Report a cura di Alessandro Corno
Foto a cura di Francesco Castaldo
Gli Iced Earth negli ultimi anni sono stati costretti a compiere scelte tra le più difficili della loro carriera. Dapprima la dura decisione di separarsi dallo storico cantante Matt Barlow per incompatibilità tra i crescenti impegni della band e il ruolo praticamente part-time che il frontman da alcuni anni ricopriva all’interno di essa. In secondo luogo, la complicata impresa di trovare un degno sostituto. La scelta alla fine è ricaduta non su una celebrità, come successo in passato con l’ex-Judas Priest, Tim Owens, ma sul giovane canadese Stu Block già frontman degli Into Eternity. Considerato un talento, Stu è stato direttamente coinvolto nella stesura del nuovo “Dystopia”, un album che non ci ha impressionato più di tanto e che lascia intravedere un potenziale non ancora sfruttato al meglio. L’attesa ad ogni modo era anche per la prova live, dimensione in cui il gruppo capitanato da Jon Schaffer ha sempre garantito livelli di eccellenza. Non potevamo dunque perderci la data milanese del 14 novembre.
FURY UK
Entriamo all’Alcatraz quando i Fury UK stanno introducendo “Saviour”, pezzo tratto dal loro ultimo e quarto album “A Way Of Life”. L’interesse di vedere questa nuova band all’opera in sede live c’era, soprattutto per via del fatto che il giovane gruppo ha il tiro, la grinta, l’attitudine e la bravura per far presa sull’audience più classicista. Così in effetti è ma quello che appare già all’ascolto del succitato brano è una piutosto evidente scarsa personalità. Praticamente impossibile non notare la somiglianza tra il giro melodico di chitarra che apre il brano con quello della celebre “Waster Years” targata Iron Maiden. A parte questo deficit il trio inglese è comunque autore di una prova più che convincente, guidata con disinvoltura dal cantante chitarrista Chris Appleton e valorizzata da dei suoni sorprendentemente molto ben bilanciati per essere solo la band d’apertura. Appleton dimostra di avere i numeri non solo dietro al microfono, dove convince per una voce graffiante e incisiva anche sulle tonalità più alte, ma anche alla chitarra, grazie soprattutto alle sue pregevoli evoluzioni soliste. Performance dunque tutto sommato onesta che con discreti brani classic metal molto ottantiani quali la conclusiva “Death By Lightning”, permette ai Fury UK di convincere una platea ancora scarsamente popolata.
WHITE WIZZARD
Si prosegue su coordinate prettamente classic con i losangelini White Wizzard, altra formazione piuttosto giovane ma piena di carica e già parecchio rodata. La performance è infatti di ottimo livello, con una buona presatazione del cantante Michael Gremio, bravo come screamer sulle parti più tirate e abile anche nell’interpretare con un pizzico di espressività episodi più tranquilli come il semi lento “Starchild”. Anche la componente strumentale, convincente in ogni suo reparto, è indice che fortunatamente anche in un genere vecchio di quarant’anni come il classic metal, possono ancora nascere nuove formazioni interessanti e soprattutto ben preparate. Così up tempo come l’iniziale “Over The Top”, “Flying Tigers” o la lunga e pure troppo maideniana “Iron Goddess Of Vengeance”, anche se per forza di cose non certo innovative o originali, riescono a strappare applausi ad un pubblico via via crescente di numero. “High Speed GTO” chiude un set breve ma apprezzato dalla maggior parte dei presenti.
ICED EARTH
Di fronte a un pubblico modesto come numeri ma decisamente affiatato gli Iced Earth fanno il loro ingresso sulle note introduttive di “Dystopia”, titletrack dell’ultimo album con la quale il gruppo apre il concerto. La scenografia è minimale, in linea con il nuovo disco, mentre i suoni inizialmente non sono al meglio e solo dopo un paio di pezzi si assesteranno. Le attese e gli occhi sono però tutti rivolti verso il nuovo cantante Stu Block a cui spetta l’arduo se non impossibile compito di vestire i panni di due assi del microfono quali Tim Owens e Matt Barlow. Il ragazzo in forze anche negli Inti Eternity ad ogni modo ha grandi capacità e la sua bravura non stenta a venir fuori, lasciando ben poco margine di critica anche ai più scettici. La sua impostazione su tonalità medie e basse ricorda Barlow e il suo screaming non è molto distante da Owens. Così Stu, a parte qualche sbavatura proprio su quelle note medie che lui stesso ha dichiarato di aver scoperto con gli Iced Earth e sulle quali ha ancora margini di miglioramento, riesce ad essere fedele al disco nei “suoi” brani e a convincere anche sul vecchio repertorio. “Burning Times” e “Angel Holocaust” ne sono l’esempio e vengono accolte dal pubblico con applausi ed entusiasmo che nelle prime file si trasforma in pogo. Anche se il resto della band non sbaglia un colpo e travolge gli spettatori con ritmiche thrashy chirurgicamente eseguite, la scena è tutta per il giovane cantante che dimostra anche un’ottima disinvoltura nei confronti del pubblico, incitando, scherzando e ringraziando a più riprese con un’attitudine simpatica e umile. “V”, sempre dall’ultimo “Dystopia”, “Stand Alone” e la vecchia “When The Night Falls” proseguono la corsa del quintetto in una setlist che questa sera ci offre brani un po’diversi dal solito quali l’atmosferica “Damien”, unica traccia proposta da “Horror Show”, o la travolgente “The Last Laugh” da “The Dark Saga”, intervallate dalla nuova e dal vivo non efficacissima “Dark City”. “Anthem” è purtroppo l’unico brano rappresentativo degli Iced Earth meno tirati mentre a “Declaration Day” spetta il compito di rappresentare l’era Owens. È proprio su questo brano e anche per via della sua oggettiva difficoltà d’esecuzione che il buon Stu si vede costretto a qualche abbassamento di troppo della linea vocale. Passato lo scoglio ed entrati senza sosta nella nuova “Days Of Rage”, lo show scorre verso il finale con la mastodontica “Dante’s Inferno”, sulla quale compare qualche coro registrato, e la conclusiva “Iced Earth”. Ironia della sorte, proprio sull’ultimo ritornello dell’ultimo brano la chitarra di un Jon Schaffer fino a quel momento praticamente perfetto fa qualche scherzo e deve essere sostituita per il restante minuto scarso di concerto, con risate da parte sia di Jon che del suo tecnico. Un segno anche questo di distensione da parte di una band che dal vivo ha molto da offrire, potendo contare su un cantante capace, affiatato e con il giusto spirito. La speranza è dunque tutta rivolta ad un ritorno su alti livelli anche in studio, dimensione nella quale il gruppo deve ancora recuperare lo smalto di un tempo.
SETLIST:
Dystopia
Burning Times
Angels Holocaust
Slave To The Dark
V
Stand Alone
When The Night Falls
Damien
Dark City
The Last Laugh
Anthem
Declaration Day
Days Of Rage
Dante’s Inferno
Iced Earth