18/03/2008 - Inferno Festival 2008 @ Rockfeller Music Hall - Oslo (Norvegia)

Pubblicato il 27/03/2008 da
Il bill non è certamente il migliore degli ultimi anni, di questo ci si rende conto se lo si paragona a quello degli anni precedenti, ma il fascino di un festival indoor con tanti avvenimenti legati alla musica estrema rimane immutato. L’Inferno Festival, edizione 2008, ha negli headliner Gorgoroth, Destruction e Satyricon i punti di forza incentrati prevalentemente nel black metal. La manifestazione norvegese è stata completata già nell’episodio precedente da una zona che viaggia di pari passo col festival. Al Sentrum di Oslo infatti, un enorme locale che comprende molte sale ed anche una sala cinema immensa, è infatti allestita la Inferno Expo Conference. All’interno troviamo stand di strumenti musicali, abbigliamento, gadget, di tutto di più: signing session dove Satyr e Frost firmano autografi a tutti i fan disciplinatamente in coda non disdegnando fotografie, conferenze a tema sulla musica (“la fine del CD nell’era del digitale”, “come utilizzare un tour manager in una band alle prime esperienze”) con interlocutori qualificati (Ghaal dei Gorgoroth, ad esempio) e da quest’anno anche una gara a Guitar Hero con tanto di primi quattro classificati che si esibiscono davanti a tutto il pubblico, Satyricon compresi. Questo il Sentrum. Il festival poi è al solito (Metalitalia.com è presente per il terzo anno di fila a darvene conto) perfettamente organizzato. Quest’anno si è aggiungo il Club Day in aggiunta ai tre giorni di festival, e il mercoledì di Pasqua, infatti, in cinque famosi locali della città (John Dee, Rock In, Garage, Blah e Maiden) ci sono altrettanti concerti. Bisogna quindi scegliere. Il palco del Jhon Dee, che viene utilizzato anche nel festival, è affollato per via del concerto principale: sono i Red Harvest ad aprire, poi i Vreid e i Keep Of Kalessin. Metalitalia.com opta per i Sahg, giovane band norvegese che sta diventando sempre più importante col suo stoner. Un ascolto anche alle Gallhammer (trio giapponese alla Darkthrone tanto in voga), agli Urgheal (black metal classico norvegese), e ai Negura Bunget, rumeni che avrebbero meritato il palco del festival vero e proprio. In aggiunta a tutto ciò tanti, tanti incontri con i musicisti, compresa Mariangela DeMurtas, nuova cantante italiana dei Tristania, molto disponibile e che tanti complimenti ha raccolto per la sua esibizione. Insomma, tutti disponibili e tanti aneddoti sulle rock star scandinave. Se questo è l’Inferno, tutto sommato non è male!

SAHG

Entrati al settimo posto in classifica norvegese con il loro nuovo album “II”, i Sahg sono senza dubbio i protagonisti della giornata denominata “Club Day” presso il “Blah”, locale tipo centro sociale nel centro di Oslo, almeno per chi non ha intenzione di andare a seguire band black metal abbastanza underground. La band è in ottima forma, “Ascend To decadence” apre il concerto, estratta dal nuovo album della band, la canzone è un concentrato di un giro di basso molto potente sovrastato solamente dal ritornello cantato a squarciagola da Olav. Dal nuovo album vengono estratte anche “Pyromancer” e “Echoes Ring Forever”, tutte perfettamente eseguite. I momenti migliori però sono le esecuzioni di “The Executioner Undead”, di “Soul Exile” e della conclusiva, bellissima, appassionante, “Godless Faith”. Verranno presto per due date in Italia, non perdeteli perché una volta scoperti non li abbandonerete più.

DEAD TO THIS WORLD

Questa è la nuova band di Iscariah, famoso per essere il bassista degli Immortal. La proposta musicale del terzetto norvegese è un classico black thrash metal di stampo ottantiano. E dal vivo fanno la loro figura, senza eccellere e senza difettare. Una buona mezz’ora di canzoni tutte estratte dall’album “First Strike for Spiritual Renewance”, in cui apre proprio l’opener track dell’album, “I, The Facilitator” – e per chi non li conosce è facile capire la proposta musicale. La canzone è molto d’impatto, cosi come la voce di Iscariah, molto black metal che ricorda un po’ quella di Abbath negli Immortal, almeno nell’impostazione del cantato. Seguono nella scaletta “Shadows Of The Cross”, “Night Of The Necromancer” e la velocissima “Goatpower”. Una buona mezz’ora passa in attesa della main band sul palco principale. Non male, ma niente di nuovo.
 

SKITLIV

C’è grande attesa per gli Skitliv, monicker norvegese che significa letteralmente “vita di merda”, se non altro perché è la nuova band di Maniac, ex singer storico dei Mayhem. Quando il sipario si apre troviamo dei musicisti statici, un’atmosfera molto casalinga, tanto è vero che ci sono lampade da salotto un po’ ovunque e una bella poltrona con lampada da lettura. Sopra, c’è Maniac, con chitarra in mano. Sono ben quattro le chitarre (si riconosce anche Tore degli Arcturus fra queste) che vanno a creare un casino assurdo, noise puro farcito dalle urla di Maniac che indubbiamente quando “canta” sa fare il proprio mestiere. La proposta musicale è di quelle difficili da ricevere, molta gente pare colpita, ed evocata dalla performance degli Skitliv che altro non è che una sequenza di riffoni lunghissimi, batteria cadenzata e urla efferate qua e là. Rumore tanto, musica poca.
 

ONSLAUGHT

I thrasher inglesi Onslaught, autori di un buon successo nella metà degli anni ’80, sono stati la prima band thrash metal ad esibirsi sul palco della Rockfeller Hall di Oslo. Il genere non è di quelli molto in voga da queste parti, però un manipolo di fan ha dimostrato di gradire molto il thrash metal puro dei nostri. E’ “Burn”, tratta dall’album di ritorno “Killing Peace” del 2007, ad aprire le danze, canzone d’impatto e ben eseguita, ma sono i classici della band a smuovere la folla. “Angel Of Death” riesce a scaldare un po’ i norvegesi che accennano ad un headbanging moderato prima di godersi una delle canzoni thrash migliori del periodo, quella “Power From Hell” che ancora oggi risulta devastante in sede live. Buona prova, scolastici.

BEHEMOTH

La band di Nergal ha già da tempo fatto il salto di qualità. Il passaggio allo stato di band superiore e fra le più conclamate nel panorama death mondiale ha trovato nell’Inferno Festival edizione 2008 l’ennesima conferma. Il pubblico è tutto assiepato che attende che Inferno e compagni inizino la loro performance. Il tendone si apre e un Nergal con un trucco alla Mad Max saluta i fan. L’intro dell’ultimo album, “The Apostasy” lascia subito il passo alla sfuriata “Slaying The Prophet Of Isa”. Dallo stesso album vengono estratte le velocissime “Prometherion” e “At The Left Hand Ov God”, che il pubblico gradisce. I nostri hanno raggiunto una perizia tecnica invidiabile e i numerosi tour hanno rodato una band che dal vivo non sbaglia più un colpo. Inferno macina blast beat a tutto spiano, “From The Pagan Wasteland” è la canzone che consente a Nergal di non rinnegare del tutto le radici black metal (così la presenta, almeno) e di certo, deathmetallizzata, la canzone non è quella originale e possiamo tranquillamente affermare che è una delle peggiori nel repertorio live della band polacca. Immancabili anche “As Above So Below” e la doppietta finale con le due migliori canzoni mai scritte da Nergal e compagni: “Decade Of Thepion” e “Chant To Eschation 2000”. Esecuzioni perfette, e ruffianeria finale con l’esecuzione di “I Got Erection” dei locali Turbonegro che scatena il coro della folla. Il tutto dopo che Nergal trova tempo anche per strappare un paio di pagine della Bibbia prima di lanciarla fra il pubblico fra l’approvazione generale. Probabilmente il testo sacro l’aveva lasciato qualche gedeone nell’hotel. Comunque, Massicci.
 

GORGOROTH

Headliner del primo giorno, i norvegesi hanno cancellato con uno show possente e autoritario, le vicissitudini degli ultimi mesi in merito alla disputa con l’ex membro Infernus su chi dovesse proseguire la carriera musicale utilizzando il monicker della band. King Ov Hell e Ghaal hanno reclutato alla batteria nientemeno che Nick Barker (di fama Cradle Of Filth, Lock-Up e Dimmu Borgir), ancora più grasso del solito. Detto della lineup passiamo a darvi conto del concerto: fantastico. Quando il telone della hall si apre aperto, l’occhio va immediatamente ai quattro crocifissi posto sul palco con altrettanti “cristiani” appesi lì sopra. Si rimane sbigottiti. Due donne e due uomini, completamente nudi, incappucciati e completamente immobili. Candele accese lungo tutto il palco e fiamme qui e la completano una scenografia che non si era mai vista all’Inferno Festival, e forse neanche da tante altre parti. Lo scenario è inquietante per certi versi, duro, estremo, così come il look dei musicisti. Estrema è anche la loro performance, specie sulle note di “Carving A Giant”, di “Destroyer” e di “Possessed By Satan”. Impressionante Ghaal nel mantenere il livello della sua voce per tutta la durata del concerto. Diabolici e violenti, efferati e minimalisti. Ghaal si limita a pronunciare i nomi delle canzoni e niente altro. La band va via ma torna sul palco per il bis finale dopo l’ovazione della folla. Satanici e fra le top tre black metal band norvegesi.
 

BENIGHTED

I Francesi Benighted partono con le premesse di un album su Osmose Productions. Chi vi scrive assiste al concerto dopo aver ascoltato qualche canzone sulla loro pagina Myspace e aver capito che suonano death-grind. Al via del concerto basta qualche nota per capire che si assisterà a un casino assurdo. Tre quinti della band sono scalzi, parte l’urlo lacerante del cantante, il rullante schizza a velocità folle e il bassista comincia a dimenarsi come un pazzo. Vorrebbe schiacciare tutti quelli della prima fila a mezzo metro dal palco, poggia il piede sulla balaustra, macina note mentre il cantante continua a urlare, ci sono break potenti con chitarre che macinano riff lenti e possenti e poi si riparte. In un momento caotico dopo che il cantante invita a salire sul palco e a lanciarsi sulla folla, molti salgono ma nessuno si lancia. Troppa paura. Allora che succede? Si lancia il bassista che si fa sorreggere e continua a suonare pure in mezzo alla folla. Casino e caos musicale per mezz’ora in cui il pubblico si è divertito parecchio, ci voleva all’Inferno Festival una band che spezzasse un po’ lo stantio fra il pubblico che assiste ai concerti black metal.
 

KRUX

La band di Mats Leven e Leif Edling è una delle poche band doom in programma quest’anno all’Inferno Festival. C’è attesa per la prova del cantante, che fra le tante collaborazioni riesce a ritagliare del tempo per suonare live assieme a Leif, anima dei Candlemass e fondatore della band quando fuoriuscì dal gruppo doom storico svedese. “Serpent” apre il concerto del sestetto che gode di suoni potenti che riempiono la hall nella loro corposità. La voce di Mats Leven è la solita, calda, profonda e potente. Lo stesso tiene il palco in maniera esagerata e si dimena come un forsennato saltando qua e là dal palco. Fra i pezzi migliori del concerto segnaliamo “Devil Sun”, lenta e caratterizzata da un riff di chitarra che sembra infinito. La canzone è estratta dal loro album “II”, così come “Depressive Stoke Of Indigo” una delle migliori canzoni mai scritte dai Krux che nei suoi sette e passa minuti contempla parti rabbiose e parti teatrali, malinconiche. Spettacolare gli effetti delle canzoni nel finale ad opera del tastierista. Completano il gran concerto “Sea Of Doom”, “Nimis” e “Black Room” dal loro primo CD.
 

TULUS

I Khold sono a riposo come band, non come musicisti però. Tornano infatti in auge i Tulus, band black metal di vecchio stampo e abbastanza di culto se vogliamo. Qualche anno fa i Tulus si sciolsero per dar vita ai Khold, mantenendo più o meno gli stessi musicisti. L’approccio dei Tulus al black metal è più classico, più veloce e d’impatto ma prevede anche l’inserimento (almeno nella versione della band anno 2007 di cui trovate la recensione del disco del ritorno, “Biography Obscene” nell’archivio recensioni) di strumenti come violino, violoncello ed anche tastiere. La band dimostra di saper calcare il passo e riproduce fedelmente quanto espresso su disco, aiutandosi con dei musicisti esterni che entrano sul palco quando è richiesta la propria partecipazione. Buone le canzoni black metal veloce e potente, piacciono molto le parti di violino ma peccato che sia quest’ultimo sia il violoncello abbiano un volume troppo basso e quindi i rimanenti classici strumenti dei metallari sovrastino tutto. Bravi, ma sono più gradevoli i Khold dal vivo.

GOREFEST

Un pezzo grosso del death metal europeo dei primi anni ’90 sale sul palco pronto a riversare sulla folla quintali di riff pesanti conditi dai classici “rooooooar!” del singer Jan-Chris DeKoeyer. Il quartetto è tornato da qualche anno sulla scena, qui in Norvegia come al solito però dimostra di piacere ai fan di vecchia data del death metal, meno ai giovani ignari dell’importanza di tale band nel panorama europeo. La potenza delle loro canzoni è fuori discussione, e ben quattro i pezzi estratti da “Rise To Ruin”, loro ultima fatica del 2007: sono l’opener e velocissima “Revolt”, la più lenta “Rise To Ruin”, la tritaossa “Speak When Spoken To” e la contorta e potentissima “Babylon Whores”. Da “Erase”, album da cui è cominciato il declino della band, è stata estratta l’omonima traccia, niente ovviamente dai due “Chapter 13” e da “Soul Sourvivour”, gli album non death metal a firma Gorefest. Ottime le vecchie “State Of Mind” e “Mental Misery” estratta dal primo album della band. “Reality” chiude un concerto potente e deciso. Gli anni sembrano non essere passati per il quartetto che picchia duro anche meglio di prima. Lunga vita agli olandesi.

 
 
Scaletta:
Revolt
State Of Mind
Mental Misery
Rise To Ruin
Bayblon Whores
Speak When Spoken To
Erase
The Glorious Dead
Reality
 

 

SATYRICON

Headliner del festival, chiudono il cerchio del terzetto black metal norvegese esibitosi sul palco della Rockfeller Hall negli ultimi tre anni. Prima di loro: Emperor e Immortal. Nuova line up dal vivo, ovvero cambio di chitarrista ritmico e bassista, ma questo, come lo stesso Satyr ci ha confidato in un’intervista esclusiva, non ha cambiato niente. E si vede. Suoni perfetti, potenti, Frost in formissima nonostante non sia ancora pienamente ristabilito dall’infortunio al piede, e scaletta che rasenta la perfezione. “The Pentagram Burns“, estratta dall’ultimo lavoro dei norvegesi “Now Diabolical”, apre il concerto scatenando il delirio. Sicuramente in questo momento suona la band più attesa all’Inferno Festival. Satyr è emozionato, suonare di fronte al suo pubblico non è la stessa cosa che suonare in qualsiasi altra parte del mondo. La scaletta è varia. Nessuno si aspetta una “Havoc Vulture” estratta da quel “Rebel Extravaganza” che segnò il confine fra i vecchi e i nuovi Satyricon, la gente gradisce e ne canta a squarciagola il ritornello. C’è tempo poi per un po’ di velocità, per ammirare un Frost come raramente si vede dal vivo con Satyr e compagni. “Storm Of The Destroyer”, b-side pubblicata sul singolo K.I.N.G. consente di vedere il drummer norvegese picchiare senza pause e senza break a tutta velocità sul rullante per circa tre minuti. Canzone eseguita tutta d’un fiato. “Foreshket” è il primo pezzo estratto da “Nemesis Divina”, forse l’album più apprezzato della band in Norvegia. La setlist prosegue senza tanti stravolgimenti, c’è il tributo all’hardcore e al rock and roll dal nome di “Fuel For Hatred”, la cadenzata e massiccia “K.I.N.G.”, la bellissima “To The Mountains” (in attesa di Black Lava dal vivo che Satyr ci ha confidato di voler proporre in sede live prossimamente) e per l’altrettanto bella “Repined Bastard Nation” su cui i giochi di luci compiono un gran lavoro. I Satyricon salutano. Parte il coro del ritornello di “Mother North” da parte del pubblico. Tornano. C’è spazio per l’opener dell’album “The Shadowthrone”, da brivido e per la conclusiva e perfettamente eseguita “Mother North”. Headliner del festival con pieno titolo e merito.
 
Scaletta:
The Pentagram Burns
Havoc Vulture
Now Diabolical
Storm Of The Destroyer
Foreshket
K.I.N.G.
Repined Bastard Nation
Fuel For Hatred
Hvite Krists Død
Mother North
 

 

ISKALD

Avevamo recensito la giovanissima band norvegese (un duo appena ventenne) sulle pagine di Metalitalia.com con una sufficienza per quanto di buono fatto nel loro album “Shade Of Misery”. Dal vivo però i norvegesi non hanno confermato la buona prova su disco, segno che in studio si possono aggiustare le cose ma poi dal vivo bisogna saperle fare. I suoni anzitutto, molto caotici e poco chiari, e poi la loro proposta che su disco è più complessa mentre dal vivo perde di quegli arrangiamenti che avevano lasciato sperare per le sorti delle band in futuro. Black metal abbastanza classico quindi dal vivo, senza fronzoli, certo hanno suonato sul piccolo palco del John Dee ma difettano di esperienza. Il tempo è dalla loro parte, speriamo migliorino.

UNLEASHED

Il death metal passa per i loro strumenti alla Rockfeller Hall. Gli Unleashed, band rodata in attivo da tanti anni, non hanno mai raccolto forse il giusto premio alle loro fatiche, eppure dal vivo sono impeccabili. La band di Johnny Hedlund, che quest’anno tornerà in scena con un nuovo lavoro in studio, sale sul palco con una voglia di spaccare tutto e attacca con la velocissima “Blood Of Lies”, opener del loro ultimo lavoro “Midvinterblot”. I suoni sono ottimi e i pezzi validi. Gli svedesi macinano death metal senza fare pause, dallo stesso album vengono eseguite “Midvinterblot” e “In Victory Or Defeat”. Specie “Midvinteblot”, con il suo riff cadenzato e lento, da modo agli ascoltatori di apprezzare la tecnica dei nostri. Tanti gli svedesi presenti che apprezzano la band in scena da una vita. L’ultimo pezzo è “Death Metal Victory” dove Hedlund fa cantare il pubblico il classico ritornello. Buona prova per una band rodata ma che non spicca mai il volo almeno nell’apprezzamento generale.
 

1349

La bandiera del black metal nell’ultima giornata del festival è affidata ai 1349, band di black metal norvegese classico sparato a tutta velocità, complice la presenza di Frost dietro le pelli. I suoni però non sono eccezionali, sovrastano le chitarre di molto e quindi è difficile comprendere le canzoni. Un peccato, perché l’impatto di queste ultime è davvero imponente. Il concerto allora si riduce a seguire l’esibizione di Frost capace di suonare a manetta e senza pause per tutta la durata del concerto. Pezzi migliori del concerto sono “I am Abomination” dall’ultimo “Hellfire”, “Beyond The Apocalypse” e “Aiwass Aeon” prese da “Beyond the Apocalypse” e “Riders of the Apocalypse” dal primo album “Liberation”. Guest d’eccezione ad un certo punto: Tom Fischer dei Celtic Frost ha cantato su un pezzo. Il grugnito più famoso del metal ha cantato una canzone, incazzato, cupo come al solito. Alto l’apprezzamento del pubblico per il quintetto norvegese, peccato però per i suoni.
 

OVERKILL

Che fosse la giornata del thrash metal si sapeva già. Prima gli Overkill, mostri del genere americano e poi i Destruction, campioni del thrash europeo. Gli Overkill toppano album di seguito oramai da tanto tempo, limitandosi a scrivere una o due canzoni decenti su ogni nuova opera. Ma quanto fatto negli anni d’oro del genere gli consente di presentarsi sul palco e attingere a piene mani ad un repertorio pieno di capolavori che dal vivo generano una bagarre che ha pochi paragoni. Così è. Si apre il palco, fumo, tanto. “Devil In the Mist” apre il concerto scatenando subito il putiferio. Il pubblico giovanile non ha idea dell’importanza degli americani nel genere da loro praticato, ma c’è qualcuno meno giovane che si dimena a più non posso nel pit, sulle note della granitica “Rotten To The Core”, oppure su quelle di “Skull And Bones”, fra le poche a salvarsi dal loro nuovo lavoro “Immortalis” uscito nel 2007. Viene ripescata una “Hammerhead” da “Feel The Fire”, thrash anni ’80, senza soste, con un Bobby che si spoglia e trasmette la sua carica al pubblico con le sue uniche, energiche movenze. Bobby “Blitz” Ellsworth è uno che non lesina energie, mai. Il suo fisico dal vivo è espressione della potenza della musica della sua band in sede live, si fonde con il pubblico per uno scambio di energie che termina solo con l’ultima nota della band. “Elimination” è un tripudio, cosi come “Necroshine”, il concerto è un crescendo. C’è tempo per “Old School”, song tributo che dal vivo diventa un inno da cantare tutti assieme, tanto è facile memorizzarla per via del suo orecchiabilissimo ritornello. “Here’s to the old school, didn’t matter if you looked cool, We drank some beers and broke some heads We never gave a shit, Climbed every mountain, stormed every city They said that this would never last, We never gave a fuck!!”. Assolutamente travolgente. C’è ancora tempo per una canzone, e allora ecco qui “Fuck You”, un classico da vivo. L’interazione folla-Overkill è ai massimi, siamo nel girone thrash dell’Inferno, la canzone sfuma e il riff che compare è inequivocabile: si, è lui, il riff di “Dirty Deeds Done Dirty Cheap” degli AC/DC, eseguita per intero, potente, incazzata. Verni macina note con una precisione e un ghigno assolutamente cattivo, è lui il ministro dell’Inferno. Finisce la cover, c’è spazio ancora per il ritornello “We don’t care what you say, Fuck You!” e per un Bobby assolutamente tonico e carico che dopo un po’ di esitazione non resiste: prende e si lancia sulla folla dal palco. Tripudio, Bobby torna su, saluta, raccoglie il suo gilet e va via soddisfatto con tutta la band. Concerto spaccaossa.
 
Scaletta:
Devil In The Mist
Thanks For Nothing
Hammerhead 
Skull And Bones
Rotten To The Core
Necroshine
Wrecking Crew
Elimination
Old School
Fuck You
Dirty Deeds Done Dirty Cheap (AC/DC cover)

 

 

 

DESTRUCTION

Salire sul palco devastato dal concerto degli Overkill sarebbe tosta per chiunque. Non però per i teutonici che sono anni che macinano concerti, fieri e rodati della propria forza dal vivo. Il pubblico non è quello che ci si aspetta, tanti giovani che non gradiscono la loro proposta girano per la hall, o abbandonano addirittura (è l’una di notte e magari il giorno dopo hanno il pranzo di Pasqua in famiglia). Eppure le canzoni spaccano. “Curse The Gods” apre il concerto in tutta la sua potenza, rimasta intatta nonostante abbia 22 anni, è infatti estratta dall’album del 1986 “Eternal Devastation” così come la granitica “Life Without Sense” che segue dopo poco. Schmier è gasato, chiede scusa per il concerto di Oslo del tour con i Candlemass saltato per la rottura del tour bus e promette che tornerà ad ottobre ancora in Norvegia. Intanto Mike macina Riff e Mark alla batteria fa sentire il peso dei suoi novanta chili. “The Butcher Strikes Back”, presa dall’album “All Hell Breaks Loose” infiamma la folla, così come la vecchia “Death Trap”. Il riff di “Thrash Till Death” è assolutamente coinvolgente in sede live, così come il coro di “Nailed to the Cross”, era “Antichrist”. “Metal Discharge”, presa dall’omonimo album, fa rifiatare un po’ i fan, la canzone è di sicuro la peggiore del lotto. Il gran finale, dopo un’ “Eternal Ban” da urlo è per “Soul Collector”, unica canzone estratta dall’ultimo album della band “Inventor Of Evil” e per il duo “Total Desaster”/”Bestial Invasion”. Grande concerto, i Destruction sono inossidabili dal vivo e mantengono quel feeling anni ’80 che ha ispirato tanti dei mostri sacri norvegesi (presenti al concerto), specie i primi album quelli più “black metal” dal punto di vista dei testi. Tosti.
 
Scaletta:
Curse The Gods
Death Trap
Nailed to the Cross
Eternal Ban
Life Without Sense
The Butcher Strikes Back
Thrash Till Death
Metal Discharge
Soul Collector
Total Destaster
Bestial Invasion
 

 
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