere vedere un mix di gente normalissima, ragazzi un po’ più attempati, metallari della prima ora e nuove leve in attesa di questi sleazer svedesi, che nel corso degli anni, anche grazie a concerti mai deludenti, si sono creati uno zoccolo duro di veri affezionati.
Un fascio di luce tinge di verde il palco, mentre parte nelle casse l’intro ad opera di “This Worm’s For Ennio”, che vede entrare i quattro alla spicciolata, pronti a dare il via alle danze con “Beg For It”, brano perfetto, per chi scrive, per settare i suoni e per scaldare l’atmosfera. Suoni più che discreti già all’inizio, forse la voce sembra giusto un po’ impastata a dire il vero, ma migliorerà a breve, almeno dalla nostra postazione.
Segue velocemente “Into Debauchery”, cantata da chiunque come praticamente tutta la scaletta il concerto: il brano segna il primo problema per l’asta di microfono del bassista Martin Sandvik (aiutato da un tecnico di palco, spesso on stage per quest’asta e ‘vittima’ dei lazzi di Jocke Berg, che lo accompagna anche fuori mano nella mano, continuando a cantare).
Gli HCSS sono ormai dei professionisti consumati, capaci di far presa sulla folla già dai primi istanti del concerto, di gestire i tempi e il proprio pubblico, e in particolare Jocke Berg, che avrà in cantina un quadro che invecchia al posto suo, ha ancora un carisma e un magnetismo invidiabile, oltre a una voce sempre sul pezzo (aiutata in parte dai cori e da qualche coro in base, va detto). I brani prescelti per questa scaletta sono pescati da diversi dischi, prettamente post-“Hardcore Superstar”, che ha la parte del leone, assieme all’ottimo “Split Your Lips”, da cui verranno estratti ben quattro brani, tra cui la celebrata “Moonshine”, cantata a squarciagola, e “Last Call For Alcohol”, con l’ormai tradizionale e sempre spassoso lancio delle birre dal palco.
Il concerto scorre che è un piacere tra brani quali la coinvolgente“She’s Offbeat”, “Medicate Me”, dal buon “Dreamin In A Casket” o “We Don’t Need A Cure” (introdotta facendo cantare il pubblico). La band suona come un orologio, a dispetto di un genere che potrebbe permettersi diverse sbavature, e risulta molto impattante anche senza un pilastro storico come Adde, sostituito alla batteria da un ottimo Johan Reivén (autore di un paio di brevissimi momenti in cui ci è sembrato accennare l’inizio di “Hammer Smashed Face” dei Cannibal Corpse e “Running Free” – molto spassosi per chi scrive, se realmente era quella l’intenzione). A dire il vero, l’unico che sembra un po’ più indietro rispetto ai compagni, a livello d’impatto, è il chitarrista Vic Zino che, pur forte di una prestazione ragguardevole, sembra in qualche modo avere un po’ meno impatto che su disco.
La serata va avanti, ed eccoci che tra una “Kick On The Upperclass”, un mini-medley acustico (con richiesta di luci dei cellulari, versione moderna degli accendini, ad accompagnare l’esibizione) composto da “Run To Your Mama” e “Standin’ On A Verge” , e la sempre piaciona – e per chi scrive sempre irresistibile – “Someone’s Special” (e a dire il vero avremmo sperato in qualcosa di più dai primi dischi, praticamente ignorati), la band alza il livello ‘festaiolo’ con le citate “Moonshine” e “Last Call For Alcohol”, per prendersi poi un attimo di pausa.
Qualche minuto e rientrano con “Above The Law” – con Jocke che decide di cantare da sopra il bancone del club – e due cartucce sparate una dietro l’altra, ovvero “We Don’t Celebrate Sundays” (molto più veloce dell’originale e con un tiro devastante) e “Electric Rider” (canzone che guadagna molto rispetto alla versione su disco).
Si arriva alla fine, Jocke ringrazia ogni singolo membro della crew e mostra orgoglioso una bandiera italiana con scritto ‘HCSS Italian Forum’, ricordando ancora una volta quanto bene si trovino dalle nostre parti.
Infine tocca a “You Can’t Kill My Rock And Roll”, diventata a modo suo un classico moderno della band e cantata da tutti, a chiudere un concerto durato un’ora e mezza che ha visto ancora una volta gli Hardcore Superstar dimostrare il proprio valore, magari un po’ ballerino su disco ma ancora notevole dal vivo.
Concerto finito tra ringraziamenti e saluti dal palco sulla base di “Simply The Best” di Tina Turner, con tanto di ritornello mimato verso il pubblico, a conferma che per quanto si possa diventare professionisti, sotto sotto si resta sempre un po’ cazzoni, proprio come il pubblico divertito come ad un’assemblea d’istituto coi primi gruppi punk. Ci dicono arrivederci, gli HCSS e, in effetti, se questo resta lo standard della band, probabilmente ci saremo anche la prossima volta a fare ancora un po’ di festa.
SOUTH OF SALEM
WEDNESDAY 13
HARDCORE SUPERSTAR