16/06/2024 - HATEBREED + CROWBAR @ Live Music Club - Trezzo Sull'Adda (MI)

Pubblicato il 22/06/2024 da

Report di Giacomo Slongo
Foto di Simona Luchini

Amici di lunghissima data, al punto che i rispettivi leader – Jamey Jasta e Kirk Windstein – hanno fondato una band insieme (parliamo ovviamente dei Kingdom of Sorrow, fermi al secondo full-length “Behind the Blackest Tears” del 2010), Hatebreed e Crowbar uniscono le forze per un tour pressoché imperdibile per gli amanti di certo hardcore/metal americano.
Come se non bastasse, oltre alla caratura già di per sé notevole dell’accoppiata, la ragione per cui gli headliner si ripresentano in Europa è per festeggiare il loro trentesimo anno di attività, ampliando il taglio celebrativo di tournée d’oltreoceano come quelle dedicate ai classici “Perseverance” e “The Rise of the Brutality”, e facendo giocoforza dell’unica data italiana al Live Music Club uno degli appuntamenti più caldi e violenti di questa estate.
Certo, la sovrabbondanza di eventi a Milano e dintorni, unita all’ampiezza del locale di Trezzo sull’Adda, non si può dire che abbia regalato un colpo d’occhio leggendario, ma la serata – a detta di chi scrive – è e resta di quelle da ricordare, merito di due gruppi che, come vedremo, hanno saputo dare il massimo sul palco.
Nota a margine (più che positiva) sulla politica applicata al banco del merch: avendo letto dei prezzi assurdi degli Slaughter To Prevail soltanto qualche giorno prima, non possiamo che applaudire la scelta di esporre le magliette a 30€, a riprova di come classe e umanità, anche in questi dettagli ‘di contorno’, siano qui doti imprescindibili, facendo sorgere parecchi dubbi sull’etica – se così vogliamo chiamarla – di tanti pseudo-fenomeni contemporanei…


Come detto, non è esattamente il pubblico delle grandi occasioni ad accogliere i CROWBAR, ma la situazione viene fin da subito bilanciata dall’energia e dal trasporto con cui i presenti – a giudicare dai look sfoggiati in sala, equamente divisi fra appassionati di hardcore/punk, metal estremo e sonorità melmose del profondo Sud degli Stati Uniti – accolgono la band della Louisiana.
Dal canto loro, forti di un carisma leggendario e di un’esperienza che non ha certo bisogno di molte introduzioni, Kirk Windstein e compagni cavalcano immediatamente l’ondata di entusiasmo delle prime file, attaccando a testa bassa con una setlist che, via via che il minutaggio procede, evidenzia sia un’intensità crescente, sia un animo prettamente old-school che ben si sposa al mood della serata.
Su dieci brani suonati, per tre quarti d’ora complessivi di performance, ben sette possono essere infatti ascritti alla lista dei classici e/o delle chicche dal passato, con quelli dell’album omonimo (“Negative Pollution”, “Fixation”, “All I Had (I Gave)”) e “Broken Glass” (“Burn Your World”, “Like Broken Glass”) a svettare proprio grazie alle influenze hardcore in evidenza, ovviamente integrate in uno sludge metal che – oggi come allora – trova nella possanza dei riff e nell’incedere schiacciasassi della sezione ritmica (da applausi, come sempre, Tommy Buckley dietro le pelli, tanto fantasioso quanto concreto) i propri baluardi espressivi.
Detto di un lider maximo in spolvero anche da un punto di vista fisico, meno appesantito di quanto ce lo ricordassimo, e di suoni decisamente a fuoco, lo show dei quattro di New Orleans sa insomma di successo, di quelli che – da soli – sarebbero bastati a giustificare la presenza all’evento. Redneck al potere.

Inizia quindi il cambio palco in vista degli HATEBREED, e anche qui, fedele al motto “la classe non è acqua”, la band di Jamey Jasta si distingue proiettando sul ledwall alle spalle della batteria una lunga serie di foto di repertorio che, dai remoti esordi di metà anni Novanta fino ai giorni nostri, ne ripercorrono la storia e le vicende sopra e sotto al palco, trasformando l’attesa (una volta tanto) in qualcosa di divertente e stimolante.
Poi le luci in sala si abbassano e alle foto si succedono delle clip registrate da vari musicisti/amici di lunga data del quartetto dell’East Coast (notevoli i contributi di Ice-T, Phil Demmel e Randy Blythe), ultimo antipasto prima che sulle note di “To the Threshold”, dal capolavoro “Supremacy”, i Nostri facciano irruzione sul palco per dare il ‘la’ alla devastazione sonora in programma.
Senza esagerare o passare per i fanboy di turno, basta davvero questo incipit per volersi stracciare la maglia in preda all’adrenalina e mettersi a battere i pugni sul petto in segno di vittoria, con il gruppo americano – tra le realtà più autorevoli e influenti mai partorite dalla scena metalcore mondiale – che dimostra immediatamente di non voler tradire le aspettative suscitate da un tour del genere, inanellando una sequela di classici che ha quasi dell’incredibile, supportato da una resa e da una presenza come al solito di prim’ordine.
A questo proposito, per realizzare la portata e l’unicità dello show confezionato dagli Hatebreed, vi invitiamo a scorrere qualche riga più in giù e a dare un’occhiata alla scaletta: “Perseverance”, “The Rise of Brutality”, il suddetto “Supremacy” e il mitico debutto “Satisfaction Is the Death of Desire” vengono letteralmente saccheggiati, con persino l’EP “Under the Knife” del ’96 immortalato dalla distruttiva “Smash Your Enemies”, chiamando giocoforza un pogo ininterrotto e cori a non finire da parte dei fan, magari non numerosissimi ma comunque ben lieti di godersi una simile infornata di cavalli di battaglia.
Certo, Jasta non ha più la potenza vocale di dieci anni fa, ma a conti fatti parliamo dell’unico, lievissimo segno di appannamento mostrato dalla formazione del Connecticut, che proprio nel carisma innato del frontman trova la sua arma principale, cui ovviamente si aggiungono delle soluzioni ritmico-chitarristiche che, facendo la spola tra hardcore metallizzato e thrash slayeriano, schiacciano tutto e tutti in crescendo strumentali puntualmente esplosivi e contagiosi.
Concetti e immagini che, nel violento mondo urbano degli Hatebreed, andrebbero vissuti sulla pelle, piuttosto che letti o descritti, e che in questa domenica di metà giugno si può dire siano stati restituiti con proverbiale intensità da una band i cui valori e i cui successi continuano a parlare da soli. “This spirit can’t be broken”.

Setlist:

To the Threshold
Live for This
Tear It Down
Looking Down the Barrel of Today
This Is Now
As Diehard as They Come
Betrayed by Life
Driven by Suffering
Everyone Bleeds Now
In Ashes They Shall Reap
Proven
Smash Your Enemies
Destroy Everything
Honor Never Dies
A Lesson Lived Is a Lesson Learned
Last Breath
Perseverance
Empty Promises
Defeatist
Seven Enemies
Doomsayer
I Will Be Heard

CROWBAR

HATEBREED

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