20/04/2024 - INCHIUVATU + AGGHIASTRU + LAMENTU @ Alchemica Club - Bologna

Pubblicato il 23/04/2024 da

Report di Bianca Secchieri

La data di sabato si presentava – almeno sulla carta – come un’occasione di quelle ghiotte, per tutta una serie di motivi: Agghiastru, al secolo Michele Venezia, storico fondatore della Mediterranean Scene (che racchiude una miriade di progetti uniti tra loro dalla comune matrice agrigentina) avrebbe portato tre di queste realtà tra le più note ed apprezzate – Inchiuvatu, Agghiastru e Lamentu – sul palco dell’Alchemica di Bologna, dopo la data gemella al Dedolor di Novellasca, in provincia di Como, la sera precedente.
Un programma che, per chi conosce e apprezza la musica dell’artista originario di Sciacca è un regalo inaspettato perché permette di gustare in un solo colpo le diverse sfaccettature stilistiche esplorate negli anni e recuperare album storici, dal momento che il musicista siciliano (benché da anni trasferito a Torino) si concede raramente all’esperienza del live.
Lo scorso anno ha infatti destato stupore e grande interesse la sua partecipazione al Frantic Fest di Pescara, che rompeva un silenzio durato parecchi anni, almeno per quanto riguarda i concerti sul Continente.

Non potevamo quindi mancare di assistere ad uno show che si prospettava unico nei contenuti – non solo musica ma anche teatro e cabaret – ed imponente nella sua durata prevista di tre ore: come noi in moltissimi, mossi da anni di dedizione ma anche da genuina curiosità, hanno scelto di affollare il locale per immergersi nelle atmosfere esotiche e surreali del black metal mediterraneo.
È così un pubblico vario e variegato, per età e provenienza, ad accogliere i musicisti sul palco: le aspettative, complici le dichiarazioni di Agghiastru sullo stato di salute della scena metal odierna in generale, e su questo minitour in particolare, erano molto alte, vediamo insieme se sono state soddisfatte.

Il cosiddetto ‘Atto I’ ha visto l’esibizione dei LAMENTU, creatura nella quale ad un thrash/black che sconfina nel death metal si aggiungono e mescolano ritmi e sentori folk derivanti dalla tradizione sicula e africana.
Per l’occasione, Agghiastru ha scelto di recuperare e proporre quasi per intero (restano fuori solo “Tribal Dance” e “Demons In The Liack-Aru’s Slumber”) il primo e unico full-length del progetto, quel “Liack” che uscì nel 2001 per Inch Productions, l’etichetta che raccoglie tutte le produzioni legate alla suddetta Scena Mediterranea, quali Astimi, La Caruta Di Li Dei, Inquietu, 3, Ultima Missa ed altri.
Ed è proprio nella veste di produttore che Agghiastru ha partecipato alla genesi di quest’opera, nata dal genio di Rosario Badalamenti, qui accreditato sotto lo pseudonimo di Liotru (voce, chitarra e tastiere), Cristiano ‘Ummira’ Morreale (basso), e Maurizio ‘Jafà’ Salina (batteria). Tutti e tre i musicisti sono legati a vario titolo ad altri progetti dello stesso ambiente, in un dedalo di collaborazioni difficile da districare e nel quale è facile perdersi.
Tutto questo per dire che la formazione che abbiamo ascoltato non è quella che ha registrato il disco, e nemmeno l’attuale line-up della band, ma la cosa non deve sconvolgere particolarmente, proprio per lo strettissimo rapporto di collaborazione osmotica che esiste tra questi artisti, oltre alla partecipazione diretta che Agghiastru ha avuto nella registrazione del materiale per la propria etichetta.
Dopo questo ‘spiegone’ – lungo ma necessario – veniamo al vivo della performance: salgono sul palco quasi furtivi Totò Vulgata e Iblis (Handful Of Hate e Funeral Oration), rispettivamente alla batteria e basso, vestiti semplicemente con jeans e felpa nera, i cappucci alzati a coprire il viso. Agghiastru li segue pochi secondi dopo e fa il suo ingresso in scena sulle note dell’intro “Trasuta” (in base), indossando un costume che gli copre il volto, quasi identico a quello originariamente vestito da Liotru nelle – estremamente inquietanti – foto dell’epoca.
Sono circa le ventuno e venti quando il terzetto inizia a portare in vita un set grezzo ed aggressivo, sprigionando l’energia primordiale contenuta nei riff ipnotici, carichi di influenze malevole e tribali.
Purtroppo c’è qualche problema di missaggio e la voce non emerge sempre quanto dovrebbe, soprattutto allontanandosi dalle prime file, ma l’effetto generale è comunque d’impatto. Di Agghiastru, nascosto da un cappuccio bianco sporcato di sangue (chiaramente disegnato, in coerenza con l’attitudine teatrale dello spettacolo), la sommità del copricapo a punta, scorgiamo solo i fiammeggianti occhi neri e le sopracciglia scure: a metà tra il feticcio di una divinità antica e terribile e l’addetto ad un mattatoio, grazie al grembiule nero che porta a contrasto della camicia bianca, il frontman sembra il maniaco di un film horror.
I musicisti occupano il lato destro del palco (rispetto agli spettatori), dove è allestita anche la batteria, mentre la zona centrale e a sinistra sono ‘addobbate’ di materiale scenico ma momentaneamente inutilizzate, vedremo poi perché.
Alle loro spalle è appeso il simbolo circolare disegnato sul dischetto di “Liack” (le gioie del formato fisico!): una figura umanoide con testa di animale, lingua serpentina e coda, e i simboli di sole e luna. Questo il tributo visivo all’album che viene macinato senza un attimo di tregua, e del quale citiamo la veloce “Aggrissu” e la scurissima “Vuv” come alcune delle tracce che ci hanno colpito maggiormente.
Una performance essenziale (soprattutto pensando a quel che verrà a seguire), precisa e tecnica senza andare a discapito dell’impatto, che è sicuramente notevole.
Il tempo di una birra, una boccata d’aria fresca e qualche chiacchiera con gli amici e veniamo richiamati all’interno del locale dalle prime note fumose e sornione di “Ecce Homo” (dall’omonimo EP del 2011): inizia così la seconda parte dello show – nonché la più consistente, che mescola estratti da diverse uscite della storica black metal band di Agghiastru, quegli INCHIUVATU che a fine anni ’90 si affacciarono con forza nell’universo estremo, oltre a materiale tratto dal suo omonimo progetto di cantautorato oscuro e sghembo, AGGHIASTRU.
Il tutto – come sempre – cantato in dialetto siciliano, una lingua difficile, ancestrale, misteriosa per chiunque non sia nativo dell’isola (o per lo meno dei lembi più meridionali della nostra penisola).
Impossibile scindere i due discorsi, che sono facce della stessa medaglia e procedono intrecciati, benché ognuno con le proprie particolarità.
Agghiastru (il gruppo) prende totalmente le distanze dal metal, almeno dal punto di vista formale, per abbracciare sonorità e modi espressivi accumunabili a Mark Lanegan, The Black Heart Procession o Vinicio Capossela; è un cantautorato dalle melodie cupe, mai banali, che pone in risalto la voce pulita di Agghiastru e il piano, che è lo stesso musicista a suonare, al di là di un velo sorretto da una mezza quinta teatrale.
Ecco che arriviamo alla scenografia presente sul palco, che piano piano acquista senso e vita: non semplici oggetti piazzati lì per fare scena, ma elementi che hanno un significato e che, a tempo debito, vengono usati, toccati, giocati, accesi. E così l’istrionico artista non si limita a suonare e cantare, ma interpreta, declama, interagisce con il pubblico, afferra e strapazza questo velo che lo cela parzialmente, mentre dà vita ad alcuni brani tratti da “Disincantu”; questa volta i suoni funzionano a dovere, e rendono bene le mille sfumature stilistiche proposte.
Aggiungiamo che, per questo ‘Atto II’ sale sul palco anche la bravissima Tati Nataska, che si divide tra le percussioni (durante i brani di Agghiastru) e sintetizzatore (su quelli di Inchiuvatu) e Michele Venezia, smessi i panni sanguinolenti, alternerà abiti diversi: pellicciotto e cappello a tesa larga e mezzo velo, maschere, volto scoperto e giacca rossa con medaglie, giacca nera in paillettes.
Difficile riuscire a descrivere con assoluta precisione tutto quello che ci è passato davanti agli occhi nel corso di queste abbondanti due ore di autentico spettacolo, nonostante non abbiamo allontanato lo sguardo neanche un istante – e del resto sarebbe stato difficile farlo: Agghiastru è magnetico, inarrestabile, apparentemente instancabile nonostante lo sforzo fisico e mentale di una performance tanto lunga e variegata.
I musicisti che lo accompagnano sono tecnicamente ineccepibili e vengono coinvolti nella messa in scena dello show, come il teatrino dei pupi, che occupa la zona centrale del palco.
Sarebbe però sbagliato pensare che la musica sia passata in secondo piano, perché la band suona eccome: solo, chi è venuto pensando al classico concerto metal, è probabilmente rimasto interdetto, magari contrariato – speriamo alla fine conquistato – da un estro così eclettico e vario.
Sicuramente in questa performance c’è tanto da recepire, elaborare, comprendere, e purtroppo non tutti i presenti sembrano essere sempre coinvolti e, soprattutto nei momenti più soft (ma non per questo meno intensi), è facile essere disturbati – anche nelle prime file – da risa, chiacchiere e schiamazzi di chi è lì più per far serata che per assistere allo show.
Pazienza, lo spettacolo va avanti, tra strumenti folk (un’enorme sonagliera), teschi di cartapesta e discorsi sul ciclo di vita; Agghiastru ci regala scampoli di ricordi, come il contrasto stridente delle le risa e i giochi dei bambini tra i rintocchi delle campane che suonano a morto (“Ma s’ammo a morere, perché si nasce?”).
E proprio la morte, insieme all’ironia sottile – ma che non lascia scampo – sulla Chiesa e le pratiche cattoliche sono il fulcro tematico di Inchiuvatu, il cui debutto “Addisiu”, viene ampiamente omaggiato nell’ultima parte del secondo atto, quando si accendono le miriadi di lampadine che ornano le mezze quinte, la croce (che riporta “INCH” al posto di “INRI”), e la scritta luminosa ‘Inchiuvatu’ che sovrasta il teatro dei pupi.
Non è il ‘solito’ anticlericalismo proprio di troppi gruppi metal, apparentemente violento ma in realtà puerile e inconsistente: gli sfottò di Agghiastru nascono da chi conosce perfettamente la dottrina, ne ha vissuto le storture e compreso i cortocircuiti ideologici; è un’idiosincrasia che parte da un percorso molto personale, lontano anni luce dalla modalità ‘caprone-bestemmia-riff’ eseguita col pilota automatico per esigenza dei cosiddetti punti scena.
L’impressione generale è quella di un luna park spettrale, stralunato, dal fascino decadente, amplificata dalle roselline finte che decorano anch’esse la scenografia, a metà strada tra il camposanto e il festival di San Remo nei peggiori incubi di Amadeus.
Ed è una gioia per le orecchie ascoltare (per la prima volta) brani storici quali “Inchiuvatu”, “Cu’ Sangu A L’Occhi”, “Ave Matri”, in tutta la loro sulfurea bellezza: il pubblico apprezza parecchio, canta (vedi l’incipit della sghemba “Cristu Crastu”) e si mangia persino le caramelle, offerte dal mefistofelico Agghiastru, che protende un sacchetto di velluto sormontato dalla scritta ‘per il tuo dramma’.
Il black metal sinfonico, intriso fino al midollo di sicilianità, della band è un’esperienza unica, e live trova la sua espressione più viva e compiuta.
Agghiastru ci lascia alla fine di una serata piena – è quasi mezzanotte e mezza – con un mix di interrogativi profondi e una leggerezza divertita “Sì ma alla fine: chi sono io, chi è lui (indica il pupazzo Agghiastru), ma soprattutto, chi cazzo siete voi? Voglio dire, per essere qua qualche problema lo dovete avere”, dopo aver eseguito una versione particolarmente toccante del classico “Addisìu”, non in scaletta ma chiesta a gran voce dal pubblico.
Che altro dire? Sicuramente abbiamo dimenticato qualcosa, ma speriamo di aver reso – almeno un pochino – l’idea di quello che abbiamo vissuto, non solamente visto o ascoltato. Un’esperienza a tutto tondo, arricchente, che ci lascia la voglia di riascoltare i dischi che sono stati rispolverati sul palco, e di acquistare il materiale che ancora non possediamo.
Secondo le parole di Agghiastru ci saranno altri appuntamenti per festeggiare i trentatré anni di “Addisiu” (e alcune ristampe su vinile) perciò il nostro consiglio è di non perderlo di vista, perché ne vale veramente la pena.

Setlist Lamentu:
Trasuta (intro)
Liack
Animalura
Aggrissu
Pilunia
Sceusa
Vuv (Vuvitedda)
Erva Tinta

Setlist Agghiastru + Inchiuvatu:
Ecce Homo
Amen
Ula Arsa
Tintu
Aìsa
33
In Utero
Dramma
Inchiuvatu
Cu’ Sangu A L’Occhi
Veni
Castìu Di Diu
Nenia
Lu Jocu Di Li Spiddi
La Morti
Cristu Crastu
Cunsumu
Luciferu Re
Addisìu

 

 

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