A cura di Luca Pessina
Il tour che quest’anno tutti i death metal fan stavano aspettando è finalmente arrivato in Italia! Un bill di tale calibro non lo si vedeva da tempo on the road e la massiccia affluenza in quel dell’Indian’s Saloon di Bresso, alle porte di Milano, non ha fatto altro che offire una ancor più bella cornice a questo già di per sé notevole avvenimento. Vediamo come è andata…
PREJUDICE
Il quartetto belga aveva il compito di scaldare a dovere il pubblico in attesa dei seguenti e ben più carismatici gruppi del bill. Il loro ‘tech brutal death metal’ (così amano definirlo) ha abbastanza coinvolto i presenti, nonostante un suono delle chitarre a volte deficitario e una presenza scenica non scadente ma migliorabile. Buona la varietà ritmica delle composizioni, così come diversi dei riff profusi… la promozione quindi non si nega, ma sarebbe interessante ascoltarli su disco!
DEEDS OF FLESH
Per molti i veri dominatori della serata. E in effetti il terzetto capitanato da Erik Lindmark ha davvero offerto una prova maiuscola, baciata da suoni eccelsi e da un feedback dal pubblico assolutamente degno di nota! Compattissimi e più che mai affiatati, i Deeds Of Flesh hanno tenuto banco per mezz’ora (troppo poco!), riversando sulla folla i loro più noti cavalli di battaglia, tra cui una devastante “Deeds Of Flesh”, per chi scrive apice dell’intero show! Alla luce di questa allucinante performance non si può far a meno di constatare quanto questa band sia troppo spesso sottovalutata e non presa in considerazione. Perché non c’è mai spazio per loro nei vari No Mercy e X-Mass festival? Magari al posto dei soliti Carpathian Forest, Vomitory, Nile, Vader, Malevolent Creation, etc., etc… tutte band valide, ci mancherebbe, ma che praticamente ormai vivono in tour! Mah…
DYING FETUS
Ultimamente mi ritrovo sempre più spesso ad associare l’espressione ‘concerto coinvolgente’ al moniker di questa band. Sarà forse perché il quintetto del Maryland, dal punto di vista live, non sbaglia un colpo da anni? Esattamente, e il concerto di stasera certo non fa eccezione! Difficilmente si può esprimere a parole che cosa sono in grado di fare i Dying Fetus su un palco e che cosa sono in grado di scatenare sotto di esso. Ogni loro show è divertimento allo stato puro, difficilmente si rimane impassibili sulle dinamicissime note delle varie “Praise The Lord”, “Killing On Adrenaline” o “One Shot, One Kill”. Si viene sballottati saltellando da una parte all’altra del locale, si fa headbanging, stage diving… il tutto sulle note di una musica tanto violenta quanto catchy ed immediata. Non c’è nessun gruppo nel genere che possa vantare una simile reazione nel pubblico ad un proprio concerto. I Dying Fetus hanno il grande pregio di saper intrattenere: si può rimanere distaccati ma affascinati dal loro modo di suonare (tecnicamente sono dei mostri) oppure farsi trascinare dal groove e zompare ovunque. Praticamente impossibile resistere loro… perfino se prima non avete mai sentito una loro nota, provare per credere!
HATE ETERNAL
Premessa: il sottoscritto trovava assolutamente immeritata la posizione nel bill degli Hate Eternal. E’ mai possibile che una band con soli due album alle spalle (neanche troppo buoni) suoni da headliner sopra gente come Dying Fetus e Deeds Of Flesh? Ormai si dà sempre più peso alla label di appartenenza, alla presenza di nomi più o meno famosi e a cose del genere anziché al reale valore/importanza dei gruppi… che tristezza! Veniamo al concerto comunque: gli Hate Eternal di Erik Rutan si sono esibiti davanti ad un pubblico lievemente più esiguo (un po’ di persone hanno lasciato il locale appena concluso lo show dei Dying Fetus), trovandosi sin dall’inizio a fare i conti con dei suoni impastatissimi. Purtroppo la situazione non è affatto migliorata con il passare dei brani (estratti equamente dalla discografia con una leggera preferenza per l’ultimo “King Of All Kings”), cosa che ha portato molti dei presenti, tra cui anche molti fan, ad allontanarsi dal palco preferendo allo show una buona birra. Il drummer si è comunque rivelato anche on stage un vero mostro, precisissimo e ultra tecnico, e Rutan nonostante qualche imprecisione, si è confermato chitarrista di prim’ordine e buon vocalist. Peccato davvero per i suoni, che hanno irrimediabilmente rovinato una prova che altrimenti sarebbe stata discreta. Anche se chi scrive continua a trovarli noiosi e decisamente sopravvalutati…