Quattro gruppi internazionali, giornata di riposo, locale comodo da raggiungere dalla tangenziale, biglietto a prezzo popolare. Ci voleva poco, con queste premesse, a trasformare la calata italica di Himsa, A Life Once Lost, Too Pure To Die e Anterior in una festa… Sfortunatamente c’è sempre un ‘ma’ da considerare e il 9 marzo il ‘ma’ si concretizza nel pubblico che, in una parola, si può sostanzialmente definire come assente. Una presenza insufficiente che di certo peserà sugli itinerari futuri di touring, e che forse non ci permetterà di vedere nel Bel Paese queste furie della natura, che anche davanti a un manipolo di paganti appassionati o occasionali non si è risparmiata per nulla.
ANTERIOR
Facile confondere i gallesi Anterior con uno degli svariati cloni di Trivium e compagnia bella ascoltando i pezzi su MySpace, i quali presentano un thrash/metalcore pulito all’inverosimile da una produzione calcata. L’impatto dal vivo è decisamente migliore per fortuna, più ruvido e metallico per i suoni imperfetti o forse per la presenza scenica decisamente becera e ignorante, lontana dai faccini puliti di un Matt Truck a caso. La performance è corta ma i ragazzi si divertono e dimostrano una discreta dose di tecnica e presenza scenica, assieme ad una umiltà apprezzabile contando che il gruppo si esibisce davanti a una ventina di persone. Barba e panza possono fare la differenza.
TOO PURE TO DIE
Incensata da più testate negli Stati Uniti, dalla formazione di Des Moines ci si aspettavano mazzate a non finire: il cantante Paul ha i bicipiti gonfissimi fasciati in una maglia aderente (ha passato il pomeriggio a fare flessioni) ma farebbe più male come picchiatore visto che la loro versione ultraribassata e groovy degli Hatebreed è incerta e spompata, simile a dei Bury Your Dead con le batterie scariche. Anche loro saltano e si dimenano come degli ossessi, incitano il pubblico e lanciano slogan inneggianti al rispetto nella migliore tradizione hardcore… ma quasi nessuno è convinto a sufficienza da visitare il loro angolino di merchandise.
A LIFE ONCE LOST
Nel frattempo la popolazione è raddoppiata, ma allo stesso tempo si realizza che il pubblico resterà esiguo. Di questo però gli A Life Once Lost se ne fottono altamente: quando Bob Meadows salta sul palco è un mostro a cui è appena stato tolto il guinzaglio. Certo, avere un maestro come Randy Blythe (Lamb Of God) è privilegio di pochi, ma non tutti riuscirebbero a tramutarsi da posato fricchettone occhialuto a tornado vivente nel tempo di salire una manciata di scalini. L’impatto è considerevole e il pubblico, soprattutto le persone in primissima fila, ne viene a contatto assolutamente diretto: è un miracolo che il frontman non si schianti contro macchine fotografiche e strumenti musicali nel suo dimenarsi – tra l’altro è anche senza occhiali! Una band cresciuta esponenzialmente grazie alle iniezioni southern di “Iron Gag”, disco che in sede live trova la dimensione ideale. Anche i suoni, i migliori della serata, benedicono una performance infuocata che lascerà pochi dubbi sul valore effettivo della formazione, soprattutto alla fine quando, raggiunti dal frontman degli Himsa, chiudono l’esibizione coi fuochi d’artificio. Niente male, considerato che sono stati chiamati come rimpiazzo dei defezionari The Agony Scene…
HIMSA
Direttamente dalla capitale del grunge, ecco il gruppo metalcore più sottovalutato del pianeta: gli Himsa! John Pettibone, dopo un pomeriggio in centro, ha già stretto la mano a tutti i fan del locale, firmato autografi, scattato foto, cantato una canzone e presenziato nel pit, è ancora carico come una molla appena salito sul palco (a detta della prima fila avrebbe avuto addirittura un’erezione!). A dir la verità è davvero difficile trovare un cantante che sia così vulcanico, pazzo e strabordante una genuina simpaticità come il barbuto frontman, che sembra aver abbandonato da poco l’ospedale psichiatrico: in sessanta minuti stirati prende in giro i compagni di tour (“Gli Anterior regalano il loro CD! No non è vero… brutto scherzo, brutto scherzo”), improvvisa un ballo sexy, salta in spalletta a un ragazzo delle prime file e si fa un giretto, porge il microfono al pubblico, finge di rimanere accecato dai flash, balla come un idiota, scivola tra le gambe del chitarrista impegnato in un assolo… insomma fa di tutto per rendere lo show speciale per ogni persona che ha di fronte, dedicando uno sguardo, una smorfia, una stretta di mano o uno scherzetto ad ognuno dei presenti (eppure John mi aveva avvisato che la performance sarebbe stata un circo!). Tutto questo si ridurrebbe a una semplice pagliacciata se il live show della band non fosse così dannatamente intenso in tutte le sue sfaccettature, e se ogni membro del gruppo, più educato rispetto al cantante ma sempre dannatamente dinamico, nell’headbangin’ vorticoso del bassista Dereck o nelle pose da rocker del chitarrista Sammi, non si concedesse fino all’ultima goccia di sudore. Praticamente tutti i presenti hanno omaggiato le band di un saluto finale e si sono portati a casa un ricordo sotto forma di merchandising, quasi a voler bilanciare la scarsa affluenza di pubblico con un affetto sincero. Un concerto che avrebbe meritato un pubblico numeroso in primis per il suo effettivo valore ma anche perché il primo di una serie di concerti “seri” che potrebbe vedere protagonista il bel club milanese. Rimarrà un’esperienza per pochi eletti.
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.