PARADISE LOST
Se ancora non c’è molta gente all’interno del locale, e pur considerando la giovane età dei presenti, l’accoglienza per il quintetto inglese è sentita e calorosa, quanto la partecipazione sin dalle prime note di “The Enemy”, seguita dalle compagne “Ash & Debris” e “Unrechable”. Il breve spettacolo rimane incentrato sulle composizioni più recenti del gruppo, forse per essere più assimilabili dai giovani palati accorsi per gli headliner: scelta indiscutibile vista la bontà del materiale, trasportata con disinvoltura in uno spettacolo qualitativamente inattaccabile, e per il continuo supporto in “No Celebration” e “Close Your Eyes”. Infine, per dar gioia ai veri appassionati della formazione, Nick Holmes ha intonato la conclusiva “One Second”, che ha congedato i Paradise Lost in maniera più che degna. Se non conquistato, qualsiasi spettatore presente si è trovato testimone di un’ennesima prova di classe e passione.
HIM
I finnici entrano sul palco sulle note di “Passion’s Killing Floor”, con un Ville Valo in giacca e cappellino che strappa un prevedibile delirio adolescenziale a tutte le ragazze che gli posano gli occhi addosso. Sigaretta in bocca e sorriso appena accennato, Ville dimostra da subito di non aver perso un briciolo del magnetismo che lo caratterizza, su un piedistallo rispetto a una band di semplici comprimari. Certo c’è meno gente ad applaudirli, ma la percentuale di svenimenti rimane inalterata in rapporto alle presenze: non fa in tempo a terminare la seconda canzone che una fan crolla al suolo in preda agli isterismi proprio sotto gli occhi di chi scrive, per essere trasportata lontano dalla folla da amici e personale di servizio. Roba da poco ovviamente, infatti quasi nessuno stacca gli occhi dal palco, dove la band ingrana coi classici della formazione, da “Rip Out the Wings of a Butterfly” a “Buried Alive by Love”, alla cover di successo “Wicked Game”, canzone che contende il primato di trasporto e partecipazione solo alla celebre “Join Me”, che arriverà dopo una pausa più rilassata nel cuore del concerto. L’ottima “Your Sweet 666” ci ricorda com’è calda e vellutata la voce di Ville, soprattutto nelle sfumature più gravi e suadenti, e ci traghetta nella seconda parte dello spettacolo, che terminerà con “The Funeral Of Hearts”, summa della lirica del singer e degno sigillo di uno spettacolo non privo d’imperfezioni (il singer questa sera non riesce a dare il meglio nelle parti più alte) ma del tutto soddisfacente per gli accorsi. Le luci restano spente, non parte la musica di sottofondo, nessuno dà le spalle al palco, dopo un paio di minuti però si scopre che non verrà effettuato nessun bis! Uno scherzetto dei ragazzi? Un improvviso malore che ha costretto il bel frontman a chiudersi nei bagni dell’Alcatraz? Non ci è dato saperlo, l’importante è la conferma dei finlandesi che rimangono un punto di riferimento per un determinato tipo di sonorità… nonché la passione nascosta di molti “veri” metallari!