INFERNAL FORCES 2018
27/10/2018 – Live Music Club – Trezzo sull’Adda (MI)
Running order e programma meet&greet:
Crediti di Redazione:
Alessandro Corno – produzione e organizzazione generale
Andrea Intacchi – report in diretta (Distruzione, Hour Of Penance, Impaled Nazarene)
Chiara Franchi – aggiornamento news
Enrico Dal Boni – fotografie report in diretta
Giacomo Slongo – report in diretta (Antropofagus, Enthroned, Kataklysm)
Luca Corbetta – produzione e organizzazione generale, coordinamento area meet&greet
Luca Pessina – produzione e organizzazione generale
Marco Gallarati – coordinamento report in diretta, report in diretta (introduzione, The Spirit, Hypocrisy)
Roberto Guerra – runner, area meet&greet
Simone Vavalà – assistenza alla produzione
inoltre:
Boris Nieli – area meet&greet
Michele Aldeghi – fotografie report in diretta
Simona Luchini – fotografie meet&greet
Introduzione
Dopo aver archiviato la settima edizione del Metalitalia.com Festival, ci ritroviamo quasi tutti, a distanza di quaranta giorni circa, di nuovo al Live Music Club di Trezzo sull’Adda per ospitare la prima edizione dell’Infernal Forces Festival, una variante più estrema – decisamente più estrema, considerando il bill di quest’oggi – del nostro ormai classico appuntamento annuale.
In collaborazione con i partner di lunga militanza, Eagle Booking Live Promotion, abbiamo approfittato del tour dell’accoppiata Kataklysm / Hypocrisy, iniziato dieci giorni fa dalla Germania e transitante questo sabato in Italia per un’unica data esclusiva, imbastendo una più allettante proposta allargata, comprendente, oltre ai The Spirit, supporter ufficiali della combo canadese-svedese, altre cinque formazioni: un gustoso trio di compagini italiane, composto dai parmensi Distruzione, dai genovesi Antropofagus e dai romani Hour Of Penance, in grado di asfaltare qualsiasi parterre si ponga loro davanti con dosi brutali di death metal più o meno terremotante; e poi due band europee, i finnici Impaled Nazarene e i belgi Enthroned, che ci delizieranno con le loro rispettive colate laviche di nichilismo punk-crust-black e black metal.
L’Infernal Forces, a livello logistico e di offerte extra-musicali, non si distanzia molto da quello che siete abituati a vedere e vivere durante il Metalitalia.com Festival: un ben fornito Metal Market, un ristorante con a disposizione un’ampia scelta di piatti e portate e, per brandizzare un minimo l’evento, la tensostruttura esterna, dove si svolgeranno anche i meet&greet, rinominata per l’occasione Infernal Pub e attrezzata di tavoli, panche e illuminata da ferali e mefistofeliche luci rosso fuoco. Tutta l’area esterna, considerato anche il pomeriggio piovoso in essere nel milanese ma soprattutto per via dell’ormai conclusa stagione estiva, è ovviamente off limits.
Insomma, si prevede una giornata di piacevole e ‘rilassante’ ambientazione estrema, in cui potersi far collassare i padiglioni auricolari nel più breve tempo possibile.
Noi al solito siamo presenti in postazione report in diretta, pronti a fornirvi il servizio giornalistico live dell’evento. Buona giornata e buone ‘smetallate’, dunque!
(Marco Gallarati)
THE SPIRIT – 14.55/15.30
Provenienza: Saarbrucken, Germania
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I The Spirit stanno girando dall’inizio del tour di Kataklysm e Hypocrisy quale support act ufficiale, quindi si trovano qui, a Trezzo, ad esibirsi in un contesto fortemente diverso da quello dei giorni precedenti: orario anticipato e pubblico ancora non particolarmente cospicuo, approcciantesi alla performance del quartetto tedesco con una certa diffidenza e qualche sguardo interrogativo. Unite a ciò l’antipatico fattore di dover suonare – non sappiamo però con precisione il settaggio e la capienza delle venue delle altre date del tour – con il drumkit di MS tutto spostato sulla sinistra del palco a causa della presenza della monolitica, già montata, batteria di Horgh, ed ecco spiegato lo spettacolo non eccelso fornito dai ragazzi di Saarbrucken, debuttanti l’anno scorso, poi presi sotto le ali protettrici della Nuclear Blast, con il disco “Sounds From The Vortex”. Dal canto loro, i The Spirit mostrano una presenza scenica un po’ troppo fredda ed anonima, quasi emozionata, per essere un gruppo d’apertura, e quindi il risultato finale dei loro trentacinque minuti di set è una solo sufficiente riproposizione di una manciata di pezzi tratti dall’unico platter. La titletrack strumentale ha dato il la alla susseguente “Cosmic Fear”, discreto compendio di black-death metal furioso e melodico, con Dissection, primi Naglfar e primissimi In Flames a poter essere annoverati fra le influenze principali dei germanici. “Illuminate The Night Sky” e la conclusiva “The Great Mortality” hanno calato il sipario su un concerto rivedibile, alternante ficcanti accelerazioni black-death a sezioni più semplici e rallentate, seppur non particolarmente ispirate, e corrotto in parte da suoni grezzi – soprattutto la batteria – e dall’inesperienza on stage piuttosto evidente dimostrata dalla formazione del cantante-chitarrista MT. L’uso delle luci, tutto teso ad oscurare i membri della band, così come i silenzi di nulla tra un brano proposto e l’altro, hanno minato una prova musicalmente anche valida. C’è comunque da dar loro un’altra chance, oggi non era gran giornata.
(Marco Gallarati)
DISTRUZIONE – 15.50/16.40
Provenienza: Parma, Italia
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Ad accendere ufficialmente la fiamma d’odio e maledetta di questa giornata malignamente piovosa, dopo il claudicante show dei The Spirit, ci pensano le Forze Infernali marchiate dal nostro tricolore. I primi a scendere in battaglia sono i Distruzione: quaranta minuti a disposizione della storica death metal band emiliana (la setlist ne prevedeva una decina di più) per iniziare a mietere le prime vittime tra un pubblico che, con il passare del tempo, s’infoltisce sempre più. E possiamo tranquillamente dire che la missione dei Nostri sia stata portata a termine a pieni voti: bastano infatti le prime note di “Uomini Contro Uomini”, opener dell’ultimo EP “Inumana”, per scatenare un pogo ‘violentemente’ accettabile tra le prime file. Quello che si scaraventa in tempo zero nelle nostre orecchie è un autentico muro sonoro guidato a meraviglia dalla granitica voce di Devid Roncai, il quale, tra un sorso di birra e l’altro, ci accompagna lungo tutta la carriera del gruppo di Parma. Dopo “Sultifera Novis”, seguito dai primi cori d’ovazione (meritatissimi), dal superbo ed omonimo album viene proposta “Cornice De’ Superbi”, prima che un salto nel tempo all’anno 1996 ci conduca direttamente ad “Endogena” ed alla mortifera quanto maleodorante “Ossessioni Funebri”, durante la quale la verve ‘dismemberiana’ che adombra la band aleggia tra i presenti, fisicamente partecipi con il poderoso brano. Dal pubblico arriva uno striscione rosso-bianco-verde ad omaggiare una formazione che da trent’anni ormai porta in alto con onore il sigillo italiano in formato death metal. Dall’album “Maledicium” arriva la possente “Lo Scultore”, a definire uno stato di forma più che discreto dell’intero act emiliano. Dalle transenne qualcuno chiede “Neoplasma”; a chiudere invece uno show più che dignitoso ci pensano “Pianeta Dissolvenza” e “Nel Tuo Nome”, prima che il buon Roncai, riversando sulla folla l’ennesimo saluto cavernoso, ringrazi tutti coloro che sono intervenuti allo show. Si tira il fiato ora, in attesa della seconda freccia furente made in Italy, gli Antropofagus.
(Andrea Intacchi)
ANTROPOFAGUS – 17.00/17.50
Provenienza: Genova, Italia
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Si sale ulteriormente di livello con gli Antropofagus, freschi reduci da un tour europeo in compagnia dei Devangelic, che ha permesso loro di cementare e mettere definitivamente a punto la nuova line-up, con Paolo Chiti in sostituzione di Tya dietro al microfono. La curiosità di sentire il Nostro reinterpretare gli storici cavalli di battaglia della formazione ligure é tanta – anche e soprattutto per la sua timbrica modellata sui più abominevoli stilemi ‘brutal’ di Disgorge, Condemned e compagnia d’Oltreoceano – e a conti fatti possiamo dire che tale curiosità sia stata ripagata da una prestazione ben oltre le aspettative, sia in termini di tenuta vocale, inscalfibile dal primo all’ultimo minuto sul palco, che di presenza scenica. L’impatto del growling è a tutti gli effetti devastante, tanto da rubare in più di un’occasione la scena alle evoluzioni del comparto strumentale, e da solo in grado di alzare di diverse tacche l’asticella della performance. A questo, ovviamente, vanno ad aggiungersi una scaletta ben distribuita tra episodi più o meno recenti (“Chants Of Abyzou”, “Architecture Of Lust”, “Loving You In Decay”) e la suddetta, compattissima, prestazione dei restanti membri, con il leader/membro fondatore Francesco Montesanti letteralmente rapito dai riff, ora vorticosi ora asfissianti, della sua sei-corde. Un quadro d’insieme che, sulle note della conclusiva cover di “Living In Fear” dei maestri Malevolent Creation, tinge irrimediabilmente di sangue e umori malsani il pomeriggio meneghino.
(Giacomo Slongo)
HOUR OF PENANCE – 18.10/19.00
Provenienza: Roma, Italia
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Un’Ora, o quasi, di assoluta Penitenza. Così, volendo prendere in prestito (e a ragione) il monicker della band romana, possiamo riassumere lo show monolitico degli Hour Of Penance. Corrosivo, tecnicamente micidiale, il gruppo di Giulio Moschini riversa sui presenti, alcuni ancora impegnati al meet&greet del duo Hypocrisy / Kataklysm, un cingolato di death metal di una precisione che manco un metronomo! Dal growl secco e deciso di Piero Paoli alla leggiadra cattiveria di Marco Mastrobuono al basso, dalla lineare malvagità della sei-corde di Giulio Moschini sino alla letale prestazione di ‘Brutal Dave’ Billia on the drums: una macchina da guerra dai colpi ferali e sistematici, colpi che hanno abbattuto qualsiasi padiglione auricolare postosi innanzi. E’ “Paradogma” a tracciare il solco del carrarmato romano: decisa, perfetta, senza sbavature. Tre aggettivi che andranno a caratterizzare l’intera setlist dell’act capitolino, il quale, come nelle ultime uscite live dello scorso mese di settembre, porta on stage alcuni brani del seriale “The Vile Conception”, a celebrazione del decennale dell’album stesso. Dopo “Sedition Through Scorn” viene infatti proposta la micidiale “Absence Of Truth”, prima che una certa ‘melodiosità’ d’intenti prenda il sopravvento con la più solare “Ascension”. Come un pestifero orologio svizzero, la band romana non lascia spazio ad alcuna riflessione sonora, proponendo a rotta di collo l’ostinata “Incestous Dinasty Of Worms”, confermando ancora un volta l’assoluta preparazione tecnica dell’intera ensemble: vedere, e soprattutto ascoltare, la compattezza dei colpi inferti dallo stesso Billia è qualcosa di ipnotico e nel contempo godurioso per gli amanti di un death sicuramente meno diretto rispetto a quello proposto da altre band odierne, ma altrettanto efficace e distruttivo. E se “Reforging The Crowns” prosegue la linea meticolosa e maligna segnata ad inizio show, è proprio “Misconception” (opener di “The Vile Conception”) ad alzare ulteriormente il livello di brutalità, prima che l’apocalittica “Cast The First Stone” chiuda definitivamente questa perfetta e precisa penitenza sonora. Ora, terminata la pregna parentesi nostrana, attendiamo on stage la prima compagine internazionale di livello.
(Andrea Intacchi)
ENTHRONED – 19.20/20.20
Provenienza: Bruxelles, Belgio
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Dopo l’antipasto The Spirit, invero non molto appagante, è di nuovo tempo di Metallo Nero sul palco dell’Infernal Forces. A fornircelo, sull’onda di un tour sudamericano da poco concluso e di un interesse sempre maggiore nei loro confronti da parte del pubblico e della critica, sono gli Enthroned, band che ha vissuto diversi alti e bassi nella propria carriera ma che fortunatamente si ritrova oggi a vivere un periodo di forma smagliante. Lo split con Phorgath, responsabile della svolta sibillina degli ultimi dischi (ricordiamo ancora con piacere l’ottimo “Sovereigns” del 2014), sembra essere stato metabolizzato benissimo dal quintetto belga che, facendo quadrato intorno al frontman Nornagest e a quel metronomo dietro le pelli che risponde al nome di Menthor, ha finito per assumere le sembianze di un’autentica macchina da guerra, tanto da far impallidire tutte le band finora esibitesi all’interno del Live Club. A colpire è innanzitutto l’affiatamento e l’intensità con cui i Nostri si cimentano nella blasfema performance: come attitudine, i musicisti sono spesso più vicini ad una formazione death o thrash della vecchia scuola, lasciando in disparte l’atteggiamento schivo tipico di certe realtà black metal per lanciarsi in un’aggressione palpitante e sanguigna, con le movenze autoritarie del suddetto frontman ben spalleggiate da quelle dei compagni. Da un punto di vista meramente esecutivo, poi, tutto gira alla meraviglia e stupisce poco che in preda all’entusiasmo, nella lunga e ricca setlist, venga incluso un inedito destinato a comparire sul prossimo album. Questi, in definitiva, sono gli Enthroned al massimo dell’efficienza e della compattezza. Una piccola, grande gioia per i discepoli della Nera Fiamma accorsi quest’oggi. E son pure volate le prime bestemmie.
(Giacomo Slongo)
IMPALED NAZARENE – 20.40/21.40
Provenienza: Oulu, Finlandia
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Ci si chiedeva con alcuni colleghi, in sede di presentazione dell’evento, se, in occasione del concerto degli Impaled Nazarene, avremmo assistito alla solita dose di nichilismo in salsa punk-crust-black con picchi acutissimi di voce, oppure se la band capitanata da Sua Sobrietà Mika Luttinen ci avrebbe riservato delle piacevoli, comunque piccole, sorprese. Be’, cosa dire? Chi ha avuto ragione? Diciamo che di sorprese, se proprio ne volevamo, ne abbiamo avute ben prima dello show del quartetto finlandese, quando il prode Luttinen, dall’alto della sua nitidezza alcolica, ha pensato bene di spiccare il volo dalla platea dedicata al meet&greet, cadendo rovinosamente al suolo. Un imprevisto che, tornando seri, non ha minimamente inciso sulla sua prestazione on stage. Una data speciale, quella celebrata in questa occasione, dagli Impaled Nazarene: nel 1994, quasi venticinque anni fa, veniva espulso dalle lande scandinave quel mostro d’album chiamato “Suomi Finland Perkele”. E oggi, sul palco dell’Infernal Forces, Mika e compagni ce lo hanno riproposto dalla prima all’ultima scheggia di geniale follia. Ciondolante come un pugile in attesa di atterrare definitivamente sul ring, il nostro Luttinen, dopo l’urlo patriottico che apre il full-length, parte a razzo con “Vitutuksen Multhiuipennus”, seguita a ruota, come una sorta di medley, dalla più corale “Blood Is Ticker Than Water”. Ed è qui che, dopo averci mostrato fieramente il dito medio, il carismatico frontman ci annuncia che ‘we are Impaled Nazarene from Finland and this one is called Steelvaginaaaaaa!’. E via, verso le frontiere della pazzia mentre tra le prime file il pogo regna ormai sovrano. L’apice dello show, e dell’album stesso, è alle porte e la marcia di “Total War-Winter War” mette tutti i presenti sull’attenti mentre il capitano Luttinen detta le regole dal palco. Una riproposizione glaciale quanto musicalmente accettabile, così come anche la liturgica “Quasb/The Burning” segna uno dei momenti clou dell’intera scaletta. Mentre i compagni eseguono come macchine oliate il loro compito, gli occhi sono tutti (ovviamente) per lui: lo stralunato Mika, lingua perennemente di fuori, ci spara addosso, dopo la fulminea “Kuolema Kaikille”, il trittico-paura composto dalla motorheadiana “Let’s Fucking Die”, da “Genocide” e dalla melodiosa e quanto mai letale “Ghettoblaster”; il tutto prima che la morbosa “The Oath Of The Goat” chiuda i battenti di questa sontuosa quanto schizzata celebrazione. La seconda parte dello show, oltre a proporre alcuni brani storici della band scandinava, tra i quali “The Horny And The Horned” e “Motorpenis”, si contraddistingue per un calo della qualità sonora e della presenza vitale del frontman, ridotto sempre più ad un automa sbronzo, che hanno reso il tutto leggermente impastato e confusionario. Un dettaglio che non va sicuramente ad inficiare l’ennesima conferma di come il mondo del metal abbia ancora bisogno di gruppi genuinamente impazziti come gli Impaled Nazarene. Ancora una volta… Suomi Finland Perkele!
(Andrea Intacchi)
HYPOCRISY – 22.10/23.20
Provenienza: Ludvika, Svezia
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Tocca finalmente al primo dei due co-headliner della serata, gli attesissimi svedesi Hypocrisy, assenti dai palchi italiani ormai da tempo immemore. Con forse-chissà-speriamo un nuovo disco in cantiere, Peter Tagtgren e soci hanno intrapreso un tour di ritorno sulle scene che sta avendo un buono/ottimo riscontro di pubblico, sebbene l’accoppiata con i canadesi Kataklysm, pur essendo affiatata, sia stilisticamente criticabile. Con settanta minuti di tempo a disposizione – veniamo subito all’unica nota dolente della performance del quartetto – sinceramente ci saremmo aspettati almeno due-tre pezzi in più, perché i cinquanta minuti totali inanellati dai Nostri sono stati sì appaganti e devastanti, ma anche un po’ pochini rispetto a quanto previsto nel running order. Vero che inserire in un tour regolare una data dedicata ad un festival può non voler dire niente per un gruppo, ma uno sforzo per almeno offrire una scaletta piena e magari con qualche (anche solo uno) episodio inatteso sarebbe stato infinitamente apprezzato. Scritto ciò, il resto del trafiletto non può che essere più che positivo, in quanto gli Hypocrisy hanno letteralmente spazzato via le macerie frantumate del treno deragliato nel nome degli Impaled Nazarene, riportando l’Infernal Forces sulle rette vie di un piacevole attraversamento del regno del Demonio. “Fractured Millennium” apre con enfasi il set, seguito a ruota da “Valley Of The Damned”, proposta a velocità disumane da un Horgh mastodontico ma aiutato dalla sapiente alternanza della setlist, che prevede un brano lento dopo un pezzo veloce e viceversa, ed “End Of Disclosure”, unico estratto dall’ultimo, omonimo full. La platea, finalmente riempita in modo considerevole, fa salire l’entusiasmo quando viene sguinzagliata la cosmica “Adjusting The Sun”, che precede l’incombente e tellurico medley composto da “Pleasure Of Molestation”, “Osculum Obscenum” e “Penetralia”. I suoni sono grassi, pieni, potenti, ma anche al limite del zanzaroso e con il basso di Mikael Hedlund sorprendentemente in evidenza. “Fire In The Sky” ricomincia con il suo 4/4 serioso la sequela altalenante in cui ci ammorba la band, che ri-precipita subito a velocità atomiche con la killer-song “Killing Art”, anch’essa vissuta spasmodicamente dall’audience. Qualche dialogo tra il formale, l’appassionato ed il divertito di Tagtgren spezza un pochino l’andamento senza fronzoli della performance, che raggiunge uno dei suoi apici all’altezza di “The Final Chapter”, catartico incedere di unica disperazione. A questo punto si sente il sudato odore di una prematura fine, e quando le luci si spengono sulla scenografia d’effetto che accompagna gli Hypocrisy e parte l’intro di “Abducted”, “The Gathering”, è chiaro come la storica “Roswell 47” arrivi a calare il sipario sull’Area 51 e a far sollevare tutte le corna possibili agli spettatori, per la più ambita delle foto di fine esibizione. Aspettiamo i Kataklysm, ora, che avranno il durissimo compito di superare i loro amici svedesi.
(Marco Gallarati)
KATAKLYSM – 23.50/01.00
Provenienza: Montreal, Canada
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Difficile, se non addirittura impossibile, per i Kataklysm controbattere alla grandeur cosmico-adrenalinica appena inscenata da Peter Tagtgren e compagni. Fedeli però alla caparbietà che li ha sempre contraddistinti in carriera e alla passionalità italiana del loro frontman, i quattro gettano il cuore oltre l’ostacolo e si rendono protagonisti di una performance compattissima e genuinamente trascinante, in cui una scaletta oltremodo sbilanciata verso il materiale degli ultimi dischi viene compensata da un tiro che non si offre a molte critiche, figlio di un sound ormai sempre più vicino a formule puramente groove metal à la Pantera. Riff e ritmiche pensate per essere suonate dal vivo, quadratissime e martellanti, su cui l’alternanza di growling/screaming vocals di Maurizio Iacono si innesta con fare spavaldo per chiudere un cerchio di rara cafonaggine e presa sul pubblico. Oltre che per le sue doti vocali e la sua presenza scenica, il nostro concittadino acquisito si fa poi segnalare per una serie di siparietti che da soli valgono il cosiddetto biglietto, tra citazioni ad Albano e Romina, dichiarazioni d’amore al Bel Paese e sfoggio di bandiere tricolori tatuate sul cuore, le quali di sicuro – nel bene o nel male – avranno attirato sulla formazione canadese le attenzioni di chi ancora non la conosceva. In definitiva, pur con i loro attuali limiti in termini di profondità e dinamismo, i Kataklysm offrono agli avventori dell’Infernal Forces la manata che era lecito aspettarsi da un gruppo del loro calibro. Settanta minuti terremotanti e senza segni di cedimento, che mandano tutti a casa col sorriso sulle labbra.
(Giacomo Slongo)