18/04/2009 - INFERNO FESTIVAL 2009 @ Rockfeller Music Hall - Oslo (Norvegia)

Pubblicato il 21/05/2009 da

Live Report a cura di Claudio Giuliani

E’ Pasqua e si va all’Inferno.Beninteso, il festival. Segnata la data sul calendario, abbiamoraggiunto Oslo per seguire da vicino l’edizione 2009 dell’InfernoFestival, un evento che quest’anno è stato bersagliato dalla sfiga. Giàl’edizione era in sordina: meno stand, meno soldi forse per attrarreband più competitive, e il tutto giustificato dalla crisi finanziariache pare aver colpito anche questa regione scandinava dove i soldifioccano come la neve. Oltretutto, quando a sei giorni dal via ti saltal’headliner della prima sera, cosa puoi fare? I problemi alla schienadel batterista fenomeno dei Meshuggah hanno costretto la band svedese adare forfait e Gro, la poliedrica organizzatrice del festival, hareclutato i The Batallion, band norvegese che poi ha riscosso un grandesuccesso. Cambiata anche la location degli stand, spostati all’internodella venue, con la sparizione dell’area VIP, che si è dimostrata nonservire a granché nelle edizioni precedenti. Altra novità del 2009 èstato l’accordo con il cinema multisala più grande di Oslo, dove sipotevano vedere a un prezzo speciale (gratis per i giornalisti) deifilm dalle tematiche care al metal e anche un video rimasterizzato deiDarkthrone live nel 1990: un’autentica chicca che ha fatto felice moltiappassionati. E poi tanto altro ancora. Preso d’assalto il tour delblack metal, come viene chiamato qui. Un autentico giro fra i posti delblack metal resi famosi dagli eventi de primi anni ’90: una chiesabruciata dal conte Vikernes, l’ex negozio di dischi di Euronymous,’Helvete’, e relativa sala prova con la scritta sul muro ‘Black Metal’su cui tutti posavano festanti (Metalitalia.com non ha partecipato aquesta pagliacciata venduta al costo di 100 euro). Molto bella invecel’esibizione dei Wardruna, la band di folk locale dove Ghaal, exGorgoroth, sospira alla voce invece di grugnire, che si è esibita difronte alle tre navi vichinghe del relativo museo di Oslo.Un’esibizione molto sentita dai nostri e che ha reso magico quel posto,l’evento è stato preso d’assalto oltre che dai metallari, anche dagliignari avventori del posto. C’è stata poi la classica conferenza sullamusica, utile alle giovani band che si affacciano sul panorama musicalecon ospiti tanti pezzi della scena (King Ov Hell, Silenoz dei DimmuBorgir quest’anno), sempre gestita da Anders Odden divenuto nuovobassista dei Satyricon. E poi tanta, tanta musica!

Le foto dell’Inferno Festival 2009 a cura di Claudio Giuliani e dell’agenzia Red Art

 

SARKE

Nella miriade di band che era possibile ascoltare nella serata dedicata al “Club Day”, abbiamo scelto di presenziare per intero alla serata organizzata dalla Indie Recordings, etichetta norvegese che compie scelte molto sagge in sede di rooster. Ad aprire sono stati i Sarke, nuova band formata dal chitarrista noto proprio come Sarke e che vede alle parti vocali “la voce del black metal”, ovvero Nocturno Culto, di fama Darkthrone. Il gruppo pubblicherà a breve il debutto, intitolato “Vorunah”. Proprio questa è stata la seconda canzone eseguita, subito dopo “Primitive Killing” che ha aperto uno show fra il tripudio dei numerosi presenti. Il black metal dei nostri viaggia su ritmiche thrash, e presenta arrangiamenti non proprio convenzionali. Molto groovy la musica dei norvegesi, niente da dire sulla voce ovviamente, il curriculum parla da sé. Eseguite anche “Old”, “The Drunken Priest” (fantastica) e “Cult Ritual”. Uno showcase molto gradito dal pubblico: promossi a pieni voti.

MENCEA

Con un album già fuori, i greci Mencea avevano il compito di impressionare i presenti. Missione fallita. I suoni anzitutto: pessimi, caotici, e non imputabili alla struttura visto il risultato egregio conseguito dalle altre band. E poi la proposta musicale, un death metal melodico di matrice svedese che ha detto oramai di tutto e di più. I Mencea hanno suonato tre canzoni dal debutto “Dark Matter Energy”, precisamente “The Passing”, “Ardad” e “Forbidden”. La situazione non è migliorata col passar del tempo, il growl del cantante risultava monotono e fastidioso e, quando chi scrive stava per lasciare lo show, il cantante ha annunciato una cover degli Slayer. Ovviamente l’abbiamo ascoltata, sperando di alzare il voto in pagella dei nostri. Niente da fare, hanno reso irriconoscibile (quasi profanato, diremmo) quel capolavoro che è “War Ensemble”. Pessimi Mencea. Ma meritavano un contratto?

SAHG

Viaggiano forte questi ragazzi norvegesi. L’esordio di due anni fa, uno degli album più belli di stoner doom con forti venature rock degli ultimi tempi, ha spalancato le porte a questo gruppo che vanta fra le sue fila quel King Ov Hell di fama ex-Gorgoroth ora God Seed. Qui il tipo fa il rocker a tempo pieno, e anche bene, diremmo. Il gruppo è alla terza esibizione all’Inferno Festival in tre anni, due album all’attivo, e sono state circa sette le canzoni suonate. “From Conscius Sleep” ha aperto lo show, seguita da “Ascent To Decadence”, primo pezzo dell’album “II”. Da Sagh “I” sono state eseguite “The Executioner”, la monumentale “Godless Faith” e “Soul Exile”. “Echoes Ring Forever”, “Star Crossed” e “Pyromancer” hanno chiuso un concerto bellissimo. Il cantante rispetto agli esordi si è sciolto, non ha paura di osare con la voce, e tutta la band lo segue alla perfezione. L’affiatamento è tanto, pari alla qualità dei nostri.

EARTH

Una corsa veloce dal John Dee verso il Victoria, locale situato di fronte al Teatro Nazionale di Oslo, accanto ad un locale frequentato dalla “Oslo bene”, ed eccoci dentro questo posto ben fatto, strutturato su due livelli, da cui arrivano subito le prime note degli Earth, che hanno lo stesso effetto delle famose sirene di Ulisse. Questa volta però, a differenza dell’eroe mitologico, ci siamo fatti rapire dal canto degli americani, sulla scena ormai da vent’anni. Gli accordi ripetuti all’inverosimile, i ritmi rallentati, la sequenza di batteria che rimane sempre la stessa con il passare dei minuti, l’assenza di cantato, il trombone che impreziosisce una traccia, l’organo Hammond, il tutto contribuisce a creare un suono penetrante che vi lascia impietriti. Gli Earth sono autoreferenziali, si amano o si odiano, ormai hanno veramente poco a che spartire con il metallo estremo, eppure sono decisamente “estremi”. La band, durante la sua ora di concerto, ha proposto molto materiale dall’ultimo lavoro, “The Bees Made Honey In The Lion’s Skull”, e ha anche presentato in anteprima una nuova canzone che finirà sul prossimo disco, previsto nel 2010. Vanno via, tornano per il bis con la magnifica “Rise To Morning”, tratta anch’essa dall’ultima fatica, e salutano fra gli applausi, convinti, del pubblico.

KAMPFAR

Black metal sul palco principale ad opera dei Kampfar. Le note di “Vantro”, prima traccia del nuovo album “Heimgang” hanno aperto lo show sull’entrata trionfale del cantante, che messo in mostra il suo fisico asciutto, ha cominciato a urlare al microfono spesso in lingua madre. Quattro le canzoni eseguite dal nuovo album: oltre alla già citata “Vantro”, sono state scelte per l’esibizione live “Inferno”, “Dodend Vee” e “Feigdarvarsel”. I suoni erano ottimi, corredati di uno spettacolo pirotecnico con fiamme e fuochi che ha donato un po’ di atmosfera in più al concerto. Ovviamente il fattore campo (leggi: il fatto di suonare davanti ad un pubblico per buona parte conterraneo) ha facilitato le cose. Promossi a pieni voti dalla folla, un po’ pesanti per chi scrive dopo qualche canzone.

THE BATALLION

“The Batallion is not a Meshuggah’s replacement, they’re gonna kick your ass!”. L’orgoglio del manager dei norvegesi, chiamati a sostituire i defezionari svedesi Meshuggah, ha fatto capolino all’inferno festival, in sede di presentazione del gruppo. Dopo pochi secondi si è passati dalle parole ai fatti: i quattro norvegesi, tutti borchiati e vestiti di pelle, sono saliti sul palco e hanno iniziato a macinare accordi thrash metal che hanno subito catturato la platea. I musicisti del gruppo militano tutti in altre band, il leader Tore Bratseth altri non è che un membro dei Bombers (la cover band dei Motorhead con Abbath degli Immortal) e con un passato negli Old Funeral, poi c’è “Colt Kane”, ex bassista dei Borknagar, il drummer “Morden” che suona in tantissime band scandinave. Una dopo l’altra vengono suonate le canzoni del gruppo, ottimamente posizionato in scaletta e autore di una lunga prova dal vivo, molto convincente, specie per gli appassionati del thrash metal con i suoni black tipici degli scandinavi. Il buon leader non si è tolto mai il giubbotto di pelle, ha battuto col piede sull’amplificatore per tutto il tempo e alla fine è andato via salutando felice e incazzato: la sua band aveva spaccato per 45 minuti!

UNEARTHLY TRANCE

Addirittura da New York, per la precisione Brooklyn, arrivano questi Unearthly Trance, band per la quale vi erano grandi aspettative. La posizione da headliner del palco piccolo dell’Inferno Festival, infatti, era tale da indurre ad avvicinarsi con curiosità all’esibizione dei nostri. Uno sludge metal molto distorto, dai suoni quasi fastidiosi, questa la proposta degli Unearthly Trance, che a dire il vero hanno riscosso poco successo. Questa non è musica che consente di far avvicinare i norvegesi alle prime file, tanto meno di muoversi. A quell’ora, poi, con la stanchezza già presente, in diversi avevano lasciato la sala. E ci sono arrivati fin dall’America!

RAMESSES

Il terzetto doveva suonare l’anno scorso ma alla fine non se ne fece più nulla, ed eccoli riproposti nell’edizione 2009 del festival. Alla luce dell’esibizione diremmo che la loro mancanza nel 2008 non si è sentita: doom metal lento all’inverosimile, con suoni ultra distorti, riff lunghissimi, interminabili, urla altrettanto lunghe. Le canzoni dei nostri si protraevano fino all’inverosimile, tediando i (pochi) presenti in maniera fastidiosa. Dopo qualche canzone, abbiamo abbandonato pure noi. Peccato, su disco sembravano presentarsi meglio.

PESTILENCE

Headliner a sorpresa della prima serata del festival, gli olandesi si sono presentati in buona forma di fronte al pubblico norvegese. Fra la folla presente almeno una trentina di persone letteralmente impazzite per l’esibizione dei nostri. I suoni, anzitutto: potenti, corposi, le chitarre ultracompresse erano affilate come lame e il riffing dei pezzi vecchi è risultato veramente letale. I classici del gruppo non si sono fatti attendere, ma Mameli ha preferito prima presentare qualche brano dal nuovo album “Devouring Frenzy”, che ha fatto il suo esordio live seguita da “Horror Detox”, altra traccia dal nuovo “Resurrection Macabre”. Sempre da questo lavoro è stata presa “Hate Suicide” brano che ha reso molto di più rispetto al disco. Ecco quindi il momento dei brani storici, invocati a lungo dalla folla. Diverse volte Mameli ha dovuto rispondere ai fan delle prime file dicendo di aspettare un po’ per le richieste. “The Secrecies Of Horror” e “Mind Reflections” hanno fatto quindi la loro comparsa, con tripudio e putiferio fra la folla, diremmo. Spazio poi alla maestria di Pete Wildoer, batterista dei Darkane, veramente bravo dietro le pelli, e poi ancora tempo per “Synthetic Grotesque”, altro nuovo brano, prima di chiudere uno show davvero infuocato che ha lasciato la folla soddisfatta. Non c’era il pienone a dire il vero, ma quei pochi che c’erano hanno gradito, eccome.

DEW-SCENTED

“Processing Life”, canzone che apre il loro ultimolavoro in studio, l’ottimo “Issue VI”, ha aperto il concerto deitedeschi Dew-scented che al momento dell’apertura del telo che separail palco dal pubblico hanno trovato pochi fan ad attenderli. I nostriperò non si sono scoraggiati: consapevoli del fatto che il loro genereattecchisce in Norvegia praticamente come la marmellata sullamortadella, hanno cominciato a macinare riff thrash metal, suonandoanche tutte le canzoni che presentavano parti in blast beat percoinvolgere ancora di più i freddi norvegesi. Estratti brani dagliultimi lavori del combo, ma la parte del gran finale è stata riservataall’album migliore della loro lunga discografia, quell'”Impact” dalquale sono state estratte una dopo l’altra “Soul Poison” e “Act OfRage”. Alla fine il pubblico si è scaldato un pochino e in un’atmosferamolto familiare, per pochi intimi, i Dew-Scented hanno lasciato ilpalco avendo guadagnato la pagnotta.

Scaletta:

Processing Life
Turn To Ash
Cities Of The Dead
Never To Return
Locked Emotion
Final Warning
Soul Poison
Act Of Rage

VREID

Febbrile attesa, diremmo, per i Vreid, band nata dalle costole dei Windir, gruppo epic folk black metal che si sciolse dopo la scomparsa tragica del leader. I nostri hanno scelto già da diversi album la guerra come centro di gravità della loro musica: i riferimenti ai conflitti mondiali sono evidenti sia a livello scenico che a livello lirico, mentre musicalmente ci troviamo di fronte al solito black metal norvegese dai suoni più ripuliti e dai classici richiami al thrash metal scolastico. Saccheggiato, ovviamente, il nuovo album “Milorg” (che sta per Military Organisation), dal quale hanno brillato la titletrack e “Alarm”. Erano presenti, inoltre, dei maxischermi che per tutta la durata del concerto hanno proiettato immagini di repertorio delle guerre mondiali, ed è probabile che lo show sia stato ripreso per un futuro DVD, viste le numerose telecamere. “Pitch Black Brigade”, traccia dell’omonimo album, ha chiuso lo show in maniera molto thrasheggiante fra l’estasi dei fan che hanno dimostrato di tenere molto a questo complesso.

VICIOUS ART

La cosa bella dell’Inferno Festival è che puoi scoprire della band che davvero non ti aspetti. Accade quindi che mentre bisogna ingannare l’attesa per I Pestilence sul palco principale, si scende al piano di sotto dove è in programma il concerto dei Vicious Art, autori di qualche album e qualche altra pubblicazione classificabile come death metal brutale… niente di originale, per carità. Strano, però, perché in formazione troviamo Jörgen Sandström (Grave, Krux ed Entombed fra gli altri), l’ex batterista dei Dark Funeral Robert Lundin, assieme al chitarrista Makela, altro ex dei Dark Funeral, più il cantante che presta la sua voce anche nei Dominion Caligula. Insomma, un manipolo di metallari estremi. Niente di speciale su disco, dite? Andate a vederli dal vivo, però! L’impostazione è più grindcore che death metal: doppia voce, basso ultradistorto, chitarre pronte disegnare riff tritaossa. Il cantante principale poi, tale Jocke Widfeldt, è un soggetto allucinante per fisionomia e per interpretazione dei testi delle canzoni, cosa che ha fatto in maniera veramente folle, insana, con un trasporto allucinante che ha coinvolto tutti i presenti. Hanno letteralmente spaccato il culo con le loro canzoni velocissime, gli stacchi grind e le ripartenze, e con quel cantante urlatore che a un certo punto è sparito dal palco ed è comparso in mezzo alla folla per scatenare il macello nel pit e poi si è rituffato sul palco per cantare la parte finale del pezzo. Un autentico folle per una band che dal vivo ha davvero convinto tutti.

KRYPT

Molta gente assiepata sul piccolo palco del John Dee, visto che in programma c’erano i Krypt, nome che dice poco ma che accresce il suo valore quando si viene a conoscenza del fatto che il gruppo annovera nelle proprie fila due ex membri dei Tsjuder, band di black metal norvegese veloce ed efferato, molto old school e di qualità. I nostri viaggiano sulla stessa falsariga della band appena menzionata, il loro black metal sente molto il peso del thrash metal di sempre, e questa è l’unica divagazione al genere veloce, tirato, dal riffing molto plettrato e dal suono di basso inesistente. Al bando i tecnicismi, qui ci sono velocità folli e urla disumane. I norvegesi, che novità, hanno molto gradito.

KEEP OF KALESSIN

Vera e propria sensation norvegese, la band di Obsidian C. ne ha fatta di strada. E’ già la quarta volta che suonano all’Inferno Festival, nel 2004 fu la prima, nel 2006 aprirono il festival sul palco del Rockefeller, l’anno scorso furono gli headliner del Club Day sul palco del John Dee e quest’anno si sono guadagnati (con pieno merito, almeno stando ai dati di vendita dei dischi) il palco principale in un orario anche buono. “Kolossus”, ultimo album del gruppo, è stato proposto in numerose canzoni, a cominciare da “Origin” e da “A New Empire’s Birth”, canzoni che hanno incendiato subito il concerto. Veramente enorme l’ovazione rivolta dalla folla, impazzita per i quattro norvegesi molto eleganti sul palco. Una dopo l’altra hanno fatto la comparsa “Crown Of Kings”, “Many Are We” e “Winged Watcher” (tutte da “Armada”), e poi ancora “Come Damnation” dall’ottimo “Reclaim” e la micidiale doppietta “Ascendant” e “Kolossus”, dall’ultimo album. I Keep Of Kalessin sono lanciati oramai verso un futuro radioso, sono una band rodata e da qualche anno, anche se non propongono niente di innovativo, sono riusciti a trovare una formula catchy, molto più orecchiabile rispetto al capolavoro “Reclaim”, che però ha procurato loro molti, molti fan.

PARADISE LOST

Se gran parte delle band norvegesi di doom metal, masoprattutto gothic metal, esiste e viene apprezzata al giorno d’oggi, ègrazie ai Paradise Lost. Non è un caso se i membri dei Tristania, adesempio, si siano radunati nelle prime file del Rockefeller per seguirel’esibizione degli inglesi. Il gruppo ha iniziato subito a suonare comesa: l’età dei nostri è visibile forse sui loro volti, ma non nelle loronote. “Hallowed Land” ha aperto uno show che nel complesso ha peròcoinvolto a metà il pubblico: spesso qui accade, infatti, che ci siameno gente al concerto degli headliner rispetto a quello di qualcheband minore, magari che suoni il tanto agognato e desiderato blackmetal veloce. Molto bella “Embers Fire”, lenta, pesante, ma un po’tutte le canzoni hanno catturato quel manipolo di seguaci degli inglesiche è parso davvero indemoniato. Un’ora o poco più di concerto, di cuiriportiamo per intero scaletta. Peccato per la (scarsa) cornice dipubblico… per la loro storia avrebbero meritato di più.

Scaletta:

Hallowed Land
Embers Fire
Ash & Debris
Shadowkings
The Enemy
Enchantment
As I Die
Gothic
Never For The Damned
Say Just Words
One Second
The Last Time

TROLL

Tantissima era l’attesa per i Troll, band formata da Nagash (The Kovenant) che non aveva mai suonato dal vivo prima dell’Inferno Festival 2009. Considerato che il gruppo è stato più un progetto parallelo piuttosto che un combo attivo in maniera vera e propria, il concerto è stato decente ma al di sotto dall’hype che aleggiava attorno all’evento. I suoni, anzitutto: sebbene fosse presente un tastierista, non si è mai udito suono di tastiera durante l’esibizione. Il loro black metal che in studio si contornava di atmosfere eteree, futuristiche, dal vivo si è ridotto più ai canoni classici del genere – per carità, di livello – però ci si attendeva altro, perlomeno da parte di chi scrive. Tante le canzoni proposte dal loro nuovo album, pare in uscita prossimamente, che ha quindi recitato la parte del padrone in sede di setlist. L’ovazione più grande però c’è stata quando Nagash ha preannunciato la famosa “Drep De Kristne”, ovvero “Kill The Christian”, titolo del loro primo EP. Coinvolgimento totale e tanti saluti alla folla dove abbondavano le facce di gente rimasta insoddisfatta.

SAMAEL

Tornati con “Above” a suonare molto più black metal degli ultimi lavori, gli svizzeri Samael si sono presentati sul palco molto incazzati, decisi a tenere uno show energico, proprio come piace al pubblico di queste parti. La band di Vorph è partita subito alla grande, trascinando la folla nelle “danze” con “Reign Of Light”. Subito dopo è stata la volta di “Rain”, song memorabile tratta dal capolavoro “Passage”. Sempre in tema di classici è arrivata subito “Baphomet’s Throne” da “Ceremonies Of Opposities”. Le vecchie canzoni si sono alternate alle nuove, eseguita “Black Hole” da “Above” così come “Slavocracy” da “Solar Soul” e “My Saviour” e “Jupiterian Vipe”, estratte ancora da “Passage”. Eseguita addirittura “Into The Pentagram” dal primo album degli elvetici, autori alla fine di una scaletta molto succulenta e indovinata. Lo show è stato elettrizzante, un autentico trip basato sulle luci piene di flash (nessun altro altro colore nei riflettori), e dominato dall’energia di Xy dietro le pelli e dietro le tastiere. Il pubblico ha apprezzato e (molto) applaudito.

GRAND MAGUS

La band svedese ha suonato un quaranta minuti scarsi di doom metal, con forti richiami all’heavy metal, e anche con qualche tinta stoner. Questa, in sostanza, la proposta musicale del gruppo, uscito l’anno scorso con l’ottimo “Iron Will”. Da quest’ultimo sono stati proposti i brani “Like The Oar Strikes The Water”, la coinvolgente “Fear Is The Key”, l’omonima “Iron Will”, dal lento e portentoso incedere, e “The Shadows Knows”. “Blood Oath” e “Wolf’s Return” dal precedente lavoro “Blood Oath” hanno completato un concerto ben riuscito, dominato dall’ugola di Janne ”JB” Christoffersson che canta anche con gli Spiritual Beggars. Buon concerto, veramente.

CODE

L’album che li ha fatti conoscere, “Nouveau Gloaming”, è stato uno dei migliori nel black metal classico degli ultimi anni per la band anglo-norvegese. Ora i Code, pronti a dare alle stampe il “Resplending Grotesque” di cui vi parleremo presto in uno speciale, si fanno chiamare < code >, Come a rimarcare che qualcosa è cambiato. Oltre ai cambi di formazione, i nostri hanno sterzato a livello di direzione stilistica, e il concerto ne è stata la prova. Headliner del John Dee, i nostri hanno alternato brani di connotazione Arcturus, specie a livello vocale, tutti i nuovi del prossimo CD, ai classici black metal degli esordi. I fan, un manipolo di oltranzisti old school come la maggior parte dei norvegesi, hanno gradito a fasi alterne, esaltandosi ovviamente per le composizioni vecchie e sgranando gli occhi (e le orecchie) all’ascolto delle soavi linee vocali del cantante Kvhost (veramente molto bravo). I tanti fan del gruppo che non hanno potuto ancora ascoltare a differenza della stampa l’intero CD ne rimarranno sorpresi. Noi vi diciamo che il gruppo ha comunque offerto un’ottima prova, che non è stata sicuramente avara di qualità.

CARPATHIAN FOREST

Quale delle tante band in programma poteva fare ritardo nel tanto puntuale festival norvegese? Chi se non la band di quel folle di Nattefrost? Quando va via il sipario si parte un’intro strumentale molto inquietante, perfetta per i nostri che hanno calcato il palco uno per volta. L’ultimo a salire è stato Nattefrost, accompagnato dalla sua fidanzata vestita da sexy governante. Ma prima di questo c’è stato spazio per un colpo memorabile: due uomini seminudi a reggere altrettante bandiere norvegesi, con una foglia di fico davanti retta solo da nastro isolante attaccata ai loro culi flaccidi. In più erano presenti due donnine mezze nude, almeno piacenti e molto divertite. Finita l’intro si è partiti subito con “The Frostbitten Woodlands of Norway”, che ha spazzato subito via ogni illazione su Nattefrost: è vivo e vegeto, più ubriaco e intossicato di sempre, ma anche più incazzato che mai. La sua voce è stata portentosa per tutta la serata, ha cantato come suo solito, si è fatto suggerire le canzoni da suonare dai suoi compagni, e starebbe ancora cercando il microfono sul palco se il bassista Vrangsynn non gliel’avesse indicato (era fra i suoi piedi). Fantastico. Il gruppo è rodato, Tchort ha macinato riff senza dire una parola, Kodro ha picchiato duro tutto il tempo. Ottima anche la scaletta, fra le migliori del lotto: “Skjend Hans Lik” , “Black Shining Leather”, “Mask Of The Slave”, “Nuklear Fucking Death Machine”, “Morbid Fascionating Of Death” e “Submit To Satan!!!”, estratta dall’ultimo studio album. C’è anche stato spazio per una rimpatriata con il buon Nordavind che, presentatosi incappucciato, ha suonato con il suo ex gruppo “Death Triumphant” e “World of Bones”. Fantastico, nel puro spirito rock and roll, il momento dedicato alla micidiale accoppiata “Hes’ Turning Blue” e “Suicide Song”. “It’s Darker Than You Think” ha chiuso un concerto veramente bello. Era stato dato per morto, scomparso e quant’altro, ma Nattefrost ha dimostrato di poter dare ancora molto al black metal norvegese. I Carpathian Forest si sono rivelati la miglior black metal norvegese, specialmente dal vivo, dove c’è da massacrare le gente nel pit, e hanno così fornito una prova maiuscola. Nuovo album in arrivo per il gruppo.
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