21/04/2017 - HATEBREED + DYING FETUS @ Circolo ARCI ZR (Zona Roveri) - Bologna

Pubblicato il 28/04/2017 da

A cura di Maurizio “morrizz” Borghi
Fotografie di Enrico Dal Boni

In moltissimi sull’agenda hanno segnato ‘Deftones’ sotto il 21 aprile. C’è però un’altra data molto allettante per essere un venerdì sera, qualche chilometro più a sud di Milano. Gli Hatebreed passano da Bologna per l’unica data del The European Confessional Part 1, con ospiti molto speciali quali i macellai Dying Fetus. Ad aprire la data italiana, i nostri Hierophant, che spostano ulteriormente le coordinate della serata verso il death metal e l’estremo: da buoni milanesi in trasferta, non facciamo in tempo ad assistere alla loro esibizione, che dal resoconto dei presenti pare aver rispettato le aspettative…


DYING FETUS

L’audience che popola stasera il Zona Roveri Music Factory probabilmente non conoscerà a menadito l’operato della leggendaria death metal band del Maryland, ma di sicuro può apprezzarne l’incredibile consistenza e, a set ultimato, constatare l’influenza sulla popolare scena deathcore. Complice il settaggio acustico eccellente, che a tratti si rivelerà migliore degli stessi headliner, il trio domina la sala senza fare un singolo passo sul palco, alternando caos controllato a partiture intricate coi soliti testi truculenti sul confine del grottesco, in un set senza cali di tensione. Una formula che John Gallagher non ha intenzione di cambiare e che probabilmente non deve cambiare, considerata la reazione avuta su di un pubblico quasi casuale. Viene eseguita anche “Fixated On Devastation”, ovviamente in linea con la discografia del gruppo e spietata allo stesso modo: le premesse per l’imminente “Wrong One To Fuck With” son sempre più allettanti.

 

HATEBREED

Hierophant e Dying Fetus hanno lasciato un’atmosfera frizzante; se a questa aggiungiamo l’attesa di ascoltare dal vivo le mazzate di “The Concrete Confessional”, la mezz’ora scarsa di cambio set sulle note dei RATM (davvero, ancora?) diventa quasi insopportabile. La curiosità verso i pezzi del nuovo album viene soddisfatta con l’opener “A.D.” e le successive “Looking Down the Barrel of Today”, “Seven Enemies” e, più avanti, “Something’s Off”: un taglio più veloce e thrash per i nuovi pezzi, che sono leggermente penalizzati da un’acustica che dev’essere messa a posto in corsa ma che in linea di massima confermano le proprie potenzialità – sempre che non siate i soliti che non vanno oltre a “Satisfaction Is the Death of Desire”. La setlist può esser sbilanciata solo all’inizio, perchè Jasta non attende a dichiarare che lo show andrà a celebrare i venti anni di attività del gruppo, scelta decisamente esaltante e apprezzata da tutti: verranno saccheggiati ampiamente “The Rise Of Brutality” e il già citato “Satisfaction…”, poi due o tre tracce da “Hatebreed”, “Supremacy” e “Perseverance”, mentre da “The Divinity Of Purpose” c’è solo “Honor Never Dies”. La chicca probabilmente è “Under The Knife”, dall’omonimo EP: per il resto, come è giusto per il tipo di scaletta scelta, si tratta di una riproposizione dei più grandi successi del gruppo, che demolisce i presenti chiudendo con le nucleari “Destroy Everything” e “I Will Be Heard”. La band, nel mezzo di diciassette date, non ha ancora visto un day off e forse comincia ad essere un po’ stanchina, ma nella migliore tradizione hardcore tira dritto veloce e potente, con grande motivazione soprattutto evinta dall’inossidabile frontman Jasta, una vera e propria icona impegnata su tutti i fronti, che non fa fatica a saltar fuori dal recinto della scena, sempre pronto a motivare sul palco e a promuovere rock e metal senza soluzione di continuità. Anche se indossa lo stemma della sfortunata Casa ‘morimo male’ Stark, il trono è suo. Un difetto però l’abbiam trovato, anche se non sul palco: possibile che sul banco del merch ci siano sempre le solite quattro maglie?

 

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