Siamo oramai giunti a metà ottobre, l’estate è oramai finita e l’inverno imminente minaccia di rendere questo autunno molto più corto di quanto potevamo pensare, ma a quanto pare i festival heavy metal non ne vogliono sapere di fermarsi, e si confermano anche qui nel Bel Paese come un fenomeno non solo estivo. Il festival in questione è il Heavy Metal.it Fest che tenta il successo allettando quella frangia dei propri lettori che stravede per il metal più classico e canonico, presentando una fine selezione di band emergenti che hanno prepotentemente detto la loro nel corso di questo anno oramai volto alla fine. Così la serata ci presenta, nell’ordine, tre agguerrite formazioni nord italiche come i torinesi Sound Storm, i rinnovati Bejelit, che provenendo dalla vicina Arona giocano praticamente in casa, e gli storici Highlord, altri fieri rappresentanti delle lande torinesi. A chiudere un bill certamente di spessore ci pensano gli affermati Elvenking, trai mattatori della serata, e il cosidetto ‘G3’ delle voci italiane: Italy’s Got Voice con Tiranti, Morby e Lione.I presupposti per una succosa nottata di puro heavy metal ci sono tutte…
BEJELIT
La distanza dal luogo del concerto e sfortunate coincidenze che ci portano a lavorare di sabato ci fanno perdere il sicuramente interessante concerto dei Sound Storm, che proprio su queste pagine virtuali ottennero quest’estate lo spazio dell’hot album… riusciamo ad entrare appena in tempo per sentire il frontman dei Bejelit Fabio Privitera declamare le prime strofe di “The Darkest Hour”, opener sull’ultima loro fatica “Emerge” e, per fortuna, anche opener di questo loro fin troppo breve concerto. La band si presenta subito in palla, alle prese con un pezzo cupo e tirato; i suoni fortunatamente rendono giustizia alla pulsante sezione ritmica che accompagna il brano. Neanche il tempo degli applausi, e di accorgerci che il bassista Novarino manca dal palco, sostituito per la serata da un amico della band, che una tellurica “Fairy Gate” ci investe, non lasciando dubbi sul fatto che la riscoperta vena power della band sia il filone giusta da cui trarre ispirazione per catturare le attenzione dei presenti. I ritmi si mantengono alti grazie alle veloci “Emerge” e “We Got The Tragedy”, entrambi pezzi molto funzionali dal vivo, la prima caratterizzata da un grande ritornello subito appreso dal pubblico e la seconda impreziosita da ottimi strappi in doppia cassa effettuati dal tellurico drummer Giulio Capone. Il classico “Saint From Beyond” anticipa di qualche minuto la chiusura del concerto, affidato per l’occasione a “Dancerous”, l’ultima vera grande festa prima della fine del mondo, che i maya ci hanno previsto tra meno di due mesi… che fine farà il mondo ancora non lo sappiamo, ma di sicuro possiamo dire che serate come questa sono solo l’inizio per i Bejelit…
HIGHLORD
Per quanto gli Highlord ci siano sempre piaciuti, dobbiamo ammettere che questa non sia la serata perfetta per valutarli… Oltre la sfortunata indisposizione del batterista Pellegrino, non proprio al massimo della forma fisica, a funestare una serata che avrebbe potuto (dovuto) avere tutto un altro esito per la band torinese ci pensa l’impianto audio, totalmente sbilanciato sui bassi e troppo alto sulle ritmiche, con il risultato di cancellare completamente le seconde chitarre e di segare la resa di buona parte delle voci e dei cori. Il singer Marchisio, da grande professionista, non mostra astio nei confronti di quello che sta succedendo e si concentra sulla propria prestazione, cercando di dare il massimo su pezzi anche impegnativi come “The Scream” o “Slave To Darkness”. Il leader Droetto, anche lui concentrato ed impegnato, si fa in quattro sfoderando tutta la propria abilità sulla sei corde e così almeno a noi amanti delle chitarre rimane la soddisfazione di osservarne la grande tecnica e la sicurezza sul palco. Lo show dura poco, decisamente meno di quanto ci saremmo aspettati, con solo quattro o cinque brani suonati, e ben pochi (nessuno) richiami al grande passato della band, ovvero a quegli album dei primi anni del 2000 come “When Aurora Falls” e “Breath of Eternity”. Peccato davvero, la serata, per una band comunque rappresentativa del momento di massima crescita del power italiano, avrebbe dovuto avere un risultato molto diverso…
ELVENKING
Seppur con il dispiacere di non aver sentito gli Highlord al pieno della loro forma, ci rendiamo ben conto che questa non è serata per rimpianti o mugugni… anche perché la band successiva, i friulani Elvenking, non l’avrebbero certo permesso! Senza ancora suonare nemmeno una nota, i sei di Pordenone catalizzano subito l’attenzione, cancellando ogni pensiero estraneo, grazie ad un entrata assolutamente teatrale… maschere sui volti, lunghi mantelli, candele accese… ma siamo sicuri che questa band sia in linea con le altre? In realtà il repentino inizio, affidato alla brusca “Trows Kind”, ci dice invece che anche gli Elvenking quando si tratta di suonare veloci e power non sono certo gli ultimi arrivati! Il ritrovato violino di Lethien impreziosisce pezzi che fanno del magico connubio tra velocità, potenza, melodie e suoni folk il proprio punto forte, mentre i veterani Ayden e Damnagoras suonano con la sicurezza e l’esperienza di consumati attori. Le maschere e le tuniche sono ora dimenticate… il teatro e la scena è tutta sul palco, sui questi sei strani musicanti che suonano musica moderna con un sapore di altri tempi, e portano quel tocco di esotico e particolare che alla serata forse un po’ mancava. Grande si rivela, con lo scorrere della scaletta, Damnagoras, fiero interprete di tutte le canzoni. Dalle melodie semplici ed immediate di “I’m The Monster” a quelle dolci e trascinati di “The Divided Heart”, passando per l’aggressività di “Neverwinter Nights”, in ogni frangente il bravo vocalist si rivela l’assoluto mattatore della serata. I friulani si cimentano in solo otto pezzi, ma il peso specifico della prestazione resta assolutamente elevato: si tratta di quasi un’ora passata veramente in fretta, con nessun altro pensiero se non la prestazione dei sei musicisti sul palco. Un plauso per una band che sta giustamente raccogliendo quanto seminato con sette album.
Setlist
Trows Kind
I’m The Monster
The Loser
To Oak Wood Bestowed
Pagan Purity
Walking Dead
The Divided Heart
Neverending Nights
ITALY’S GOT VOICES
Sicuramente la curiosità della serata era tutta per il noto progetto che coinvolge tre tra i migliori cantanti sulla piazza italiana. Curiosità certamente ben riposta, possiamo dire, visto che il livello qualitativo dei pezzi ascoltati durante questa parte conclusiva di serata non si può in alcun modo contestare. Introdotti abbastanza ad effetto grazie ad un rifacimento della Pucciniana “Nessun Dorma” eseguita nella parte iniziale a tende chiuse per aumentare l’aspettativa, i tre cantanti e la ragguardevole band di supporto si confermano certamente come una delle iniziative che attualmente più valorizzano il metal italiano. Di storia in campo metal ne abbiamo qui in Italia, sembra dire la scaletta, e anche molta. Sono infatti presentate, senza soluzione di continuità, una serie di band che, volenti o nolenti, rappresentano una buona fetta del volto che attualmente la scena tricolore ha: Sabotage, Vanexa, Labyrinth, Domine e ovviamente Rhapsody (Of Fire); una lussuosa parade che lascia a bocca aperta! Anche se fare confronti tra i tre cantanti verrebbe automatico, alla luce del clima di amicizia e collaborazione che abbiamo visto nel corso serata ci prefissiamo di evitare tali giochi. Le tre voci risultano infatti piacevolmente complementari, con Morby a rappresentare l’importante testamento storico, Tiranti a mostrare il lato più caldo e avvolgente della nostra musica preferita e Lione a stupirci con la sua inarrivabile grinta e potenza. La seminale “In The Shade”, che lascia il posto ad una furiosa “Thunderstorm” dei Domine, subito prima di una grande “Emerald Sword”… quando mai si può sentire un simile inizio? La fine del concerto è invece all’insegna di una certa ‘internazionalità’… Sono stavolta i Deep Purple, i Queen e il grandissimo Dio a venire coverizzati dalla band sul palco, con ottime versioni di “Highway Star”, “I Want It All” e “Holy Diver”. Una buona notte niente male per gli amanti del metal, non c’è che dire…
Setlist
Nessun Dorma (Giacomo Puccini)
In The Shade (Labyrinth)
Thunderstorm (Domine)
Emerald Sword (Rhapsody)
Chapter I (Labyrinth)
In The Shadow Of The Cross (Vanexa)
Dragon Lord (Domine)
Victim Of The World (Sabotage)
Lamento Eroico (Rhapsody)
Send Me An Angel (Vision Divine)
Moonlight (Labyrinth)
The Hurricane Master (Domine)
Dawn Of Victory (Rhapsody)
Highway Star(Deep Purple)
I Want It All (Queen)
Holy Diver (Dio)