Pochi giorni dopo aver accolto i Logic Of Denial, Londra dà il benvenuto ad un’altra death metal band italiana. Gli Hour Of Penance arrivano nella capitale al termine di un tour britannico che li ha visti riscaldarsi in previsione dell’olandese Neurotic Deathfest e del lancio dell’atteso “Regicide”, il loro nuovo album che la Prosthetic Records immetterà nel mercato tra circa una settimana. A supportare il quartetto con base a Roma in questa serie di date sono accorsi i greci Murder Made God e gli inglesi Abhorrent Decimation, per un “pacchetto” sì estremo, ma anche piuttosto variegato…
ABHORRENT DECIMATION
A dispetto di un monicker piuttosto “forte”, gli Abhorrent Decimation sono in realtà il gruppo più orecchiabile della serata. Il loro sound è un thrash-death metal dalle tinte moderne, in cui confluiscono influenze che vanno dai Lamb Of God ai Decapitated. Se su disco la proposta dei Nostri si affida a suoni particolarmente puliti, dal vivo essa acquista una dose di ruvidezza che in questo contesto non stona affatto. Il set è breve – il gruppo ha all’attivo solo un EP – ma questo riesce comunque a presentarci una formazione non originalissima, ma indubbiamente capace sia in termini di songwriting che di tenuta del palco. Il pubblico, sin qui ancora poco numeroso, gradisce e applaude convinto.
MURDER MADE GOD
Efficace anche la prova dei Murder Made God. Il gruppo greco è in attività da poco, ma un paio dei suoi membri hanno militato nei Human Rejection, band che invece si è data un buon da fare nei primi anni Duemila. Non stupisce quindi vedere i ragazzi già ben affiatati e capaci di riproporre al meglio le frenetiche trame del loro album di debutto “Irreverence”. Con i Murder Made God siamo dalle parti di un moderno death metal alla Origin e vecchi Decapitated, che alterna sezioni tiratissime a passaggi più groovy e cadenzati, su cui si stagliano frequenti riff stoppati. Vi è una piccola rappresentanza ellenica fra il pubblico questa sera e i ragazzi vengono dunque ben supportati sin dal principio. Il buon impatto della loro musica riesce tuttavia a convincere anche il resto degli astanti: non siamo di fronte a nulla di sconvolgente, ma i pezzi risultano ispirati e senz’altro adatti ad essere suonati dal vivo.
HOUR OF PENANCE
Giunge quindi il momento degli headliner. È “Through the Triumphal Arch”, intro del nuovo album, a fare fuoco alle polveri. Anzichè affidarsi alla pura e semplice registrazione della traccia, la band decide di salire sul palco e di suonarla live, seguendo il drumming marziale di James Payne. Pochi secondi ed è “Sedition Through Scorn”, canzone che è rapidamente diventata uno dei maggiori classici del quartetto, ad esplodere dagli amplificatori. Subito ci si accorge di due cose: in primis che il fonico del Black Heart ha fatto un buon lavoro durante il breve sound check, visto che i suoni risultano ruvidi ma sufficientemente definiti e potenti, e poi che la settimana di date live nel Regno Unito ha fatto bene alla band, la quale sfoggia un affiatamento ormai notevolissimo, oltre ad una preparazione tecnica sopra la media. Stupisce poi vedere i Nostri suonare tracce tanto frenetiche senza quasi mai prendersi una pausa: sicuramente i Nostri sono abituati a supportare realtà più grosse, in situazioni dove il tempo è tiranno e dove bisogna cercare di concentrare più pezzi possibile in un set di breve durata; questa attitudine quindi fatica a scomparire anche quando gli headliner del concerto sono gli stessi Hour Of Penance! Così, con solo una manciata di secondi di pausa fra l’una e l’altra, le canzoni della setlist vengono vomitate in faccia all’audience, lasciandola spesse volte stordita e quasi incapace di reagire. Il gruppo fa muro e carica a testa bassa, finendo per “macinare” una dozzina di brani in appena una cinquantina di minuti. Tremendo il risultato finale: pezzi come “Slavery in a Deaf Decay” o “Decimate the Ancestry of the Only God” sono dei capisaldi della setlist e la loro resa sonora è ormai nota da tempo, ma quest’oggi constatiamo con piacere che anche le nuove canzoni di “Regicide” – “Theogony”, “Resurgence Of The Empire”, “Reforging The Crowns” e la title track – rendano assai bene in concerto, anche e soprattutto grazie a dei riff più groovy del solito e ad una sezione ritmica che con James Payne alla batteria e Marco Mastrobuono al basso oggi fa davvero la differenza. Degna di nota, infine, anche la prova del barbuto Paolo Pieri: nonostante si vada letteralmente di corsa, il growling del frontman non dà segni di cedimento per tutto l’arco del set, denotando una confidenza ormai pienamente acquisita. Bel concerto, quindi, per gli Hour Of Penance, che, non a caso, nel finale vengono invitati dal pubblico a rimanere sul palco per suonare un brano in più. Viene scelto “Enlightened Submission” e i presenti possono finalmente lasciarsi andare ad un pogo liberatorio con le ultime energie rimaste. Il Black Heart ringrazia e saluta i quattro italiani; probabilmente la prossima performace londinese avrà luogo in un locale più grande.
Setlist:
Through the Triumphal Arch
Sedition Through Scorn
Ascension
Theogony
Paradogma
Incestuous Dynasty of Worms
Incontrovertible Doctrines
Resurgence of the Empire
Slavery in a Deaf Decay
Reforging the Crowns
Regicide
Decimate the Ancestry of the Only God
Misconception
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Enlightened Submission