EXILIA
Aprono gli Exilia, super carichi nel supportare “My Own Army”, il nuovo lavoro discografico uscito da pochissimo nei negozi. E’ innegabile che Masha ha messo qualche kilo di troppo, ma poco importa: la frontwoman sprizza grinta da tutti i pori e, anche se l’orologio segna l’ora del Campari, sotto il palco ci sono parecchi fan a sostenere la formazione. I pezzi nuovi non si discostano dal fortunato passato del gruppo (amatissimo in Germania e Austria) e dal vivo sono più che apprezzabili, peccato per il minutaggio a disposizione. Un inizio coi fiocchi.
GOD FORBID
Zoe colmo e temperatura infernale. Con queste premesse i God Forbid si presentano a una Milano fuori target, più vicina ai canoni di quel nu metal che rappresentano Exilia e Ill Niño (uno legame è che entrambe le formazioni americane sono originarie del New Jersey). La formazione sfodera i muscoli da subito, dimostrando tutte le proprie migliori qualità in uno show assolutamente sciolto, dimanico, rodatissimo, ma la reazione è purtroppo tiepida. Non mancano i pezzi dell’ottimo “Earthsblood” a ravvivare un set già ottimo, benedetto da missaggio e volumi adeguati. Grande prova di Doc e Dallas Coyle, che non sbagliano un colpo sia nei passaggi puliti sia nell’incitare il pubblico distratto. Non sottovalutateli.
ILL NINO
Non si sa se è per colpa della sala gremita o per un guasto del condizionatore, sta di fatto che il caldo si è fatto quasi insopportabile al momento degli headliner. Gli Ill Niño mancano da parecchio sui nostri palchi, e il loro ultimo lavoro “Enigma” è forse il capitolo più trascurabile della loro discografia, ma il pubblico sembra amarli ancora senza farci caso, probabilmente per il feeling passionale che lega la formazione sudamericana al popolo italiano. Quando un Christian Machado in giacca e un inedito pizzo si presenta sul palco il pubblico infatti è tutto per lui, e non si risparmia nel ballare, cantare, dimenarsi e accennare stage diving sulle note delle canzoni più famose del gruppo. E’ bene però osservare come la prova dei latin metallers sia stata ai limiti della sufficienza, vuoi per i suoni – le chitarre sono state un grosso punto interrogativo, per tutta la durata dello show si è sentita solo la batteria super triggerata di Chavarri – vuoi per le clamorose stecche inanellate dal frontman, evidentemente poco aiutato dall’effettistica. Tralasciamo le solite polemiche sulle basi pre-registrate (Rizzo non c’è più, ed ha già dimostrato quanto vale nei Soulfly): la realtà è che la formazione comincia a dimostrarsi pesantemente arrugginita, tanto che ci si distrae facilmente andando a cercare con lo sguardo Fratello Metallo o uno scatenato ballerino di colore che ha passato lo show a dimenarsi con passi di salsa (non ce lo siamo sognati)… ad un certo punto abbiamo quasi avuto il dubbio che il gruppo abbia ripetuto la stessa canzone due volte nel giro di mezz’ora! Per sdrammatizzare, dopo il break l’ex Machine Head Ahrue Luster accenna cover di Slayer, Sepultura e Deftones, ma anche il medley si dimostra poco riuscito, e il concerto finisce mestamente con la hit “What Comes Around”. Tempo di cambiar marcia, o le nubi grigie all’orizzonte si faranno sempre più minacciose.