Report a cura di William Crippa
Fotografie di Francesco Castaldo
È, volenti o nolenti, l’evento dell’anno: Kai Hansen e Michael Kiske di nuovo con gli Helloween per celebrare la storia di una delle band fondamentali nella cultura heavy metal. Un evento simile non poteva rimanere confinato nel pur apprezzatissimo Alcatraz, serviva qualcosa di più capiente, così il concerto, inizialmente destinato al locale di via Valtellina, è stato trasferito al Mediolanumforum di Assago, palazzetto da sempre destinato a concerti dai grandi numeri. Ed i grandi numeri ci sono tutti stasera, perchè ben settemila sono le anime riunite qui per ripassare la storia del power metal!
HELLOWEEN
Nessun supporting act ed alle 20:30 precise, appena la voce di Robbie Williams con la sua “Let Me Entertain You” si spegne, giù il tendone che protegge il palco da sguardi indiscreti e via con la lunghissima suite “Halloween”. Colpisce da subito un enorme ledwall posto sullo sfondo, sul quale il testo della canzone scorre alternato a cartoni animati a tema, così come carpisce la nostra attenzione la batteria di Dani Loble, dotata di ben quattro casse come neppure il compianto Nick Menza all’apice dei Megadeth; ma l’attenzione è tutta per Kiske e Hansen, con il secondo che addirittura prende posto al fianco dell’amico/nemico storico Michael Weikath. Le voci sui presunti playback dello scarsocrinito singer si inseguono da giorni, ma è Andi Deris che colpisce da subito, sfoderando una potenza vocale che mai avevamo udito da lui, tanto che la battuta sul playback, non di Kiske ma di Deris, nasce spontanea in una risata collettiva. Ed invece Kiske in playback non è davvero, visto che da subito spara numerose ‘stecche’ davvero inaspettate e mostra il passo nel raggiungere le vette che da lui i fan si aspettano. “Dr. Stein” riporta lo show sui binari della simpatia, grazie al suo divertente chorus, con il bravissimo Andi a gestire il pubblico con una facilità disarmante. Giusto un attimo per ringraziare i settemila fan presenti ed ecco la presentazione di qualcosa che ci accompagnerà per l’intera serata, le gag di Seth e Doc, due personaggi a cartoni animati che di volta in volta intervalleranno le canzoni con scenette atte a fare umorismo sui vari membri del gruppo. Si riprende con “I’m Alive”, brano sul quale appare fin troppo evidente che le tre chitarre, quelle di Hansen, Weikath e Sascha Gerstner, in assolo contemporaneamente, producono qualcosa di difficilmente intelligibile, problema questo che si riproporrà molto spesso. Anche Loble vuole la sua parte di stecche e sull’attacco di “If I Could Fly”, tagliata dopo il secondo ritornello per fare spazio ad “Are You Metal?”, ne commette una notevole. “Kids Of The Century” e “Waiting For The Thunder”, dal (giustamente?) bistrattato “Pink Bubbles Go Ape” la prima, dal dozzinale “Straight Out Of Hell” la seconda, creano un momento per soli veri conoscitori della discografia delle Zucche di Amburgo, anche se nella versione live la più recente acquista una marcia in più. Si torna agli esordi di Deris con la band per una giocosa “Perfect Gentleman”, proposta in versione notevolmente rallentata, con il vocalist di Karlsruhe che indugia molto ad interagire con i fan con quel ‘Perfect!’ che tutto il Forum canta a comando. È tempo di lasciare spazio a Kai Hansen, che propone ben quattro brani, apprezzatissimi dai presenti, risalenti a quando lui era il cantante degli Helloween; ecco quindi nell’ordine “Starlight”, “Ride The Sky”, “Judas” e “Heavy Metal (Is The Law)”, a chiudere un apprezzatissimo momento di vera nostalgia. Dopo quattro canzoni di tale potenza occorre una pausa, e cosa meglio di “Forever And One (Neverland)”, cantata da Deris e Kiske accompagnati dal solo Sascha? Facile, “A Tale That Wasn’t Right”, sulla quale però Michael Kiske compie l’ennesimo scempio di stasera. Perchè, va detto, tutti ricordano il Kiske dei tempi d’oro, il più grande cantante che il power abbia avuto mai; ma quanti anni erano che non lo sentivamo all’opera su brani realmente sfidanti come quelli proposti in questo tour? Il tempo non è stato clemente con cantanti meravigliosi come Timo Kotipelto, Andrè Matos, Joey Tempest, e persino il Metal God Rob Halford si è dovuto inchinare al suo scorrere, perchè mai avrebbe dovuto risparmiare Michael Kiske? Sorpresa incredibile, invece, si è rivelata Andi Deris, da sempre raramente all’altezza del ruolo sui brani scritti prima del suo ingresso nella formazione, ma in questa occasione incredibilmente in forma e ‘in voce’. Dal punto di vista strumentale, appaiono al solito solidi Loble e Markus Grosskopf, anche se l’errore del batterista su “If I Could Fly” è apparso chiaro a tutti, mentre visibilmente in secondo piano viene posto Weikath, sempre surclassato da Hansen e dall’ex Freedom Call Gerstner, stasera in versione ‘Doyle’, pettinato con un orrendo ciuffo alla Misfits. Il pubblico è caldo e si diverte; urla, canta e gioisce per ogni perla ritenuta persa che esce dallo scrigno del tempo, continuando nonostante tutto ad incitare Kiske. “I Can” al solito colpisce nel segno, prima di un momento davvero particolare, un video tributo ad Ingo Schwichtenberg, morto suicida nel 1995 dopo il suo licenziamento dalla band, con Dani Loble che suona la batteria su un assolo del musicista scomparso. È il turno di “Living Ain’t No Crime”, tagliata, che apre a “A Little Time”. Si torna agli Helloween moderni con la splendida “Why?”, che apre ad una potentissima “Sole Survivor” ed alla ormai classica “Power”, sulla quale anche Weikath si becca la sua dose di danni partendo con l’assolo con la chitarra che praticamente suona muta. “How Many Tears” porta alla pausa. La ripresa è affidata a “Eagle Fly Free”, con Michael Kiske che neppure ci prova ed intenzionalmente la tiene più bassa del normale; poi ancora Kiske, per fortuna supportato al meglio da Deris, per “Keeper Of The Seven Keys”, forse troppo stancante nella sua lunghezza messa così avanti in scaletta, addirittura prolungata per concedere una passerella a tutti i musicisti sul palco ed un ricordo a Malcolm Young. Altra pausa ed è ora di un breve solo di Kai Hansen sul tema di “In The Hall Of The Mountain King” di Edvard Krieg, prima di arrivare alla chiusura con “Future World” e “I Want Out” dopo tre ore di spettacolo. Riassumendo, quello che doveva essere il vero dominatore della serata, sua maestà Michael Kiske, in realtà ha fallito miseramente, sperando che questa, come accade a tutti, semplicemente non fosse la sua serata; in grandissimo spolvero invece Andi Deris, mai così grande come vocalist, al solito impareggiabile come frontman. Come sempre giustamente acclamato Kai Hansen, mentre fin troppo in ombra Weikath coperto dal compagno Gerstner. Ma vero protagonista il pubblico, caldo e partecipe, e numeroso come non mai. Solo una domanda per chiudere: ed ora? Dopo questo concerto, come si torna agli Helloween ‘normali’, ai Gamma Ray ed agli Unisonic?