A cura di Claudio Giuliani
Il miglior festival indoor del mondo? Sicuramente l’Inferno Festival di Oslo. Diabolicamente, si svolge ogni anno nel weekend pasquale richiamando i fan del metallo estremo da ogni parte del mondo. E’ cosi che Oslo, tranquilla capitale tutta ordinata e composta della Norvegia, viene invasa di colpo da orde di metallari capelloni trasudanti pelle borchie e tatuaggi. E’ cosi che gli organizzatori migliorano il festival anno dopo anno arrivando a una precisione chirurgica dei concerti, dell’organizzazione, arricchendo il festival anno dopo anno con eventi sempre più interessanti. Quest’anno la novità era il Sentrum, un ex teatro a due passi dalla sede del concerto dove era possibile assistere a meet-and-greet con gli artisti (Zyklon, Keep Of Kalessin, Shining e altri ancora), visionare film e DVD inerenti al metallo, mangiare, girare fra i mille stand musicali e non, e altro ancora. E le band? Sempre le migliori in giro, dosate con una sapiente rotazione. Quest’anno altre band da poco riunite hanno calcato il palco dela Rockfeller Music Hall, sita nel cuore di Oslo. Parliamo degli Immortal di Abbath, al loro primo show dopo la recente reunion, e agli americani Brutal Truth, già rodati in terra natia. Ma è stato anche il festival della prima volta all’estero in sede live degli Anal Nathrakh, una delle rivelazioni del festival, grande prova anche dei Watain con il loro black metal e con i redivivi Dodheimsgard, o DHG se preferite. Ma anche tanto death metal con i solidi Zyklon, i biblici Suffocation e spazio anche alle sperimentazioni avantgarde dei Trinacria e dei giapponesi Sigh, altra band-evento del festival. Il tutto amalgamato alla perfezione e distribuito in una tre giorni massacrante, una vera e propria overdose di metallo sparato ad alto volume. Questo è l’Inferno Festival, speriamo che l’inferno vero sia qualcosa di simile a questo!
FATAL DAMENOR
Francamente il nome non invogliava più di tanto ad ascoltare questa giovane band. Il fatto però di essere i prescelti per l’avvio del festival ha convogliato presso lo stage John Dee molta gente. Musicalmente i nostri hanno dimostrato di non avere le idee chiare, se suonare thrash metal o death metal. Di certo c’è che il cantante è improponibile. Questo li penalizza molto. Assolutamente da rivedere.
NORVEGIAN METAL ALL STARS
Il palco principale denominato Rockfeller Stage si è gremito per ascoltare i classici del passato da una formazione di star del panorama metal norvegese. Dove fossero queste star è tutto da appurare, perché di conosciuti c’erano Athera (Susperia), Trym (Emperor/Zyklon) e Danny Lilker (Brutal Truth). E’ il cantante dei Susperia a fare da mattatore, è lui a interpretare (bene) “Fast As A Shark” degli Accept e “Detroy Rock City” dei Kiss. Proposte fra le altre anche “Creeping Death” dei Metallica (altro cantante), un’ottima “Pleasure To Kill” (Lilker al basso) dei Kreator e l’immancabile “Ace Of Spades” con Abbath a fare la prima comparsata sul palco principale della sua tre giorni di festival. Finale con “Angel Of Death”, eseguita a regola d’arte con Trym alla batteria.
TRINACRIA
Esordio per la band formata da tre membri degli Enslaved (il mastermind Grutle, il chitarrista Ivar e il batterista nelle vesti di chitarrista) che qui propone musica noise. La band ha dato l’idea di essere sperimentale, di spingersi oltre, più di quanto consentito agli Enslaved. Per fare ciò hanno in line up una donna che si occupa di sampler e synth, e un’altra che suona degli strumenti un po’ strani e inusuali per il metal. Il risultato è stato noise, nel vero senso del termine. I pezzi sono stati abbastanza lunghi, alcuni più brutali, altri più strani, di certo la band necessita di tanti ascolti per essere “digerita” a dovere.
ZYKLON
Sala piena ovviamente per i beniamini di casa. Quarantacinque minuti di death metal efferato per una platea che ha dimostrato di gradire la prestazione dei nostri. Esordio con “Ways Of The World”, opener dell’ultimo album dal quale sono state eseguite anche le ottime “In Hindsight”, “Disintegrate”, “Underdog” e “Subversive Faith”. Proposta anche la velocissima “Psyklon Aeon” e la thrashy “The Prophetic Method”, una song assolutamente ben riuscita. Gli Zyklon (che hanno già suonato su questo palco in un’altra edizione del festival) hanno dato conferma di essere una band che in sede live esprime il meglio di sé, una delle migliori in Europa. Schiacciasassi.
PRIMORDIAL
Il combo irlandese era alla sua prima prova in terra norvegese. Il loro epic metal ha avuto un buon impatto sul pubblico nordico, molto più vicino al filone epico del metallo rispetto a quello death. Gli irlandesi hanno fornito una buona prestazione, il frontman del gruppo si è rivelato molto carismatico e autentico leader della band che ha tenuto alla perfezione il palco del Rockfeller. Estratti pezzi prevalentemente dagli ultimi due lavori della band, i fan hanno dimostrato di gradire. Per alcuni sono stati una sorpresa, forse per chi non li conosceva. Una delle band migliori della giornata.
WATAIN
La band di black metal svedese è riuscita nell’impresa di affollare oltremodo il palco John Dee, accreditato di circa 400 persone a livello di capienza, dove hanno suonato da headliner della prima serata. Saliti alla ribalta per aver accompagnato i Dissection nel loro tour europeo qualche anno fa, gli svedesi dovevano dimostrare che i suoni più puliti del loro ottimo ultimo album “Sworn To The Dark” conservavano sempre l’aura di black metal cattivo e violento in sede live. I Watain hanno dimostrato di meritare il palco grosso ma soprattutto di essere una delle migliori black metal band in circolazione. Ottime le tracce estratte dal precedente “Casus Luciferi” fra cui un ottima “The Devil’s Blood” così come spettacolari quelle estratte dall’ultimo album, l’omonima “Sworn To The Dark”, “Legions Of The Black Night” e la strepitosa “Satans Hunger”. Cattivi. Malsani. Satanici.
SUFFOCATION
Non hanno avuto la platea che meritavano. All’una di notte con la sala principale che andava svuotandosi, faceva la comparsa la band americana che per la prima volta suonava in terra norvegese. Ma si sa, da queste parti sono pochi avvezzi al brutal americano. La loro ora e passa di death metal brutale è stata come al solito di primissimo livello. Il combo ha dato prova di compattezza e di mestiere eseguendo brani estratti da tutti i lavori della band, nessuno escluso. Si è ripercorsa così la carriera della band con una scaletta incentrata sui classici della band come “Pierced from Within”, “Jesus Wept”, “Infesting The Crypt”, “Liege Of Inveracity”, “Effigy Of The Forgotten”, “Surgery Of Impalament” e “Thrones Of Blood”. Il cantante ha fornito un’ottima prestazione. Altro da dire? Hanno spazzato via tutto. Grandiosi.
RED HARVEST
Sono stati profeti in patria. Il combo norvegese ha aperto la giornata sul palco principale con una prova pressoché‚ perfetta. Il loro industrial black metal dai suoni freddi e meccanici ha reso perfettamente anche in sede live conquistando il pubblico che ha tributato autentiche ovazioni alla band. Menzione particolare per i tre brani estratti dal loro nuovo album, il fantastico “A Greater Darkness”: “Antitode”, pezzo d’esordio dall’incedere potente e pesante, “Warthemes” song apocalittica e “Hole In Me”, altra traccia dalle parti vocali malate e dai riff di chitarra molto potenti. I suoni erano perfetti, ogni singola nota, sfumatura, era udibile senza sbavature, così come senza sbavature è stata l’esecuzione dei brani. Un concerto fra i migliori della giornata.
ROTTEN SOUND
Spazio al grind puro all’Inferno Festival. Sul palco del John Dee è toccato ai Rotten Sound dare un assaggio di quello che il giorno dopo avrebbero fatto i Brutal Truth. I finlandesi hanno dimostrato di saperci fare, hanno dato prova nei 45 minuti senza fiato del loro concerto di pestare duro sull’acceleratore triturando tutto e tutti. Show massacrante, suoni potenti e interpretazione perfetta di tutti i membri. Il batterista ha picchiato come un folle e il pubblico ha dimostrato di gradire la prestazione dei finnici.
GOD DETHRONED
Gli olandesi hanno tanti anni di esperienza, tuttavia la band di Henry Sattler ha ben suonato ma non entusiasmato. La mistura di death metal e thrash metal è oramai rodata album dopo album, però la band non riesce a spiccare il salto di qualità. Non riesce a diversificarsi per completare così la sua evoluzione. Sulla prestazione niente da dire, ineccepibile, precisa. Sono degli onesti mestieranti del death metal e di conseguenza hanno fornito una prestazione onesta. Pezzi migliori della scaletta: “Hating Life” dall’ultimo album e “Villa Vampiria” da “Ravenous”.
SIGH
C’era tanta attesa per il combo giapponese, autore di un black metal sperimentale. Detto dell’ovazione ricevuta dalla cantante e strumentista a fiato per la sua mise, succinta a dir poco, la band non ha avuto tanta presa sui fan. I suoni erano fiacchi così come la presenza scenica. Solamente la citata cantante Mikannibal e il mastermind Mirai Kawaschima hanno dimostrato di destreggiarsi sul palco. Gli altri erano giapponesi tipici, dall’aspetto di sfigati del computer messi sul palco a fare da contorno. Musicalmente il black metal dei cinque del Sol Levante non è stato gradito più di tanto dagli intransigenti norvegesi.
MOONSPELL
C’era tanta attesa per la band portoghese che di lì a poco avrebbe lasciato il palco agli Immortal. I lusitani hanno offerto un’ottima prova, il pubblico ha dimostrato di gradire la proposta musicale anche se molti erano già in postazione per il concerto di Abbath e compagni. Musicalmente la band si è comportata egregiamente, è stata autrice di un concerto senza sbavature. Va da sé che i momenti più belli del concerto sono stati l’esecuzione di “Opium” e “Fullmoon Madness” estratte da “Irreligious” e delle ben tre tracce ovvero “Wolfshade”, “Vampiria” e “Alma Mater”, estratte dal seminale “Wolfheart”. Esecuzioni assolutamente commoventi. Tutte le altre song al confronto sono sembrate semplici canzonette. Ottima prova.
LEGION OF THE DAMNED
La band con membri degli Occult (perché cambiare nome se si è gli stessi e si suona la stessa musica?) ha fatto girare un po’ le teste dei metallari nordici. Il loro thrash metal è suonato a regola d’arte, i suoni sono aspri al punto giusto e il frontman tiene bene il palco dall’alto della sua esperienza. Gli olandesi hanno estratto brani da entrambi gli album, particolarmente belle “Sons Of The Jackal”, la fantastica “Malevolent Rapture”, “Bleed For Me” e “Werewolf Corse”. Tutte le canzoni si assomigliano ma allo stesso tempo sono godibili. Non presentano particolari punti deboli. Thrash metal suonato con mestiere. Giudizio positivo.
IMMORTAL
L’attesa era tanta. Ad onor del vero non la stessa attesa per gli Emperor nella scorsa edizione del festival. E anche la resa finale non è stata fedele alle attese, qualche problema tecnico ha macchiato in negativo il concerto. Quando si apre il sipario il terzetto è lì, coperto di armature e spikes (che hanno dato un po’ di problemi ad Abbath visto che gli si slacciavano in continuazione) pronto a distruggere tutto iniziando con “Withstand The Fall Of Time”. Abbath è parso in gran forma, il suo “it’s great to be back” è stato sincero e ha cancellato di colpo questi quattro anni lontano dai palchi con la sua band madre. Vengono eseguite una dopo l’altra “Tyrants”, “Solarfall”, la bellissima “Mountains Of Might”, la virtuosa “At The Heart Of Winter” rovinata però da un jack di chitarra mal collegato che ha interrotto di fatto l’esecuzione mandando Abbath su tutte le furie. D’altro tempo e d’altra pasta la coppia formata da “Unsilent Storm In The North Abyss” e “Sun No Longer Rises”, davvero spettacolari. Sbalorditiva anche “Sons Of The Northern Darkness” ultima song prima dell’encore finale con “Battles In The North” e l’ovvia “Blashyrk” rovinata dall’inserto tastieristico partito tardi e ancora da problemi alla chitarra. A fine song Abbath lasciava il palco infuriato senza neanche salutare, lasciando un po’ di amaro in bocca ai fan. Peccato per i problemi, c’era tanta voglia di Immortal e Abbath, pose pacchiane e slinguacciate a parte, ha dimostrato di essere un musicista di cui la scena ha bisogno. Comunque grandi.
BRUTAL TRUTH
Ad aprire l’ultima giornata del festival sul palco principale sono stati i riformati Brutal Truth. Hanno spaccato. Impressionante la prestazione degli americani. Il batterista su tutti, dotato di una batteria minimalista, fra cui un solo tom e una grancassa con due pedali. E ha picchiato come nessun altro. Il suo drumming, progressivo a tratti seppur suonando grind, ha colpito tutti. Allucinanti le espressioni visive del batterista, un mix tra un uomo in preda a un orgasmo e un attacco di cuore. Il cantante, vestito da contadino americano, ha fatto in pieno il suo dovere con sputi, urla e grugniti come ai bei tempi. Per il resto uno show mozzafiato, senza pausa, all’insegna del grindcore che fu e che per 45 minuti ha devastato i fan dell’Inferno Festival che non si aspettavano di certo un’esecuzione del genere. Massacranti e tritaossa.
DHG
Pubblicato da poco un ottimo album come “Supervillain Outcast”, i DHG hanno fatto comparsa sul palco vestiti in una maniera che definire stravagante sarebbe dir poco. Costumi a parte c’è da dire che la band ha dimostrato di essere una delle più geniali mai partorite in terra norvegese. Si passava indistintamente dal black metal puro e crudo degli esordi ai pezzi più tastieristici del mini CD per poi virare alla svolta industrial-futuristica (geniale e innovativa all’epoca) di “666 International” fino ad arrivare all’ultimo lavoro che ha presentato come novità (mai due album identici nella loro discografia) un’apertura a delle parti melodiche di voce ben interpretate dal cantante e che hanno destato un’ottima impressione fra il pubblico. Guest d’eccezione l’ex singer Aldhran (voce anche degli Zyklon-B), che ha cantato su due pezzi da solo. La sala era ovviamente piena e sono stati tanti gli applausi tributati ai DHG. Tecnica, velocità, rabbia e capacità. Un’ottima band.
DARK FUNERAL
Fiacchi. Tremendamente fiacchi. La band sembra sentire il peso dell’età e il concerto non è stato assolutamente ai livelli di altre esperienze a cui ha assistito chi scrive. I suoni non erano eccezionali e non rendevano quindi giustizia alle song pur buone (specie quelle vecchie). Il batterista poi, che dovrebbe essere l’arma aggiunta vista la quantità di blast beat della band, non riesce a suonare veloce di continuo. La scaletta è stata incentrata prevalentemente sugli ultimi album della band, trascurando i primi tre lavori della band, decisamente il loro meglio. Non sono bastate le armature super rifinite e super sataniche del quintetto a impressionare i presenti. Triste constatare che sono stati la peggiore band di black metal del festival, eccezion fatta per le band locali. Inarrivabili sia i Watain che gli Anal Nathrkrath. Delusione.
BLOOD TSUNAMI
Thrash Metal from Oslo. Così recita il back delle magliette della band in vendita nello stand. E tant’è. La band ha da poco pubblicato il debutto chiamato, guarda caso, “Thrash Metal” ed è alle prime apparizioni dal vivo. Dietro le pelli siede l’uomo che fa la differenza: Bard Faust. La band ha convinto praticamente tutti, il suo thrash metal è abbastanza melodico nelle chitarre ma il drumming è puntuale e potente così come la voce del cantante, anche se troppo scream per essere una band thrash. La band ha praticamente suonato tutte le song dell’album ma nessuno ne è rimasto scontato. Tanti i fan che non conoscevano la band e che ora la seguiranno dopo l’ottima esibizione del combo.
TIAMAT
Diciamocelo francamente: ad un certo punto del concerto si è avuta la sensazione che la band non c’entrasse minimamente con il bill del festival. Ed infatti era così. In una sala assolutamente non piena, e più che altro in curiosità, la band di John Hedlund ha ben suonato e ha anche entusiasmato i fan incalliti del combo svedese. La sensazione di un break prima del duo finale formato da Anal Nathkrath e Sodom è stata fin troppo evidente. Il gothic rock super melodico, peraltro bellissimo, di una band che iniziò suonando death metal non è stato tanto apprezzato, ma questo era da mettere in conto. Comunque bravi.
ANAAL NATHRAKH
Quando anni fa si pensava di portare il black metal alla sua massima efferatezza forse si pensava di concepire quello che i due inglesi hanno materializzato da qualche anno. La band era al primo concerto fuori dall’Inghilterra e al suo terzo show in assoluto. E meno male. Il palco John Dee è sembrato troppo piccolo per contenere la bestialità delle canzoni della band. Si aspettavano due persone e drum machine e invece è uscito un quintetto con tanto di batterista in carne e ossa che ha picchiato duro e veloce come un fabbro fomentando i fan. Se pensate che gli album del combo inglese siano devastanti, be’, sappiate che dal vivo lo sono ancora di più. Il suono è ancora più potente, più estremo, più cattivo e violento, così come sono violenti gli scream del singer, in un progetto fra i più estremi mai sentiti in giro. Hanno dimostrato di meritare il palco principale e l’emozione degli artisti è stata fin troppo evidente di fronte alla reazione entusiasta come poche altre volte dei fan. Efferatezza sonora cheha spazzato via tutto il resto, fra i top 3 del festival. Violenti, violenti e violenti.
SODOM
I maestri del thrash metal tedesco sono oramai una macchina da palco. Tutti li hanno visti, nessuno è mai rimasto deluso da un loro concerto e così è stato anche per l’Inferno Festival. Hanno iniziato con “Blood On Your Lips”, opener dell’ultimo album di certo non il migliore del combo, e poi hanno sciorinato via via i classici della band, invocati a gran voce dal pubblico. E’ così che hanno visto luce “Outbreak Of Evil”, “Remember The Fallen”, “The Saw Is The Law”, “Sodomy And Lust” (presentata da Abbath) e l’acclamatissima “Agent Orange”, uno fra i pezzi storici della band. Finale con una fantastica “Bombenhagel” non prima di aver tributato il loro puntuale ringraziamento ai Motorhead suonando una spettacolare “Ace of Spades” con Abbath (ancora sul palco!) a fare il cantante, questa volta imitando alla perfezione però la voce di Lemmy a differenza della cover fatta nel giorno d’apertura. Ha partecipato ad un pezzo della band anche Dan Linker dei Brutal Truth che ha suonato il basso lasciando Tom Angelripperin evidente disabitudine, tanto da suonare il pezzo praticamente senza strumento, nell’aria. Se Sodom fosse il nome di una casa automobilistica potreste comprare sicuramente da loro, tale è l’affidabilità. Sono come una Golf, non vi abbandona mai. Immensi.