A cura di Emilio Cortese
Serata death metal al Borderline di Modena in un piovoso venerdì sera. La cittadina emiliana negli ultimi anni ha dato alla luce alcune realtà interessanti in questo ambito, nomi come Unbirth o Human Improvement Process sono diciamo le punte di diamante, ma qualcosa si sta muovendo nel sottosuolo e per fortuna ci sono posti come questo Borderline disposti ad ospitare qualche bel live. Questa sera l’evento organizzato si chiama Death From Above e vede esibirsi come headliner i romani Hideous Divinity, freschi di uscita discografica con l’ottimo “Cobra Verde”; prima di loro hanno avuto modo di esibirsi anche i Demiurgon, nuova band modenese, appunto, che sembra pronta a far parlare bene del proprio operato, oltre ai romagnoli Carnality, anche loro reduci da un bel disco che ha ben impressionato la critica e gli appassionati. Noi di Metalitalia.com non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di gustarci una bella serata all’insegna del Metallo della Morte.
BLASKHYRT
Sono i giovani reggiani Blaskhyrt ad aprire le danze questa sera. Per la verità i suoni sono ben poco comprensibili, tuttavia riusciamo a distinguere un riffing death metal di stampo US un po’ frettoloso e al limite del confusionario. Onestamente, sulla loro performance hanno inciso in maniera decisiva questi suoni che hanno reso praticamente impossibile una valutazione oggettiva sui brani, sul songwriting e il resto. Inoltre, una presenza scenica non proprio irresistibile, dovuta certamente alla loro giovane età e alle loro comprensibili inesperienza e incapacità di coinvolgere il pubblico, ha fatto sì che non si assistesse ad un live propriamente indimenticabile. Rispetto ai nomi che suoneranno in seguito, per usare un’espressione gergale, diremo che questo ragazzi “ne devono ancora mangiare di crostini”. Certo, ne apprezziamo l’impegno, ma su vari aspetti crediamo ci sia ancora da lavorare.
CARNALITY
É compito dei romagnoli Carnality cercare di sollevare gli animi dei presenti, ma quando assistiamo al dialogo tra band e fonico in cui quest’ultimo, alla fine del soundcheck, dice ai ragazzi sul palco “boh, intanto cominciate poi vediamo che succede”, un brivido ci percorre la schiena. E infatti ecco ripetersi un copione già visto: nei primi due pezzi non si capisce praticamente nulla, guardando i ragazzi che imbracciano lo strumento sul palco districarsi tra riff ed elaborati giri di basso, urgenti assoli e via dicendo; purtroppo non riusciamo a distinguere i suoni, quindi i nostri sguardi si spostano speranzosi sul fonico confidando che “succeda qualcosa”. Verso il terzo brano, “Fall of the Human Ratio”, in effetti qualcosa inizia ad aggiustarsi e il bello stacco cadenzato nella parte finale è finalmente coinvolgente, dal suono pieno e corposo. Il death metal dei Carnality è molto muscolare e intenso, con belle ripartenze e dinamici cambi di tempo e atmosfera. “A Sysyphus Drama” é un bell’esempio di complessità messa a servizio della forma-canzone. Peccato davvero che con il proseguo del concerto la situazione non migliori più di tanto a livello di resa sonora che, alla resa dei conti, è nettamente imperfetta. Non pretendiamo certamente suoni alla Dream Theater, limpidi e cristallini, ma questa sera la batteria in particolare è al limite del decoroso: il rimbombo della doppia gran cassa sovrasta tutto il resto, i piatti sono senza accenti e il rullante non risulta pervenuto nei pezzi in blastbeat. L’ultimo brano “Silent Enim Leges Inter Arma” è molto intenso, ricco di pathos e groove, ci mette in mostra una veste dei Carnality su cui i Nostri possono lavorare e, a parere di chi scrive, togliersi anche delle soddisfazioni. Una performance questa che, con dei suoni all’altezza, ci avrebbe regalato sicuramente qualche emozione in più.
DEMIURGON
E’ giunto il momento dei Demiurgon, che in un primo momento sembrava dovessero suonare prima dei Carnality; ma il debuttante combo modenese nutre già di una discreta fetta di pubblico, assolutamente curiosa di vederlo all’opera, quindi eccolo suonare praticamente da headliner (visto che i tempi si stanno allungando notevolmente sulla tabella di marcia). Nei Demiurgon militano alcuni volti noti, tra cui chitarrista e bassista (attuale) degli Unbirth, nonché il batterista dei Darkend. Il quintetto sta uscendo con il disco d’esordio “Above The Unworthy”, registrato con Stefano Morabito negli ormai leggendari 16th Cellar Studio di Roma, e stasera non vede l’ora di presentare alcuni dei propri brani che saranno presenti sul full-length. Il pubblico, sin dalle prima urla del cantante (che si presenta con tanto di maglia del Lambrusco d’ordinanza), dimostra di apprezzare alla grande ed è chiaro che la maggior parte di coloro che sono giunti questa sera al Borderline sono qui proprio per i Demiurgon. Il sound dei Nostri è un bel compromesso tra quei riff di scuola Morbidangeliana rivisitati in chiave più moderna e in qualche modo orecchiabile, diciamo memorizzabile, un po’ una formula alla Hour Of Penance, tanto per intenderci. Purtroppo anche in questo caso dobbiamo rilevare come i suoni siano ancora ben lontani dalla perfezione: nonostante qualche miglioramento rispetto al gruppo precedente, nei frangenti più veloci diventano confusionari in quanto troppo uniformi, rendendo indistinguibile sia il guitar working – che è comunque molto intenso – che le linee di basso. Un uso praticamente smodato di fischi, stop and go furenti e chirurgici, rende divertente e frizzante la proposta dei Nostri. Promosso a pieni voti anche il vocalist Stefano Borciani, sia per la solida ritmicità delle sue parti vocali che per la fluida alternanza tra growl e scream, oltre ad una imponente presenza scenica che coinvolge continuamente il pubblico dando vita ad uno show dinamico e divertente.
HIDEOUS DIVINITY
E’ ormai l’una passata quando i romani Hideous Divinity si presentano sul palco del Borderline, tra l’altro senza il bassista. Il pubblico purtroppo è diminuito sensibilmente rispetto allo show dei Demiurgon, ma dobbiamo dire che coloro che hanno deciso di desistere e andare a riposare le stanche membra anziché godersi i quattro capitolini hanno proprio commesso un errore grossolano. Sin dal primo attacco ci si rende immediatamente conto che le cose sono cambiate, e di molto anche. I suoni stavolta sono tutta un’altra cosa: precisi e distinguibili nelle varie sfumature degli strumentisti, senza perdere un’oncia della potenza originaria. “Salt in Martyr’s Tear” investe il pubblico come una valanga lanciata ad altissima velocità, una cascata di riff e blastbeat al cardiopalma, assoli disturbanti e malefici annichiliscono letteralmente il pubblico. Lo stacco centrale di “The Alonest of the Alone” ci costringe a buttare la testa verso il basso e a scuoterla, mentre “The Somber Empire” dal vivo ha una potenza mastodontica, nella sua imperiosa epicità raggiunge picchi di intensità emotiva davvero importanti, mentre gli assoli si alternano e scambiano vorticosamente in una frenesia controllata. A chiudere il concerto non poteva che essere “Cobra Verde” e il pubblico superstite comunque si lascia coinvolgere dal frontman Enrico Di Lorenzo, davvero bravo a tenere alto il morale della truppa. Peccato che i Nostri abbiano dovuto fare praticamente tutto di corsa e tenere un concerto sbrigativo per mancanza di tempo e forse anche di pubblico “fuggito” a causa di un orario non favorevole a chi lavora. Comunque non abbiamo di certo scoperto stasera gli Hideous Divinity, che si confermano un nome importante della scena death metal.